Giagavino Sulus, Oggi 25/5/2016, 25 maggio 2016
AMANDA KNOX
Firenze, maggio
Pochi mesi fa una sentenza del Tribunale di Firenze ha assolto con formula piena Amanda Knox dalle accuse di calunnia nei confronti di alcuni agenti della Squadra mobile di Perugia. La ragazza americana, assolta, dopo cinque processi con l’ex fidanzato Raffaele Sollecito dall’accusa di aver ucciso Meredith Kercher, aveva denunciato che durante l’interrogatorio che aveva preceduto l’arresto aveva subìto maltrattamenti fisici parlando di scappellotti.
Oggi la Corte europea di Strasburgo che tutela i diritti dell’uomo ha accolto, in via preliminare, il ricorso presentato dai legali della giovane perché «l’Italia fece contro Amanda Knox un processo iniquo e la ragazza fu maltrattata durante l’interrogatorio». La Corte di Strasburgo ha ritenuto valido il ricorso e l’ha comunicato al governo italiano che dovrà fornire le prove per discolparsi dalle accuse. Ma chiede ad Amanda che dimostri di aver già fatto ricorso ai tribunali italiani per le violazioni subìte.
Ecco perché è importante la sentenza del Tribunale di Firenze. Nelle motivazioni dei giudici di quel processo c’è la «prova» che la giovane, nella notte fra il 5 e il 6 novembre 2007, al termine della quale fu arrestata, non solo subì dei maltrattamenti, ma subì soprattutto alcune violazioni dei diritti delle persone indagate. La più importante è l’assenza di un avvocato difensore. Nessuno in questura, né il titolare dell’inchiesta, il Pm Giuliano Mignini, il magistrato che sostenne l’accusa in due processi, né la Polizia si preoccupò di avvertirla che, essendo indagata, aveva diritto alla presenza di un avvocato. Invece Amanda fu interrogata per tutta la notte e arrestata in perfetta solitudine. Durante il processo di Firenze il magistrato Giuliano Mignini, interrogato come testimone, ha dichiarato che essendo arrivato in Questura a notte fonda, era convinto che a questa incombenza avesse già provveduto la Polizia. Ma il provvedimento di fermo nei confronti della ragazza fu firmato da lui. Raggiunto da Oggi al telefono, Mignini ha dichiarato: «Non ho niente da dire, non rilascio né commenti né interviste. Aspettiamo il processo davanti alla Corte di Strasburgo».
Nessun avvocato
«Ma è preoccupato per queste accuse?» gli abbiamo chiesto. «Preoccupato io? Ma figuriamoci», ci ha risposto.
Amanda, quando fu arrestata, era in Italia da soli 15 giorni. Non parlava e non capiva la nostra lingua. Fu convocata una interprete, ma sarebbe dovuta essere una traduttrice professionale e indipendente, invece fu assistita da una poliziotta chiamata in tutta fretta. Una poliziotta che l’avvocato Giulia Bongiorno durante i processi definì una «medium» perché, anziché limitarsi a tradurre alla lettera domande e risposte, svolse le funzioni di mediatore aiutando Amanda a ricordare e «suggerendo delle ipotesi su come si erano svolti i fatti».
La terza violazione è quella dell’articolo 3 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo perché nel ricorso Amanda sostiene che: «Gli scappellotti che ha ricevuto alla testa hanno costituito un trattamento inumano e degradante». Dell’interrogatorio di Amanda non c’è una registrazione audio né un video: «Non avevamo più audiocassette», si sono giustificati in Questura.
«Prendiamo atto che il ricorso alla Corte di Strasburgo è stato accolto come accade raramente, adesso aspettiamo il processo», hanno dichiarato Carlo Dalla Vedova e Luciano Ghirga, difensori di Amanda. Mentre Giulia Bongiorno e Luca Maori, difensori di Raffaele Sollecito, hanno presentato alla Corte d’Appello di Firenze una richiesta di risarcimento di 516 mila euro per i quattro anni di detenzione ai quali il giovane ingegnere pugliese è stato sottoposto dal 2007 al 2011, e per i danni materiali e morali subìti negli otto anni dell’inchiesta. «La notte in cui fui arrestato chiesi di avere un avvocato», ricorda Raffaele, «mi risposero che il mio telefono era sequestrato e non potevo usarlo. Non potei neppure avvertire mio padre».