Piero Colaprico, la Repubblica 21/5/2016, 21 maggio 2016
L’ERRORE FATALE DEL LATITANTE
Le regole essenziali del «latino», come nel gergo della mala si chiama il latitante, sono tre. Innanzitutto, il documento «ciucco». Falsificato, ma ben fatto, in grado di superare i controlli. Filippo De Cristofaro, il killer del catamarano, appena arrestato a Sintra, in Portogallo, ne aveva tre. Passaporto, carta d’identità e patente nautica, intestati ad Andrea Bertone: «Credibili».
Seconda regola, nessun problema di soldi: in tasca, al momento dell’arresto, gli hanno trovato quasi seimila euro in contanti. Più che sufficienti per il tenore di vita portoghese, come sanno i pensionati italiani là emigrati in gran numero.
Terza cosa, la «diocesi», e cioè il posto sicuro per ripartire dopo l’evasione. Le sue «diocesi » sono state Bari, dov’è nato, e Milano, dov’era cresciuto. Il resto — mimetizzarsi, inventarsi una vita e reggerla — viene dopo. «Pippo» lo sa da 2007.
Era scappato dal supercarcere di Opera, sempre grazie a un permesso premio, per correre a Utrecht. Voleva cercare — dopo diciannove anni di carcere — Diana, la sua ex fidanzata. Aveva trovato invece agenti della squadra Mobile di Ancona. Questa volta, voleva durare di più di un mese. Perciò niente contatti con la figlia, giornalista tv, e niente follie su vecchi amori.
Da «camoscio», e cioè da detenuto che fa i lavori di giardinaggio e pulizie, a Pianosa, aveva ottenuto per Pasqua il permesso di dormire a Portoferraio, dal 19 al 21 aprile 2014. La sera stessa, uomo di mare, sfrontato e manipolatore, se l’era filata in barca verso «il Continente», la penisola. Siamo però entrati nell’era mondiale delle telecamere di sicurezza.
Il «latino» De Cristofaro è stato inquadrato mentre si godeva piazza Duomo. Poi, rieccolo comparire sulle banchine ferroviarie della Costa Azzurra, a Marsiglia. Ma tra l’occhio elettronico che vede e il braccio umano del flic che fisicamente può acchiappare una persona che si guarda le spalle c’è, si sa, una bella differenza. Con i suoi 62 anni portati senza adipe, l’andatura da ex ballerino professionista, le tante lingue che parla — francese, inglese, olandese, portoghese «più — dicono i detective — alcune orientali imparate in carcere», l’evaso e assassino si godeva la «città colorata» a trenta chilometri da Lisbona, girandola in maglia a fiori, calzoni corti e scarpe da ginnastica. Un turista doc.
A rovinare la meticolosa latitanza sembra sia stata la leggenda che ancora circola in carcere a proposito della impossibilità d’intercettare Skype o le chat. Per effettuare qualche chiamata, De Cristofaro andava sotto la sede centrale dell’azienda telefonica. Là inseriva la parola chiave sul suo telefonino e si collegava al wi-fi, convinto di farla franca: il segnale satellitare l’ha invece indicato come un raggio laser agli «acchiappafantasmi » venuti da Ancona. Perché Internet sarà comoda, ma Matteo Messina Denaro è latitante dal 1993: i «pizzini» restano il top di ogni «latino».