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 2016  maggio 21 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - FUMO NELLA CABINA DELL’AIRBUS PRECIPITATO REPUBBLICA.IT WASHINGTON - Le squadre di ricerca hanno localizzato le scatole nere del volo Egyptair precipitato nelle prime ore di giovedì 19 maggio nel Mediterraneo con 66 persone a bordo

APPUNTI PER GAZZETTA - FUMO NELLA CABINA DELL’AIRBUS PRECIPITATO REPUBBLICA.IT WASHINGTON - Le squadre di ricerca hanno localizzato le scatole nere del volo Egyptair precipitato nelle prime ore di giovedì 19 maggio nel Mediterraneo con 66 persone a bordo. Lo riferiscono fonti governative egiziane a CBS News. I dispositivi sono stati individuati nel tratto di mare dove venerdì erano stati avvistati dalle forze egiziane, a 180 miglia (295 chilometri) a nord di Alessandria, i primi resti, oggetti personali, bagagli e sedili del volo MS804, mostrati poi su Twitter dal portavoce dell’esercito egiziano Mohamed Samir. All’interno dell’Airbus 320 si era sviluppato del fumo. L’informazione è contenuta nelle segnalazioni del sistema di comunicazione Acars, che in automatico invia messaggi al centro di manutenzione informando sullo stato del dispositivi. Lanciata dal sito del The Aviation Herald, specializzato in sicurezza del settore aereo, l’informazione è ripresa dai media americani, fino a essere confermata dal Bea (Bureau d’Enquêtes et d’Analyses), l’ufficio inchieste francese per la sicurezza dell’aviazione civile. Secondo The Aviation Herald, Acars ha inviato a terra cinque messaggi nel giro di un paio di minuti. In dettaglio, un primo messaggio rilevava la presenza di "fumo nel bagno" alle 2:26 locali. A seguire, Acars aveva segnalato fumo nelle apparecchiature elettroniche, elettriche e informatiche che assistono il lavoro del pilota, poi un problema del Fcu (Flight Unit Control), il pannello di comando del pilota automatico. L’ultimo messaggio alle 2:29, prima della perdita delle comunicazioni, avvenuta alle 2:33. Altre fonti vicine all’inchiesta hanno aggiunto un altro dettaglio: il fumo ha interessato prima la parte posteriore dell’aereo, quindi quella anteriore. EgyptAir, Bonini: "Sette avarie catastrofiche negli ultimi tre minuti" Condividi "Ci sono stati messaggi inviati dall’aereo che indicavano la presenza di fumo nella cabina poco prima delle perdita di contatti", ha confermato Sebastien Barthe, portavoce della Bea. Prima che Cbs desse la notizia dell’individuazione delle scatole nere, Barthe aveva sottolineato che i messaggi inviati da Acars "non ci permettono di dire nulla sulle cause di quel fumo. Indicano generalmente l’inizio di un incendio. E’ troppo presto per interpretare e capire la causa dell’incidente senza aver trovato il relitto e le scatole nere". "Al momento, tutte le ipotesi sono prese in esame e nessuna è privilegiata. Il nostro obiettivo è duplice: solidarietà con le famiglie delle vittime ma anche trasparenza sulle circostanze della scomparsa del volo", ha dichiarato il ministro degli Esteri francese Jean-Marc Ayrault, che a Parigi ha incontrato i familiari dei passeggeri e dell’equipaggio del volo MS804 Egyptair assieme a Juliette Méadel, segretaria di Stato incaricata dell’aiuto alle vittime, e Alain Vidaliès, segretario di Stato ai Trasporti, presenti i 12 ambasciatori dei Paesi di origine delle vittime, tra cui quello egiziano. "Siamo al corrente di queste notizie di stampa. In questa fase non possiamo nè confermare nè smentire", ha detto alla France Presse un funzionario del ministero dell’aviazione civile egiziano. In un’intervista al quotidiano Ahram, il capo degli investigatori egiziani Ayman Muqaddam ha precisato il "perimetro" dell’indagine: "Include una parte tecnica, di cui è responsabile la commissione d’inchiesta sulle cause dell’incidente, e la parte penale, in cui il procuratore generale francese agisce in coordinamento con il procuratore generale egiziano". Muqaddam ha spiegato che il procuratore generale egiziano è stato coinvolto nell’identificazione dei resti delle vittime attraverso i test del Dna, che saranno poi collegati ai materiali nell’indagine. La Grecia, coinvolta nelle fasi iniziali e successive delle indagini, sarà rappresentata nella commissione d’inchiesta da un rappresentante accreditato con diritto di ispezione e di ascolto dei testimoni. Alcuni membri della commissione monitoreranno il processo di recupero dei pezzi del relitto direttamente a bordo delle navi militari egiziane, da cui registreranno anche le coordinate dei ritrovamenti. Egyptair, le immagini aeree sulla zona dell’incidente Condividi Sebbene nessuno abbia rivendicato un atto terroristico, l’ipotesi di un attentato non può essere esclusa. Secondo esperti citati da Cnn, la sequenza dei messaggi di Acars escluderebbe l’esplosione di una bomba, non la presenza a bordo di un ordigno incendiario. Quanto alla possibilità di un guasto tecnico, i segnali potrebbero aver indicato un malfunzionamento progressivo del sistema elettronico a seguito di un qualche evento catastrofico. Battendo, evidentemente, la pista del terrorismo, gli inquirenti francesi stanno esaminando i filmati della videosorveglianza dell’aeroporto parigino di Roissy Charles-de-Gaulle in cerca di elementi. In particolare, precisa Le Monde, con l’obiettivo di identificare tutte le persone che hanno avuto accesso all’aereo di Egyptair: passeggeri, membri dell’equipaggio, responsabili della manutenzione, personale delle pulizie e del catering. Per il momento "non sono state individuate falle nella sicurezza, né persone sospette", riferisce a Le Monde Augustin de Romanet, numero uno di Paris Aéroport, la società che gestisce i grandi scali aerei della capitale, aggiungendo che le misure di sicurezza a Roissy non sono state potenziate in quanto erano erano già al livello massimo. PIERA MATTEUCCI IL CAIRO - "Abbiamo trovato il relitto", aveva detto il vice presidente di EgyptAir in un’intervista esclusiva con la giornalista della Cnn Christiane Amanpour. Ma anche la compagnia aerea egiziana a sera ha dovuto smentire ufficialmente dopo ore di notizie contraddittorie. Non sono stati ancora individuati, tra l’isola greca di Karpathos e le coste egiziane, i rottami dell’Airbus 320, MS804, della compagnia EgyptAir partito da Parigi e diretto al Cairo. Il velivolo che si è inabissato stamani era scomparso dai radar "10 miglia dopo essere entrato nello spazio aereo egiziano" con a bordo 66 passeggeri, tra i quali anche un bambino e due neonati. EgyptAir, mistero sul ritrovamento del relitto. Per i satelliti Usa c’è stata esplosione, poi la smentita Condividi Prudenza anche sull’ipotesi di una bomba a bordo, malgrado i sospetti aumentino con il passare delle ore. Il segretario di Stato Usa John Kerry invita a non speculare. Anche il ministro degli Esteri Francese ha sottolineato di non avere alcuna informazione aggiungendo che "oggi la priorità è ritrovare questo aereo". Hillary Clinton alla Cnn. "Sembra proprio che sia un atto di terrorismo", ha detto Clinton, sottolineando come le cause della tragedia siano ancora da determinare. E la rete Nbc, citavando fonti dell’intelligence americana, ha affermato che i satelliti spia Usa in orbita sul Mediterraneo meridionale avrebbero registrato una esplosione in volo. Notizia poi smentita da un’altra fonte anonima dell’intelligence. STABILE SULLA STAMPA È mistero sul ritrovamento delle scatole nere. La Cbs, citando fonti del governo egiziano, aveva annunciato che le scatole erano state ritrovate, ma un alto funzionario del ministero egiziano dell’Aviazione civile ha negato. Il funzionario, scrive l’Associated Press, ha voluto mantenere l’anonimato perché non autorizzato a parlare con i media. C’era fumo nella cabina dell’Airbus dell’Egyptair precipitato giovedì mattina con 66 persone a bordo. I sensori di bordo avevano rilevato fumo in una toilette alle 2 e 26 e poi al sistema elettrico. Secondo quanto riporta Cbs News il fumo proveniva da uno dei motori. Sempre alle 2.26 registrata anche un’anomalia al finestrino. Un minuto dopo c’è stato una “allerta fumo” da parte del sistema di controllo di volo. Il dato non è stato ricavato dal file del volo MS804 ottenuto da un sito web specializzato, Aviation Herald. Il sito sostiene che l’ultimo segnale Acar, il sistema che invia a terra il rapporto sullo stato dell’aereo durante il volo, è stato alle 2 e 29. Il contatto con il jet è stato perso 4 minuti dopo alle 2 e 33. L’agenzia francese di inchiesta e di analisi per la sicurezza dell’aviazione civile (Bea) ha confermato i messaggi automatici sulla presenza di fumo e fuoco ma ha detto che è troppo presto per trarre conclusioni. “Bisogna aspettare i dati delle scatole nere”. Aviation Herald scarica regolarmente i dati delle compagnie aeree, ma questi dati non possono essere considerati ufficiali. La presenza del fumo a bordo può anche non essere collegata alle cause che portato l’Airbus a schiantarsi. FRANCESCA PACI SULLA STAMPA Il giorno dopo l’inabissamento dell’MS804 è quello delle domande. Nei caffè fumosi del Cairo che come ogni venerdì si animano in tarda mattinata, la pista più accreditata resta quella terroristica. Ma se nella borghese Downtown o nel popolare quartiere di al Abaseya si sottolinea come stavolta perfino il premier egiziano non abbia escluso a priori l’attentato, più a Nord, nelle zone vicine al ministero dell’aviazione e all’aeroporto dove vivono i militari ma anche molti piloti, i dubbi prevalgono sulle certezze. L’ordine di non parlare è arrivato dai vertici della EgyptAir, dal governo e da Parigi. «No comment» replica il capitano e trainer Hassan Munir. Altri però, off the record, raccontano la loro verità, quella che da due giorni gira tra chi pendola nei cieli. I colleghi del comandante Mohamed Shoukair non sono convinti dalla bomba e non solo perché a tutt’ora nessuno l’ha rivendicata. «Da tre giorni in quell’area sono in corso manovre militari congiunte greco-egiziane, sono operazioni di routine che si svolgono un paio di volte all’anno per rinnovare la sicurezza nei confronti della Turchia» dice una fonte dell’aviazione al tavolino di un rumoroso un caffè di Heliopolis, il quartiere dove abitava Ghassan Abu Laban, morto con la moglie lasciando qui al Cairo i figli orfani. Fa notare anche che giovedì mattina il presidente Al Sisi ha convocato immediatamente il National Security Council, l’organo di coordinamento della difesa, degli esteri e dell’intelligence solitamente tirato in ballo nel caso di gravi crisi diplomatiche. Secondo molti piloti le due brusche manovre dell’Airbus registrate dai radar greci si spiegherebbero assai meno con l’esplosione a bordo che con il tentativo repentino di evitare qualcosa. LEGGI ANCHE Le ipotesi della bomba sul volo Parigi-Il Cairo L’altra voce che si rincorre tra gli addetti è il guasto tecnico. Sebbene finora poco accreditata, l’avaria non è affatto esclusa da chi ha alle spalle migliaia di ore di volo, anche perché sarebbe compatibile, ripetono, con la prima incontrollabile virata e con il successivo disperato sforzo di raddrizzare la rotta. La Bbc ha scoperto che l’MS804 aveva già avuto un atterraggio d’emergenza il 25 giugno 2013 quando decollando dal Cairo per Istanbul il comandante si era accorto di un problema al motore. Sul prato davanti all’ufficio della EgyptAir adibito a centrale operativa i giornalisti cercano dettagli. Esce il numero uno della EgyptAir Safwat Moslem e conferma che i militari egiziani hanno trovato resti umani e metallici al largo di Alessandria. Non c’è molto di più. L’identikit delle vittime era stato rivelato con largo anticipo dalla Spoon River improvvisata sui social network dai colleghi, foto, storie, vite spezzate. L’atmosfera è molto tesa. Che sia o meno la causa del nuovo disastro aereo il terrorismo soffia sul collo dell’Egitto, ancora ieri a Sud del Cairo un capitano della polizia è stato ucciso in un agguato e un altro ferito. «Da due giorni gli investitori stranieri sono nel panico» nota su Al Ahram l’esperto di borsa Moustafa Badra. La gestione dell’emergenza è meno concitata di quanto ci si aspetterebbe perché, suggerisce una fonte vicina al ministero, le autorità egiziane, forti dell’esperienza provata dei piloti, contano di incassare l’assicurazione qualsiasi ipotesi venisse confermata. Anche nel caso del guasto tecnico infatti, «la manutenzione degli Airbus viene fatta in Europa». Ieri sera circolava la cifra di 150 mila pound egiziani (circa 15 mila euro) come possibile compensazione per le vittime. CORRIERE.IT Una serie di allarmi per fumo in cabina e poi l’Airbus 320 della EgyptAir è precipitato nel Mediterraneo. I dati sono stati ricevuti da tre «canali indipendenti» dal sistema Acars (Aircraft communications addressing and reporting system) e indicano, inequivocabilmente, un allarme fumo e quindi un possibile incendio in una delle toilette dell’aereo. La sequenza (dalla prima segnalazione di fumo alla scomparsa del volo dei radar passano tre minuti) è impressionante ed ha coinvolto il “cervello” dell’Airbus, ma deve essere confermata dalle future indagini. Per ora una conferma della segnalazione di fumo a bordo arriva anche dalla Bea, l’ente per la sicurezza dell’aviazione francese. Questi i momenti chiave delle segnalazioni registrate dai sensori a bordo del volo MS804 2.26: segnalata anomalia al vetro riscaldato in cabina di pilotaggio e al finestrino a lato del co-pilota. Problemi che potrebbero anche essere strati causati da un fattore esterno 2.26: segnalato fumo nella toilette 2.27: segnalato fumo nel settore che ospita l’avionica (la sede dei sistemi elettronici , di navigazione e comunicazione. Si trova vicino alla cabina di pilotaggio) 2.29: problemi all’autopilota 2.29: problemi ai sistemi di controllo dei flap 2.29.40: l’Airbus scompare dai radar greci Gli esperti precisano che l’indicazione di fumo in cabina non significa che ci fosse davvero del fuoco. Potrebbe esserci stata una decompressione improvvisa che ha provocato della condensa rilevata dai sensori come fumo. Secondo esperti antiterrorismo citati dalla Cnn l’arco temporale di 3 minuti in cui si sono succeduti i messaggi porterebbe ad escludere la presenza di una bomba ma non di un ordigno incendiario. Non c’è però dubbio che questa rapida catena di eventi si è conclusa con la catastrofe. I piloti – sempre secondo gli esperti - hanno eseguito la manovra prevista dai manuali in questi casi, con la virata secca di 90 gradi seguita da una rapida discesa. Comportamento che dovrebbe così allontanare i sospetti di un gesto criminale da parte di uno di loro. Quanto alle cause delle possibile fumo in cabina gli scenari possono essere due. Il primo è quello della deflagrazione di un ordigno nascosto nella toilette. Alcuni “tecnici” – ex investigatori aeronautici e dell’intelligence – ritengono sia un’ipotesi probabile e sottolineano il brevissimo gap tra l’emergenza e la caduta dell’Airbus. È l’ipotesi che ritengono plausibile anche fonti della sicurezza USA. Qualcuno potrebbe aver nascosto un ordigno a bordo, in prossimità della cabina di comando: un terrorista che ha studiato con attenzione i punti deboli di un jet. Il secondo scenario è quello dell’incidente. E c’è chi punta l’attenzione sul finestrino: è raro, ma può rompersi. I sensori Acars non lasciano dubbi su dove sia iniziato il problema. A meno che non sia scoppiato un incendio sotto la cabina Due i precedenti. Nel maggio 1996 un DC 9 della Valujet è precipitato nelle Everglades, Florida, dopo un incendio nella stiva. Tra l’allarme e il crash sono passati circa 3 minuti.Più lunga l’agonia del volo Swiss 111, il 2 settembre 1998. L’incendio scoppia alle 22.10 all’interno della centralina che controlla video e musica a bordo. Il comandante prova a salvare il jet. Invano. Alle 22.31 si inabissa nella baia di Mahoney, a sud di Halifax, Canada, 229 le vittime. OLIMPIO SU CDS DI STAMATTINA Le indagini — che devono basarsi su fatti solidi — sono complicate. E lo diventano ancora di più per la dimensione internazionale. Non c’è un solo Stato coinvolto. Francia, Egitto e Grecia sono gli attori principali in questa storia. Alle loro spalle gli Usa e la Gran Bretagna che possono «vedere» grazie ai loro apparati o alle basi (Cipro). Da qui frammenti di informazione, sparpagliati da un sistema mediatico globale. L’altro aspetto riguarda la lettura politica di un disastro e le inevitabili conseguenze. Pensiamo al contrasto tra Cina e Malaysia dopo la scomparsa del Boeing malese con a bordo un gran numero di cinesi. Stessa cosa è avvenuta dopo l’esplosione che ha squarciato il Metrojet russo nel Sinai: Mosca, che aveva appena iniziato la campagna militare in Siria, ha considerato la strage di innocenti come una rappresaglia Isis mentre il Cairo ha provato, almeno all’inizio, a cavalcare lo scenario del guasto meccanico. Le conseguenze, oltre alle vite distrutte, si sono viste subito dopo: stop ai collegamenti, colpo micidiale al turismo. Ecco allora news talvolta contrastanti, frizioni tra gli investigatori, accuse. È avvenuto anche per il Germanwings, con un’inchiesta divisa in due tronconi: da una parte i tedeschi, dall’altra i francesi. Un crash inspiegabile fintanto che il New York Times — un giornale americano, non europeo — ha svelato il gesto folle del copilota. Una delle possibilità, insieme a quella del dirottamento, considerata dagli agenti che studiano il dossier dell’Airbus precipitato a nord di Alessandria. L’esito finale è l’incertezza, accompagnata dall’inquietudine per un jet passeggeri finito nel Mediterraneo. STEFANO MONTEFIORI CDS DI STAMATTINA AL NOSTRO CORRISPONDENTE PARIGI Due sedili, una o più valigie, corpi. È quello che l’esercito egiziano ha individuato ieri nel Mar Mediterraneo a circa 290 chilometri da Alessandria: sono i primi resti dell’Airbus 320 della EgyptAir con 66 persone a bordo scomparso dai radar nella notte tra il 18 e il 19 maggio, mentre passava dallo spazio aereo greco a quello egiziano. Le ricerche continuano, con l’aiuto di mezzi americani e francesi, per recuperare altri resti e localizzare le scatole nere decisive per capire che cosa è successo. La Francia ha spostato nella zona un Falcon 50 usato nella missione europea contro il traffico di migranti. La procura di Parigi ha aperto un’inchiesta sul volo MS804, che era partito dall’aeroporto della capitale Roissy- Charles De Gaulle alle 23.09 di mercoledì ed era atteso al Cairo alle 3.15 di giovedì. Tre funzionari del «Bureau d’enquêtes et d’analyses» (Bea) e un consigliere tecnico di Airbus hanno raggiunto la capitale egiziana per partecipare alle indagini. In base alle regole dell’Onu, la responsabilità dell’inchiesta spetta all’Egitto, con l’assistenza della Francia (dove era stato costruito l’aereo) e degli Stati Uniti (patria dei reattori Pratt & Whitney). Se gli esperti di aviazione e anche il governo egiziano (con più prudenza) sembrano propendere per la tesi dell’attentato, il governo francese ha sottolineato ancora ieri tramite il ministro degli Esteri Jean-Marc Ayrault che «tutte le ipotesi sono esaminate ma nessuna è privilegiata perché non abbiamo assolutamente alcuna indicazione sulle cause del disastro». Il sito specializzato austriaco The Aviation Herald sostiene di avere ricevuto da tre fonti indipendenti la notizia di messaggi automatici (chiamati in gergo tecnico Acars) sulla presenza di fumo nelle toilette e nell’elettronica di bordo, una pista che ha bisogno di ulteriori conferme. L’aereo era in buone condizioni (il primo volo nel 2003) e il meteo ottimo. Manca per ora qualsiasi rivendicazione di un attentato terroristico. Le misure di sicurezza a Roissy sono tra le più rigorose al mondo. Se si è trattato di un ordigno, potrebbe essere stato piazzato sull’aereo anche nelle soste precedenti al Cairo e a Tunisi. A Parigi comunque le autorità cercano di ricostruire minuto per minuto il breve scalo dell’aereo: arrivato a Roissy alle 21.55 dal Cairo, l’Airbus è ripartito dopo poco più di un’ora. Vengono interrogate tutte le persone entrate in contatto con il velivolo: tecnici, addetti ai bagagli e al catering. Negli ultimi mesi in Francia si è parlato molto dei rischi legati alla radicalizzazione di dipendenti dell’aeroporto che hanno un badge di accesso alla «zona rossa», quella successiva ai controlli e agli scanner. Dopo gli attentati del 2015 tutti gli 86 mila lavoratori sono stati controllati e a 600 sono stati ritirati i badge. Di questi, 85 per motivi riconducibili all’islamismo (per esempio, il rifiuto di parlare o prendere ordini da una collega donna). FIORENZA SARZANINI SU CDS DI STAMATTINA ROMA Il doppio livello di controlli negli aeroporti si intensifica in quelle «aree riservate» non accessibili al pubblico. Perché, in attesa di ottenere elementi più chiari sulle cause che hanno provocato lo schianto dell’Airbus A320 dell’EgyptAir, l’ipotesi che si tratti di un attentato provocato da una bomba a bordo rimane prioritaria. E dunque le direttive per gli scali italiani portano a rimodulare i livelli di allarme per i dispositivi antiesplosi- vo, ma soprattutto a potenziare le verifiche sui dipendenti. Un’attività che gli apparati di intelligence svolgono già da mesi con un monitoraggio costante. La nota diramata ieri mattina dall’Enac, l’Ente nazionale per l’aviazione civile, per «ricordare alle imprese attive nel settore di continuare a mantenere la massima attenzione in tutte le procedure e le operazioni svolte nel proprio ambito di competenza», fa ben comprendere quanto forti siano le preoccupazioni degli esperti. La matrice Fino a ieri sera non era giunta alcuna rivendicazione, ma ciò non viene ritenuto dagli analisti elemento sufficiente per escludere l’attacco terroristico. Anzi. L’Isis si attribuì l’attacco del 28 ottobre del 2015, quando l’Airbus 321 della compagnia aerea russa Metrojet partito da Sharm el Sheikh e diretto a San Pietroburgo precipitò nel deserto del Sinai settentrionale con 224 persone a bordo, circa un mese dopo, pubblicando i dettagli dell’operazione sulla rivista Dabiq . E rivelò di aver inserito una bomba rudimentale in una lattina. È dunque possibile che anche in questo caso si tratti di un’azione non pianificata dai vertici, per la quale è necessario conoscere ulteriori elementi prima di attribuirsene la paternità. O forse si tratta semplicemente di una strategia dei fondamentalisti che serve a a far salire ulteriormente la paura, ad aumentare i timori degli apparati di sicurezza occidentali non fornendo alcun indizio sulla pianificazione dell’attentato. Gli esplosivi La pista della bomba rimane prioritaria e ciò alimenta il sospetto che l’esplosivo possa essere arrivato a bordo grazie alla complicità di un dipendente di uno degli scali dove l’aereo ha fatto tappa prima di arrivare a Parigi e poi ripartire con destinazione Il Cairo. L’incubo di «infiltrati» si era materializzato già nei mesi scorsi e ha preso consistenza dopo l’attacco all’aeroporto Zaventem di Bruxelles del 22 marzo. La direttiva per gli scali italiani prevede di potenziare la «sensibilità» delle colonnine per il rilevamento degli esplosivi e l’utilizzo dei cani che finora si sono rilevati infallibili per questo tipo di verifica. Sono stati aumentati anche i controlli dei bagagli a mano con l’apertura di borse e trolley, ma è soprattutto sul personale che si concentra l’attenzione di investigatori e 007. Il personale Il monitoraggio riguarda piloti e assistenti di bordo, ma l’attività è focalizzata in maniera particolare su chi può entrare liberamente nelle «aree protette». E dunque addetti allo smistamento delle valigie, alla preparazione dei vassoi per i pasti a bordo, alla manutenzione, ma anche agenti della vigilanza privata cui è affidato il controllo per l’accesso ai varchi. Vengono riesaminati i curriculum dei dipendenti, le frequentazioni, si effettuano continue verifiche per accertare se qualcuno possa essere stato avvicinato da personaggi sospetti. Mentre la vigilanza delle aree di ingresso è affidata alle forze dell’ordine e ai militari, quella interna necessita di un’attività di verifica del personale che adesso sarà ulteriormente intensificata. Fiorenza Sarzanini fsarzanini@corriere.it ZAMPAGLIONE SU REP NEW YORK. «Le difficoltà in Siria e Iraq costringono l’Is a decentralizzarsi », spiega Max Abrahms. «L’Europa e il Mediterraneo diventano così soft target, obiettivi vulnerabili e relativamente facili per terroristi disposti a distruggere ogni cosa e immolarsi alla causa. In questo quadro non mi stupirebbe affatto se, anche senza una rivendicazione ufficiale, dietro all’esplosione del volo Egyptair ci fosse proprio lo Stato Islamico». Professore alla Northeastern university di Boston, autore di decine di saggi, Abrahms è tra i maggiori esperti americani di conflitti asimmetrici e di terrorismo internazionale. Professor Abrahms, cominciamo dal mistero della mancata rivendicazione. Come lo spiega? «Non è affatto strano. Ho lavorato a lungo sui dati del terrorismo dal 1970 ad oggi, da cui risulta che in media un solo attentato terroristico su sette viene rivendicato ufficialmente. E il numero scende ulteriormente quando finiscono nel mirino la popolazione civile o i passeggeri di un aereo. Ammetto che l’Is tende di solito a pubblicizzare azioni del genere: ma anche senza la firma non possiamo escludere la sua responsabilità per il volo Egyptair, specie nel momento in cui lo Stato islamico sta cambiando faccia ». Si riferisce alla “decentralizzazione” di cui parlava all’inizio? «Sì. L’Is sta subendo le conseguenze di gravi errori strategici. La sua propaganda e la violenza indiscriminata gli hanno creato troppi nemici. Viene bersagliato da americani e russi, perde zone di controllo, le sue risorse finanziarie si esauriscono, non ha più soldi per gli stipendi. Risultato: come altri gruppi terroristici, da Al Qaeda alla stessa Ira, cerca uno sbocco decentralizzandosi: cioè spostandosi in altre zone come lo Yemen, il Sinai, la Libia e ovviamente anche l’Europa, che ha le frontiere relativamente permeabili e molti obiettivi facilmente attaccabili. Questa decentralizzazione è una conferma della debolezza dell’Is, non della sua crescita». Fra pochi mesi ci saranno i campionati europei di calcio: dobbiamo temere azioni dell’Is? «Non ho dubbi: una bomba in uno stadio francese darebbe all’Is la stessa visibilità che ebbero i palestinesi di Settembre nero durante le Olimpiadi di Monaco del 1972. E il vero problema è che di fronte a militanti disposti a tutto, anche a farsi saltare in aria, le misure dell’anti-terrorismo si rivelano quasi inutili». Torniamo al volo Egyptair: uno stadio, un bar o una discoteca sono facili obiettivi ma un attentato su un aereo è molto più complesso. Se l’Is è in difficoltà, perché dovrebbe puntare su un obiettivo complesso? «È vero, può sembrare contraddittorio, quasi un paradosso: ma i terroristi hanno sempre avuto un “pallino” per i voli di linea, come se fossero un banco di prova. E l’Is ha già colpito più volte nei cieli, riuscendo sempre a seminare paura». LEONARDO MARTINELLI SULLA STAMPA L’A320 di Egyptair, scomparso nelle acque del Mediterraneo, era arrivato a Parigi dal Cairo alle 21,55 di mercoledì sera, per poi ripartire poco dopo le 23. Cos’è successo lì, su quella pista, in quel breve lasso di tempo? Qualcuno può aver introdotto un ordigno sul velivolo? Dopo lo stupore iniziale, con la consapevolezza che l’aeroporto di Roissy-Charles de Gaulle è uno dei più controllati d’Europa, nello scalo parigino ormai non si esclude alcuna ipotesi. Neppure quella. È già scattata un’inchiesta che sta coinvolgendo la gendarmeria del trasporto aereo (Gta), la polizia di frontiera e i servizi segreti. Innanzitutto si sta passando al setaccio la lista dei passeggeri. «È troppo presto per dire se esista un profilo a rischio - hanno dichiarato ieri fonti vicine all’inchiesta alla France Presse -. Questo, però, non significa che non abbiamo già qualche sospetto». Gli inquirenti si soffermano pure sul passato di ogni membro dell’equipaggio. Ma soprattutto stanno individuando chi si è avvicinato all’apparecchio, tra il personale che si occupa della manutenzione e del rifornimento di carburante dei velivoli. E tra gli addetti ai bagagli. La videosorveglianza è ovunque al Charles De Gaulle: non è facile sfuggirle. Gli interrogatori sono già iniziati. Certo l’A320, nelle ore precedenti, si era posato al Cairo, ad Asmara e in Tunisia. Ma, se davvero è poi esploso in volo a causa di una bomba, è nell’ultima tappa che ci sono più probabilità che un ordigno vi sia stato introdotto. D’altra parte, il background del maggiore aeroporto di Parigi alimenta negli inquirenti una bella dose di diffidenza. Ogni giorno accedono per lavoro allo scalo 86 mila persone, perlopiù dipendenti di società esterne, tutti muniti di un badge. Dal gennaio 2015 - dopo i primi attentati nella capitale francese - a oggi ne sono stati revocati 600 (o si è negata la prima attribuzione) per precedenti penali. E in 85 casi il badge è stato rifiutato per sospetti di radicalizzazione islamica. Non finisce qui: secondo le fonti vicino all’inchiesta citate dalla France Presse, «esistono ancora 400 casi inquietanti di radicalizzazione islamica» all’interno del Charles de Gaulle. Sono persone sospettate, ma per il momento non esistono prove tali da poterle allontanare. Per negare il badge, comunque, può bastare il rifiuto di seguire gli ordini di una donna. O più semplicemente di parlare a una donna. Ma occorre una segnalazione esplicita di questo tipo. È successo fra gli autisti della Ratp, l’azienda dei trasporti pubblici, proprio nella periferia nord di Parigi, dove si trova l’aeroporto. Alcuni di loro non volevano parlare ai passeggeri donne. E si è così innescata una procedura di licenziamento. Molti dei lavoratori del Charles de Gaulle provengono, per la vicinanza geografica, da questa banlieue nord, dove maggiore è il problema dell’infiltrazione dell’integralismo islamico: in particolare da Saint-Denis, ribattezzata Molenbeek-sur-Seine, dove si segnalano preoccupanti cellule salafite. Il problema è capire se uno dei sospettati di radicalismo si sia avvicinato all’aereo mercoledì sera. Ma, se davvero ha introdotto un ordigno, come ha fatto a superare i controlli di sicurezza, sempre più rigidi dopo gli attentati, anche nei confronti di chi lavora nell’aeroporto? «Non è facile, per niente», sottolinea Xavier Tytelman, ex pilota militare e oggi esperto di sicurezza aerea. Quanto ai bagagli a mano dei passeggeri, passano attraverso gli scanner. E quelli che finiscono nella stiva, «ormai al Charles de Gaulle subiscono tre controlli successivi - continua Tytelman -. Il primo è effettuato su tutti i bagagli mediante scanner. A quel punto, il 30%, considerato sospetto, è inviato a un sistema di rilevazione tomografica di esplosivi. Poi, si effettua un’ultima ispezione umana». Sembra quasi impossibile arrivare alla fine con dell’esplosivo. Ma gli inquirenti, ostinati, continuano a indagare. BY NC ND ALCUNI DIRITTI RISERVATI pag. 3 di 3