Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2016  maggio 28 Sabato calendario

VETTEL: «MAI PENTITO DELLA FERRARI. TORNERO’ A VINCERE» – Dice che il GP di Monaco è imprevedibile, quindi aperto a tutti, anche alla Ferrari

VETTEL: «MAI PENTITO DELLA FERRARI. TORNERO’ A VINCERE» – Dice che il GP di Monaco è imprevedibile, quindi aperto a tutti, anche alla Ferrari. E sostiene che nell’ora infuocata di qualifiche di oggi la macchina andrà meglio di giovedì. Sebastian Vettel freme, ha voglia di esplodere di gioia, invece sinora è esploso solo di rabbia. Spesso il suo naturale sorriso è apparso appannato. È capitato a tutti i piloti della Ferrari, squadra che da anni è appesa ad alti e bassi e non trova continuità. Ma lui ne soffre, non si dà pace, ci prova, tenendosi lontano dalla rassegnazione che aveva depresso Alonso negli ultimi tempi, anche se alcune situazioni paiono la fotocopia di allora. La differenza è che questa è una Ferrari che crede di più in se stessa e Vettel ne è consapevole, come se il riscatto dovesse arrivare da un momento all’altro. Forse c’è qualcosa che sfugge a tutti, specialmente all’esterno. Se ne parla sottovoce, ma bisogna crederci. Sebastian, la Ferrari può vincere a Monaco anche se la macchina nelle prime prove non è apparsa al 100%? «Si può sempre vincere qui e non importa da che posizione parti, basta guardare a cosa accadde nel 1996 (s’impose Panis, 14o in prova, sotto il diluvio, n.d.r.). Domani c’è una possibilità di pioggia. È chiaro che non siamo noi i favoriti ma qui, con una macchina che ti calza bene addosso, puoi fare la differenza nella guida». Lei ha una reputazione di pilota calmo, che raramente si adira. Invece nelle ultime gare è apparso nervoso. Ha urlato contro Kvyat, che con una manovra diabolica ha infilato lei e Raikkonen in Cina, se l’è presa ancora col russo per il doppio tamponamento di Sochi, ha mandato a quel paese Ricciardo in Spagna per un tentativo un po’ estremo di sorpasso. Cosa le succede? «Lei non mi vede quando mi arrabbio per altre cose fuori dalle piste! Ma in corsa è normale che ci sia tensione quando capisci che per colpa di altri hai buttato via una gara. Nessuno, deliberatamente, fa cose scorrette. Ci sono gli errori. Anche a me è successo di tamponare o di toccare qualcuno al via. Le corse sono queste. Daniil Kvyat è stato leale a telefonarmi dopo Sochi, ci siamo parlati ed è finita lì, da persone civili. Nel 2010 fui io ad andare addosso a Button in frenata al GP del Belgio, lo chiamai al telefonino e ci spiegammo. Ognuno corre per se stesso, ma per divertirci in sicurezza dev’esserci rispetto reciproco». La Ferrari dà la sensazione di avere un potenziale che non riesce a esprimere perché bloccato da qualcosa… «E’ proprio così. Siamo molto lontani dall’essere perfetti in molte aree, eppure la squadra ha un grande potenziale. Purtroppo non abbiamo un secondo nascosto in tasca. Se faccio il confronto con la Mercedes ci manca qualcosa sia come motore sia come aerodinamica. In Spagna abbiamo lottato per fare funzionare le gomme nella giusta “finestra” di temperature mentre altri invece avevano individuato subito quella ideale. È stato un errore, spetta a noi fare un lavoro migliore». Comunque non può negare che la Ferrari stia attraversando un momento alquanto delicato, in bilico fra attaccare la Mercedes e difendersi da rivali imprevisti. Quando era in Red Bull e le cose non giravano la reazione era diversa da Maranello? «Nel 2014 eravamo reduci da quattro mondiali di fila e cominciammo a perdere. Lottavo con l’affidabilità senza trovare il bandolo ma con le stesse attese di vincere un altro Mondiale. In Ferrari ci siamo appena lasciati alle spalle un periodo difficile e si sta costruendo qualcosa di nuovo. Lo scorso anno è stato fantastico ma se finisci al secondo posto la stagione prima è ovvio che poi devi fare ancora meglio, ossia vincere. Invece io, di fatto, ho disputato due gare in meno, Bahrain e Russia. Siamo più vicini a Mercedes però non allo stesso livello. Ma il tendenziale è positivo». Un anno e mezzo in Ferrari cambia la vita? «Bisognerebbe chiederlo a chi mi sta vicino. Come persona non sono cambiato, come pilota ho affrontato una nuova squadra, una nuova sfida e tengo a sottolineare che non c’è stato un solo momento in cui mi sia pentito della scelta. Mi piace l’ambiente, mi piace essere al top in quasi tutte le corse, ma lo scopo della mia scelta è quello di riportare la Ferrari a vincere. Ci arriveremo passo dopo passo». C’è stata l’era Schumacher, poi quella di Alonso e ora la sua… «Gli anni di Schumacher erano diversi ed era diversa anche la Ferrari. Con Fernando siamo a tempi recenti. Col mio arrivo c’è stata una tempesta, è arrivato un nuovo presidente, è arrivato Maurizio Arrivabene, sono cambiate le posizioni». Il momento più duro del 2016? «Il GP del Bahrain, una delusione pazzesca perché eravamo molto competitivi e invece non sono neppure riuscito a prendere la partenza. Vado ai gran premi per correre e se non posso farlo vuol dire che c’è qualcosa di sbagliato. Si trattava di una stupidaggine che ha provocato il guasto. Le conseguenze sono state tremende: abbiamo perso una gara, un motore e una possibilità». Lei ha un ottimo rapporto sia con il presidente Sergio Marchionne sia con Maurizio Arrivabene che è a capo della Gestione Sportiva: con due persone simili è possibile instaurare una relazione anche sul piano extra-lavorativo? «Riesco a instaurare un rapporto umano con chiunque, è importante in un ambiente come la F.1 dove sono coinvolti grandi capitali, con tanta gente impegnata a ritmi febbrili. Prenda un meccanico: se considera solo le ore in cui è in pista, potrebbe guadagnare molto di più in un normale garage. Idem per gli ingegneri. E lo stesso vale per Arrivabene, con cui ho un legame stretto perché è una persona onesta e fa un ottimo lavoro. Marchionne è un presidente tifoso, che vorrebbe sempre la Ferrari al vertice, per cui spinge come un matto. Trovo bello che soffra. Ci sono dei numeri 1 assolutamente indifferenti alle corse». Lei impressionò molto Marchionne quando, a Natale, fece un discorso in italiano perfetto ai dipendenti della Ferrari… «Me l’ero preparato. Il mio italiano è così così. È importante capire e parlare bene l’italiano in un team italiano nell’anima e nel cuore». Ha il potere di dare un’opinione su un eventuale secondo pilota da affiancarle nel 2017? «Sì, ma non so se poi si traduce nei fatti, perché non spetta a me decidere. Tuttavia trovo giusto che un pilota sia coinvolto nelle discussioni all’interno della squadra». Rosberg, Ricciardo…chi le andrebbe bene? «Ogni giorno leggo un nome. Dicevano pure che sarei dovuto approdare in Ferrari un anno dopo… Mi trovo benissimo con Raikkonen, è il compagno di squadra meno complicato che ci sia, non fa politica. Tra noi c’è rispetto, è calmo e credo che sarebbe bello continuare insieme. Però non dipende da me». Quando torna a casa parla di corse con la sua compagna? «La F.1 è una parte della mia vita, il mio lavoro. Le parlo, ma meno che con i miei ingegneri…». Sta scrivendo molto nei suoi quadernetti dell’esperienza Ferrari? «Sì, tanto, prendo molti appunti, non riesco a ricordarmi tutto a memoria. Ho appena cominciato un altro quaderno…». Tra le sue auto da collezione c’è la Ferrari F40 che appartenne a Pavarotti. «Sì, ma non l’ho acquistata direttamente da lui bensì dal secondo possessore. Penso che Pavarotti non abbia mai potuto guidarla, tanto è stretta per entrarci. Ma la storia è bella e la F40 è la mia Ferrari preferita». Lei è giunto in pista, nelle giornate del GP di Spagna, in sella a una bellissima Triumph Bonneville. Era sua? «Sì, me la sono fatta portare a Barcellona. Ho alcune moto d’epoca. Quando ci sarà il gran premio a Monza mi presenterò con una moto italiana». Mentre si corre a Montecarlo il mondo è sotto il ricatto dell’Isis. Ci pensa? «Abbiamo conquistato una libertà che ci rende felici ed è un bene prezioso da proteggere. Questi attacchi ci limitano. Ho due figlie piccole, è difficile fare previsioni sul futuro che le attende. Ma sono ottimista e spero trovino un mondo migliore. Sì, lo penso davvero».