varie, 1 giugno 2016
FULMINI PER SETTE
Sabato 28 maggio, pioggia di fulmini in Europa. In Germania 35 persone sono rimaste ferite da una saetta durante una partita giovanile di calcio; stessa sorte per otto bambini e tre adulti in Francia, nel parco Monceau di Parigi. In Polonia un uomo è morto durante un’escursione sui monti di Babia Gora (Perosino, Sta).
Ogni anno nel mondo muoiono dalle 6 mila alle 24 mila persone colpite da un fulmine, circa 240 mila i feriti (ibidem).
Quando un fulmine colpisce una persona in una frazione di un secondo il cervello può venire gravemente danneggiato e il rischio di arresto cardiaco è altissimo (ibidem).
La scarica elettrica sprigionata da un fulmine può arrivare a 1 milione di volt (per capire la potenza basta pensare che quelli che passano nelle nostre prese sono 220 volt) e l’intensità della corrente tra i 10 e i 200 kiloampere (ibidem).
Il fulmine è di rado più largo di dieci centimetri.
Può raggiungere anche i 20 chilometri di lunghezza.
Un fulmine può originare una temperatura fino a 30 mila gradi.
Probabilità di essere uccisi da un fulmine nell’intero globo: una su 300mila. In paesi urbanizzati come gli Stati Uniti: una su quattro milioni.
L’80% delle persone colpite da fulmini sono uomini, il 20 donne.
Il record di uomo più colpito da saette appartiene a Roy Cleveland Sullivan, ranger forestale di Waynesboro, Virginia, fulminato sette volte, tra il 1942 e il 1977, nei suoi 71 anni di vita. La prima volta, sorpreso sulla torre di guardia antincendio, perse un’unghia del piede; nel 1969, colpito mentre guidava su una strada di montagna, svenne e perse le sopracciglia; il terzo fulmine gli danneggiò la spalla sinistra mentre stava nel suo giardino; il quarto gli bruciò i capelli mentre si trovava in una stazione di guardiaforeste: da allora iniziò a girare per strada con un piccolo estintore. La quinta volta, la saetta gli bruciò il cappello e lo scaraventò a dieci passi dall’auto sulla quale stava viaggiando. La sesta volta, durante un picnic, rimase ferito all’anca. Venne colpito per l’ultima volta da un fulmine il 25 giugno 1977, mentre pescava: in quell’occasione fu ricoverato per bruciori allo stomaco e al bacino. Si uccise con un colpo di pistola nel 1983, a 71 anni, per una delusione amorosa.
L’americano Mark Stenton è stato colpito da un fulmine quattro volte. L’ultima nel cortile di casa sua, a Chatham County (North Carolina), mentre riparava il suo camion: l’elettricità gli ha fuso le suole delle scarpe e l’orologio. Il suo commento: «O ho qualcosa che li attira o sono l’uomo più sfortunato del mondo».
L’ex nuotatrice Viola Valli fugge impaurita appena vede un fulmine «perché una volta, in allenamento, uno colpì la piscina: l’acqua divenne rossa e vibrò, le mie pulsazioni andarono alle stelle e mi ritrovai con 39 di febbre».
Ceraunofobia, la paura di tuoni e fulmini.
A sette anni il bimbo Giuseppe Verdi, servendo messa, perso nel suono dell’organo si scordò di passare al prete le ampolle d’acqua e vino. Il prete gli allungò un calcio, lui fuggì gridando: «Dio t’manda na sajetta». Otto anni dopo il prete fu colpito da un fulmine mentre cantava i vespri.
In Italia cadono in media 1.600.000 fulmini l’anno, soprattutto d’estate. Ma quando si verifica un evento a forte fulminazione se ne contano anche diecimila concentrati in aree ristrette. Tra il 1990 e il 2015 la rete nazionale ha rilevato un aumento del 30% rispetto al periodo 1960-1990. Colpa dei cambiamenti climatici e della maggior energia rilasciata dai mari, sostiene Giampiero Maracchi, climatologo dell’università di Firenze. In futuro andrà peggio. Per Science è possibile un aumento dei fulmini del 12% per ogni grado di riscaldamento della atmosfera. A conti fatti si prevede che nel 2100 i lampi saranno il 50% in più che nel 2000. Per ogni due fulmini ne avremo tre.
Nel mondo cade un fulmine ogni 3 secondi.
Ogni anno cadono sulla terra 16 milioni di fulmini che colpiscono circa 2.000 persone. Ne muoiono tra il 10 e il 30 per cento. Le persone che sopravvivono riportano ferite soprattutto ai nervi e ai muscoli, che vengono danneggiati nella membrana cellulare.
In Italia si stima che muoiano fulminate una dozzina di persone l’anno.
In trent’anni, in Italia, circa 600 persone hanno perso la vita perché colpiti da una folgore, secondo l’Istituto superiore di Sanità, che ha anche rilevato come, però, la mortalità sia sensibilmente diminuita, di oltre l’80%. All’inizio degli anni 70 morivano, infatti, oltre 40 persone l’anno, mentre il calo successivo è dovuto a una migliore prevenzione: più parafulmini e più informazione sui comportamenti da evitare, oltre al miglioramento di medicina e servizi, allo spopolamento di montagne e campagne e all’abbandono di mestieri come l’agricoltore e il pastore. Il fulmine colpisce anche indirettamente, quando la carica si disperde nel terreno: lì si ha un 80% di possibilità di cavarsela con un grosso spavento e qualche giorno di ospedale: i ricoveri sono una trentina l’anno.
Nella zona del lago Maracaibo (Venezuela) si scaricano fulmini per quasi 200 giorni e notti ogni anno, visibili fino a 160 chilometri di distanza.
Secondo la Nasa l’area del golfo di Maracaibo è al primo posto al mondo per numero di fulmini all’anno: 297 per chilometro quadrato, su un’estensione di 13-15.000 chilometri quadrati. Al secondo posto l’area del bacino del Congo (Africa), con una media annua di 205 fulmini per chilometro quadrato.
Dei 500 luoghi più esposti ai fulmini, 283 sono in Africa, con Camerun e Nigeria tra i primi, mentre in America Latina, dopo Maracaibo, primeggia la Colombia con un’area (Caceres) dove ogni anno cadono circa 172 fulmini per chilometro quadrato e altre quattro che superano i 100 l’anno. Numeri simili in diverse zone in Asia, mentre l’area di Derby (Australia occidentale) attira 125 fulmini per chilometro quadrato ogni anno.
Un John Corson operato tre volte al cuore, nel 2004 fu colpito da un fulmine, e a suo dire la cosa gli fece bene: «Mi sento cent’anni più giovane. E’ come se il mio corpo fosse leggero».
Una Cima Flaminia residente a Sospiro, in provincia di Cremona, nel luglio 1999 fu sfiorata da un fulmine e diventò ipersensibile ai campi elettromagnetici: non poteva più usare il cellulare e il computer, guardare la televisione, avvicinarsi al frigorifero o ai cavi dell’alta tensione se non voleva rischiare l’improvvisa perdita di sensi. «Mi sento come una pentola a pressione continuamente in ebollizione [...] In casa ho abolito tutte le lampadine e praticamente viviamo a lume di candela». Per cercare di scaricare l’energia accumulata nel suo organismo i medici le consigliarono di camminare a piedi nudi sull’erba e passeggiare su una grande piastra di rame installata in giardino.
In Congo nel 1998 un fulmine uccise in campo undici calciatori, di età compresa tra i 20 e i 35 anni, tutti appartenenti alla stessa squadra. Illesi gli avversari.
L’energia sviluppata dai fulmini non è immagazzinabile. Un singolo fulmine porta a terra dalla nube, in termini energetici, alcuni miliardi di calorie. Ma questa energia impiega ad arrivare 1/10.000 di secondo. Dunque, oltre alla difficoltà di sapere dove cadrà il fulmine, e quindi di posizionare un’eventuale strumentazione per ”assorbire” l’energia, il vero problema è che al momento non esistono materiali capaci di immagazzinarla in intervalli di tempo così ristretti senza che essi brucino.
Con l’energia di un fulmine potremmo tostare 160.000 fette di pane.
Benjamin Franklin, volendo studiare i lampi, organizzò un esperimento. Fece alzare un aquilone con la corda ancorata a una grossa chiave durante un furioso temporale. Avvicinata la mano alla chiave, si prese una bella scossa, ma non morì fulminato. Si rese conto della pericolosità del suo esperimento solo quando seppe che lo svedese G.W. Richmann era morto nel tentivo di ripeterlo. In seguito, il 10 maggio 1752, Franklin montò in giardino un’asta metallica: nacque così il parafulmine.
Il fulmine consiste in una serie di scintille che scoccano tra la base della nube caricata negativamente e il suolo (o un’altra nube) caricato positivamente. Le scintille sono molte, ma così ravvicinate tra loro che l’occhio le coglie come un unico fenomeno.
I fulmini nube-suolo sono solo il 10% di tutti i fulmini. Il restante 90% è costituito da fulmini nube-nube. I primi però, essendo i più pericolosi per l’uomo, sono anche i più studiati.
Ogni fulmine nube-suolo dura solitamente 0,2 secondi ed è formato da singole componenti, chiamate colpi, la cui durata è di poche decine di millisecondi. Ogni fulmine è formato da diversi colpi intervallati da pause. Se si osserva ad occhio nudo un fulmine può capitare di vedere l’immagine intermittente: ciò significa che si stanno percependo i vari colpi.
Lungo lo stretto canale percorso dal fulmine l’aria si riscalda quasi istantaneamente fino temperature prossime ai 30.000° C. Questo determina un’espansione esplosiva che ad una certa distanza si manifesta con un boato: è il tuono. Poiché il suono si propaga a 340 metri al secondo mentre la luce a 300.000 chilometri al secondo, si ha una differenza tra la visione del fulmine e la percezione del tuono che è tanto più rilevante quanto più lontano si è avuta la scarica elettrica. Per calcolare la distanza in metri tra noi e il fulmine basta quindi moltiplicare per 340 i secondi che passano tra il lampo e il tuono.
Il colore dei fulmini può fornire qualche indicazione in merito al contenuto di umidità dell’aria. Se la saetta è rossastra in quella zona sono in corso piogge; se è azzurra indica grandine; se è gialla vuol dire che c’è polvere in sospensione sollevata dal vento; se il fulmine è bianco indica scarsa umidità e quindi elevato pericolo di incendi.
Regole per proteggersi dai fulmini: non cercare riparo sotto gli alberi, non sostare vicino a pali o muri. È preferibile stare in uno spazio aperto, come un prato, lontano da oggetti appuntiti o metallici (compresi ombrelli, bastoni e piccozze) meglio se sdraiati o accovacciati anziché in piedi.
La celebre fotografia del fulmine che colpì la cupola di San Pietro la sera delle dimissioni di Benedetto XVI.
Nella mitologia greco-romana, i fulmini erano considerati le frecce di Giove scagliate contro i mortali.
Il termine saetta, sinonimo di fulmine, deriva dal vocabolo latino sagitta che significa freccia.
Secondo gli indiani Yupka, i fulmini scaturiscono quando le lucciole incontrano gli spiriti ancestrali.
Nella mitologia nordica, i fulmini erano visti come le scintille prodotte dal battito del martello di Thor su un incudine.
Empedocle (490- 430 a.C) immaginava il fulmine come una parte della luce del sole catturata dalle nubi più dense che si liberava con fragore, Anassagora (500 - 426 a.C.) vedeva il fulmine come parte dell’etere
ed Aristotele (384 - 322 a.C.) lo immaginava come un’esalazione secca
che si liberava dalle nubi a seguito della condensazione dell’aria in acqua.
Lucrezio (98-55 a.C.) nel “De Rerum Natura” aveva individuato nello scontro fra nubi l’origine del tuono e del fulmine: il primo era prodotto dal
violento scontro, il secondo dalla liberazione di atomi piccoli e leggeri
che si muovevano rapidamente anche attraverso i corpi.
Plinio il Vecchio definiva i fulmini «profetici e maledetti».