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 2016  maggio 19 Giovedì calendario

FACCIO NOTIZIA PERCHÉ SCELGO LA LEGGE

Combatte l’abusivismo edilizio, ma ha la casa abusiva anche lei? «La mia casa è in regola. Posso mostrare i documenti». In Sicilia i mascalzoni dissimulano e ci confondono spacciandosi per virtuosi. Esempi? Il mafioso-antimafia, l’abusivo-antiabusivo, il forestale piromane, il disabile in salute. «In questa isola purtroppo si fa traffico d’ideali e si distribuiscono patenti di legalità». Dunque ha subìto un attentato o se lo è organizzato per imbrogliarci? «C’è chi ha pensato che sia stato io a incendiare la casa di mio padre, per finire sui giornali. Per fortuna ci sono le telecamere che hanno ripreso gli uomini che appiccavano il fuoco. C’è perfino chi mi ha denunciato per abusivismo edilizio...». Lo vede? «Proprio giovedì 12 maggio sono venuti i carabinieri a casa mia. È stata presentata una denuncia per abusivismo edilizio contro di me. Credevano che il pergolato della mia abitazione fosse illegittimo. Non lo è. Ma se lo fosse stato non mi sarei certo sottratto alla legge».
Eseguendo le sentenze della Procura di Agrigento, che disponevano la demolizione di dieci edifici illegali e selvaggi, Angelo Cambiano, sindaco trentacinquenne di Licata, s’è guadagnato tra i briganti la fascia di «cretino», tra gli onesti la croce di gran merito. «E c’è una dismisura sia tra chi vuole sempre aggirare la legge, ma anche tra chi crede che averla fatta rispettare sia rivoluzionario. L’ordinario non è straordinario».
Nella notte del 9 maggio alcuni incappucciati, abusivi anche nella vigliaccheria, hanno incendiato la casa di campagna del padre di questo sindaco eletto da nove mesi («ma ho già fatto politica e sono stato pure vicesindaco»), insegnante di matematica e di ruolo («Non sono abusivo neppure nella pubblica istruzione»), di centrodestra («Per tradizione ma non per vocazione»).
Dopo l’attentato è stata subito solidarietà. Il ministro degli Interni, Angelino Alfano, è sceso a Licata a presiedere un comitato per l’ordine e la sicurezza e a Cambiano è stata velocemente assegnata la scorta. I sindaci della provincia si sono ritrovati e raccolti insieme a lui. Il governatore Rosario Crocetta gli ha telefonato. E direttamente da Palermo si è precipitato a Licata anche il senatore Giuseppe Lumia, del Pd, che qui molti considerano l’impresario dell’antimafia, una sorta di fornitore professionale di valori, che gli ha testimoniato vicinanza.
Il sindaco non crede che anche l’eccesso di solidarietà sia una forma di abusivismo? «Lo può essere. La solidarietà smoderata è come un edificio a più piani, ma di materiale scadente. Però a volte è possibile verificarne la genuinità. Anche i sindaci dei paesi vicini hanno la possibilità di demolire. E la politica regionale potrebbe non promettere sanatorie impossibili». Di sicuro non se ne possono promettere a Licata. Qui il mare stesso si spaventa e soffoca di fronte ai palazzi di 13 piani (tredici!) fatti elevare dai tarantolati del cemento. Pure il cimitero offende il cielo e il paradiso. «È stato costruito sul costone roccioso. I morti riposano con vista mare».
Nel palazzo comunale, Cambiano ha scelto di occupare una stanza minima, quasi un sottotetto che si affaccia su una piazza che si chiama «del progresso». E non si sa se fosse meglio la miseria rispetto a questa specie di progresso. «Oggi» afferma Cambiano «demolire è l’autentico progresso».
Il sindaco di Licata è un ingegnere: «Laureato in informatica». Dove? «All’università di Catania». È figlio di professori: «Lettere mia madre, educazione tecnica mio padre». Sua moglie? «Insegnante pure lei: di sostegno. Aspettiamo un figlio, è al quinto mese di gravidanza. Dopo l’attentato ha pianto, ma credo fosse solo uno sfogo. L’attentato mi ha avvilito. In precedenza un altro abusivo, un ambulante, mi ha fratturato il setto nasale».
Lei come si sfoga? «Fumo tanto, troppo». Cambiano ha la fronte alta e vasta ma la voce bassa e calda: «Preferisco scrivere che urlare».Demolire degli edifici abusivi in Sicilia è ancora un gesto eversivo? «Lo può diventare in presenza di sindaci furbetti e di magistrati distratti. Le case che abbiamo abbattuto a Licata sono state definite “abusive” con sentenze passate in giudicato dopo trent’anni. Se non le avessi fatte demolire avrei rischiato la denuncia per abuso e omissione d’atti d’ufficio. E attenzione: parliamo di seconde case, tutte costruite a 150 metri dal mare. Case che neppure un’amnistia del presidente Sergio Mattarella avrebbe potuto sanare».
Il coraggio gliel’ha dato il procuratore di Agrigento, Ignazio Fonzo? «No, è stato il voto di chi mi ha eletto e che ha costruito le case in maniera legale. Anche in Sicilia ci sono uomini retti». Ma in Sicilia l’abusivismo non fa parte dell’identità di un popolo? Non è patrimonio come la granita, il barocco e Luigi Pirandello? «No» risponde il sindaco. «Il reato non è identità». È sicuro? «La verità è che prima ancora delle ruspe c’è bisogno di cancellare la pacca sulla spalla, la strizzatina d’occhio. Nella pacca c’è la complicità e la promessa di farla franca; nella strizzatina si cela il mezzo accordo, il mezzo compromesso tra il politico e gli elettori. Demolire, certo. Ma andrebbe rasa al suolo, insieme agli scheletri degli edifici, pure la diceria e la similitudine che ci porta dire “c’è sempre un ladro più ladro di me”. Alla fine che facciamo? Legalizziamo il furto?».
A Licata quanti consiglieri comunali sono abusivi o difendono gli abusivi? «Quasi il 30 per cento». La Sicilia ha lo Statuto speciale, che giustifica ogni arbitrio e abuso. «È un nostro problema». Crocetta le ha proposto un ruolo d’assessore? «Mi ha chiamato e ha detto che io non potevo farmi carico di questo peso. Gli ho risposto che c’era solo un modo per esprimere vera solidarietà: cominciare a demolire gli edifici abusivi, a partire dalla sua Gela». Crede che il governatore lo farà? «Io lo spero». Ma Crocetta ha difeso la terrazza degli sceneggiati del commissario Montalbano. «Montalbano non è più speciale degli abusivi di Licata». Lei sarebbe pronto ad abbattere anche la terrazza televisiva, se una Procura l’ordinasse? «Certo. L’abbatterei. Senza esitare».
Così all’Arena Massimo Giletti ha elogiato in diretta Cambiano. E le televisioni se lo contendono. «Non mi piace» dice lui. Allora perché partecipa ai talk-show? «Perché se mi chiudessi nel silenzio direbbero che ho qualcosa da nascondere. C’è chi già lo fa». La candideranno consigliere regionale e siederà nel nuovo Senato? «Alcuni politici locali cominciano a temerlo».
Fonderà pure lei un partito? Magari il Psr, Partito siciliano della ruspa? «Resto a Licata. E non amo la ruspa ma credo nelle concessioni edilizie, nei moduli riempiti e presentati agli uffici tecnici, negli studi geologici. Credo nel Partito degli amanti della concessione edilizia, nella lentezza del costruire. La concessione edilizia è bellissima».