Camilla Ghirardato, Focus 6/2016, 24 maggio 2016
SICURI DI ESSERE SAPIENS?
La stupidità? Sul piano evolutivo è il nostro inevitabile destino. A sostenerlo è un genetista della Stanford University, Gerald Crabtree, che ha condotto uno studio (Our fragile intellect, 2012, pubblicato su Trends in Genetics) su come si sia modificato il patrimonio genetico e intellettivo del genere umano. Il risultato non è entusiasmante: i nostri giorni migliori sono già andati, eravamo più vispi e attenti quando vivevamo di caccia nel Paleolitico, passi falsi non erano concessi, la natura ci esigeva sempre all’erta.
E in effetti, a guardarsi intorno, non si fa fatica a credergli. Siamo circondati da stupidi? National Geographic Channel ha dedicato loro persino un programma: “Stupidi al quadrato”, una collezione di video amatoriali che riprendono individui alle prese con idiozie, spesso pericolosissime, come farsi trascinare da un’auto seduti su un tagliaerba.
SPIRALE DISCENDENTE. Non è stato però nel Paleolitico lo zenit dell’intelligenza umana: secondo Crabtree, che ha ricostruito le possibili mutazioni del nostro corredo genetico attraverso varie epoche, la spirale discendente delle connessioni neuronali sarebbe iniziata circa 3.000 anni fa, il top all’epoca della Grecia classica e poi una lenta ma inesorabile china discendente. «Sono pronto a scommettere», ha scritto lo studioso, «che se un cittadino medio di Atene del 1000 avanti Cristo comparisse tra noi, lui (o lei) verrebbe considerato la mente più brillante e vivace tra i nostri amici e colleghi. Saremmo sorpresi dalla sua memoria, dalla portata delle sue idee, dalla sua visione chiara su tutte le questioni importanti. Sarebbe anche, probabilmente, la persona più equilibrata ed emotivamente stabile tra tutti i nostri conoscenti. La stessa cosa potrei dirla per qualsiasi abitante dell’Africa, dell’Asia, dell’India o dell’America di quella stessa epoca».
INTELLETTO FRAGILE. Non si tratta infatti di una questione storica o culturale. Per Crabtree il progressivo rimbambimento che, a conti fatti, ci accompagnerebbe da ben 120 generazioni, riguarda tutta la specie umana: basta che la selezione naturale diventi meno severa che la qualità del nostro cervello peggiora. E non solo. La nostra “fragilità” mentale dipenderebbe anche da fatto che, rispetto a 3.000 anni fa, il nostro cervello deve immagazzinare molte più conoscenze: oggi come minimo dobbiamo saper leggere, scrivere, usare il computer, guidare una macchina, destreggiarci tra i mezzi pubblici di una città. Questo coinvolge l’attività di un numero di geni molto più vasto di quanto non richiedessero le occupazioni umane di qualche millennio fa. Ed espone il nostro intelletto a un rischio esponenzialmente maggiore di mutazioni genetiche, ognuna delle quali lo può rendere più debole.
Dobbiamo preoccuparci? Considerato che contro l’evoluzione non si può fare molto, forse no. E in ogni caso, molti studiosi non sono affatto d’accordo con le conclusioni di Crabtree, anche perché lo stesso genetista non fornisce dati certi che attestino l’effettiva maggiore stupidità dell’uomo contemporaneo.
«La verità, comunque, è che nessuno di noi è intelligente come crede di essere», dice Gianfranco Marrone, professore di Semiotica all’Università di Palermo e autore di Stupidità (2012, Bompiani). Tanto vale farsene una ragione e cercare di porvi riparo laddove è ancora possibile. Per esempio ponendo attenzione alle cause psicologiche che la scatenano.
Le ha individuate lo psicologo Balazs Aczel e il suo team dell’Eotvos Lorand University di Budapest con lo studio What is stupid? People’s conception of unintelligent behavior (2015), che si basa su un curioso esperimento. Sono state selezionate 180 storie (fonti: giornali, blog e media vari) e quindi sottoposte al giudizio di 150 persone. Le risposte, tutte allineate, hanno permesso al team di psicologi di trarre alcune conclusioni su cosa spinga a prendere decisioni sconsiderate.
IGNORANTI PIENI DI SÉ. Il primo contesto, considerato dai ricercatori il più grave, è quello della “fiduciosa ignoranza”. Tutti ci sopravvalutiamo, un esempio classico è quando ci mettiamo al volante dopo un bicchiere di troppo, sicuri che gli incidenti capitino solo agli altri. Il secondo è legato alla “mancanza di controllo”: caso classico, arriviamo in ritardo a un appuntamento importante per giocare all’ultimo videogame o per vedere la fine di un telefilm.
Il terzo tipo di stupidità viene definito “assenza mentale” (veniale ma letale in certe circostanze) ed è quando non prestiamo attenzione a ciò che stiamo facendo. Ad esempio quando attraversiamo la strada leggendo un messaggio sul cellulare. Chi non ha mai fatto una di queste stupidaggini alzi la mano.
USCITE D’EMERGENZA. Ma le ragioni evolutive e psicologiche non bastano, la stupidità potrebbe anche avere origini fisiologiche. All’Università di Exeter (in Inghilterra), hanno recentemente localizzato un’area nella regione temporale della corteccia cerebrale che si attiva per non ripetere un errore già commesso: un’anomalia di questa regione potrebbe spiegare molte cose.
E poi ci sono momenti a “rischio chimico”, che valgono per tutti, spiega Carlo Alfredo Clerici, specialista in psicologia clinica e ricercatore all’Università degli Studi di Milano: «In una situazione di stress acuto si libera un carico eccessivo di adrenalina, per cui alcune persone possono avere una limitazione delle funzioni cognitive. Ecco perché si costruiscono le porte di emergenza, a spinta. A causa del panico, la gente può non riuscire ad aprire una porta normale».
Ma la teoria più inquietante è dei virologi della Johns Hopkins Medical School (Nebraska) che hanno localizzato un virus, il Chlorovirus, che danneggerebbe alcune funzioni intellettive. Nessuna paura, il virus arriverebbe dalle alghe verdi che si trovano in alcuni fiumi e non è ancora chiaro come avvenga il contagio. Infine: se la stupidità fosse una questione di genere? Secondo uno studio dell’Università di Newcastle (Gb), gli uomini sarebbero la metà del cielo più intellettualmente fragile. La conclusione nasce da un consulto dell’archivio del Premio Darwin, il sarcastico riconoscimento attribuito a chi, morendo per un’azione cretina, ha contribuito all’evoluzione dell’umanità, nel senso che ha evitato di trasmettere il proprio patrimonio genetico. Da questo punto di vista, insomma, l’evoluzione giocherebbe a nostro favore, e in senso contrario a quello teorizzato da Crabtree che ci vedrebbe più stupidi a ogni generazione... Comunque: dal 1995 al 2014, su 318 premi, ben 282 sono stati attribuiti a uomini. Sarà un caso?
Camilla Ghirardato