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 2016  maggio 21 Sabato calendario

IBRA, SOLDATO DI VENTURA INCOMPRESO MA ONESTO

La frase cinguettata da Zlatan Ibrahimovic per annunciare il suo addio a Parigi sarà sembrata a tanti una smargiassata insostenibile. «Sono arrivato da re, me ne vado da leggenda». Una roboante autocelebrazione degna di una statua equestre del Colleoni o del Gattamelata. Ma infatti questo è Zlatan: il più grande soldato di ventura dell’era moderna. Quando lo svedese segna un gol, si toglie d’istinto la maglia, non per ostentazione machista, ma per mostrare l’unica casacca cui è rimasto veramente fedele in tutta la carriera: la propria pelle. Pelle e tatuaggi sono i suoi colori. Gli altri può anche amarli, baciarli (come ha fatto al primo giorno di Barcellona), servirli con passione, ma solo durante la militanza retribuita dal soldo.
Come dice il tweet? “Sono arrivato...”, “me ne vado...”.
Arrivare, partire. È la dialettica tipica del capitano di ventura eternamente in viaggio al servizio di una causa che non sarà mai la sua, ma per la quale lotterà come se lo fosse, garantendo sempre il massimo della propria efficienza. Come il soldato di ventura curava meticolosamente la propria armatura e il proprio archibugio, così Ibra coltiva maniacalmente i propri muscoli e la propria forma atletica: non c’è un solo allenatore che si sia lamentato dell’intensità degli allenamenti di Zlatan, che si grava di carichi supplementari nella palestra di casa, esercita le arti marziali e s’impone cimenti, tipo nuotare in laghi ghiacciati.
Ibrahimovic chiede tanto in termini di soldo, ma garantisce sempre il massimo delle sue potenzialità.
Se il Gattamelata ha servito con fortuna la Repubblica fiorentina, quella di Venezia e lo Stato Pontificio, Ibra ha assicurato scudetti a tutti gli eserciti da cui è stato assoldato: Malmoe, Ajax, Juventus, Inter, Milan e Paris Saint Germain.
Se il Colleoni vantava tre paia di testicoli sullo stemma, Zlatan, rissoso con compagni e avversari, si propone ovunque come uomo di attributi che trascina la squadra. Quando fa gol, si ferma statuario a braccia aperte, come il Cristo del Corcovado, e aspetta che i compagni accorrano a festeggiarlo per richiudere le braccia con un gesto paterno che significa: “Vi proteggo io”, “Vi faccio vincere io”.
Eppure la reputazione di Zlatan è sinistra, il suo essere soldato di ventura viene interpretato in modo esclusivamente negativo. Ibra? Un mercenario senza cuore, un baciamaglie a tradimento.
È proprio così?
Davvero sono più virtuose le antiche bandiere che, in cambio della fedeltà a una maglia sola, pretendono poi l’eternità di campo, creano problemi al club e si fanno forti dell’affetto popolare per imporsi al mister?
Vedrete che Ibra non invecchierà in campo.
Quando la tartaruga addominale gli darà i primi segnali di cedimento, lui si farà da parte. Come fecero il Colleoni e il Gattamelata.
Fino ad allora servirà al soldo dando sempre il meglio di sé, con l’onestà del capitano di ventura che a troppi sfugge.