Silvia Guerriero, SportWeek 7/5/2016, 7 maggio 2016
TUTTO INIZIÒ CON UN COLPO DI FULMINE– [Renato Paratore] Nel suo piccolo – che poi tanto piccolo non è – è un fenomeno, eppure, ha un’umiltà disarmante
TUTTO INIZIÒ CON UN COLPO DI FULMINE– [Renato Paratore] Nel suo piccolo – che poi tanto piccolo non è – è un fenomeno, eppure, ha un’umiltà disarmante. Renato Paratore, stella nascente (ma fa già una bella luce) del golf italiano, è un ragazzone timido che ha però lo sguardo fiero e la stretta di mano di chi nella vita è ben deciso ad affrontare tutto a testa alta: anche un Tour europeo ad appena 17 anni. Età in cui era più famoso come il “Renatinoooo” salutato da Fiorello nella sua Edicola che come golfista: «Abita sopra di me, una mattina ci siamo incrociati alle 6 e abbiamo registrato questo sketch. Tutti gli amici mi chiamano così, credo che a 50 anni sarò ancora Renatino». Di sicuro lo era quando ha capito che il gioco del golf non era più solo un... gioco. «Avevo 14 anni e le idee molto chiare, a differenza dei miei coetanei. Ho iniziato ad allenarmi con l’obiettivo di passare professionista». Come faceva a essere così sicuro? «Avevo passione, ero forte e i risultati arrivavano: ce l’ho fatta a 17 anni e mezzo». In un’età in cui gli ormoni sono in subbuglio e si pensa a divertirsi: come ha fatto a concentrarsi solo sul golf? «Semplice: in testa avevo solo un obiettivo». Quindi non ha potuto vivere un’adolescenza normale.... «No, perché viaggiavo molto. Ma quando stavo a Roma uscivo con gli amici». Quanto sta solitamente a Roma? «Beh, poco... Infatti se sono a casa cerco di rilassarmi e non pensare alle gare». Ci sta abbastanza per pensare a Roma come casa sua? «Ogni tanto faccio fatica a orientarmi!». Con chi vive? «Con mamma. Sto bene. È brava e mi aiuta a organizzarmi coi viaggi e con tutto ciò che riguarda il golf. Che ho scoperto grazie a lei: quando avevo 8 anni mi ha portato al Parco di Roma, dov’era stata invitata per un pranzo. Mi hanno lasciato al campo pratica: è stato un colpo di fulmine». Che cosa l’ha fatta innamorare? «Mi ha colpito... il primo colpo! Ricordo che mi è venuto benissimo e mi sono detto: “Però, mica male ’sto sport!”. Probabilmente, se non lo avessi azzeccato, non avrei continuato a giocare». Che cosa fa quando non gioca? «Passo la giornata al circolo, poi a volte vado in palestra. La sera vedo gli amici». Chi sono i suoi amici: quelli della scuola o quelli del golf? «Qualcuno del liceo lo vedo ancora, ma alla fine esco sempre con quelli del golf». Non ha mai voglia di “staccare”? «Mi piace così tanto che anche dopo una giornata al campo ho voglia di parlare di golf. Stacco giusto in vacanza». Ovviamente una fidanzata non golfista è incompatibile con lei.... «Infatti avevo una fidanzata golfista. Che mi ha mollato perché ero sempre in giro...». Lei ha iniziato a girare presto. E a 17 anni, alla prima gara da professionista, ha vinto il Campionato nazionale Open. Un segno del destino? «Speriamo! È stata una bella esperienza, seguita da un buon esordio nel Tour europeo. Il secondo anno, lo scorso, sono calato. Ma l’importante era tenere la carta». È stato difficile? «Beh, entrano in 110, sono arrivato 109...». Il suo primo anno nel Tour è coinciso con l’ultimo del liceo linguistico: come ha fatto a conciliare le due cose? «Non lo so! A un certo punto sono scoppiato, e per due mesi ho sacrificato il golf, altrimenti mi sarei giocato il diploma». Ha studiato da privatista? «Macché, penso di aver stabilito il record assoluto di assenze della scuola!». Con un nonno latinista (Ettore Paratore) e un papà rettore alla Sapienza, non è stato spinto verso gli studi? «Papà ci ha provato, fino a 15-16 anni mi ha rotto parecchio le scatole, ma io non l’ascoltavo. Però gli avevo promesso che prima di diventare pro mi sarei diplomato. Poi, quando ho preso la carta per il Tour europeo, si è messo l’anima in pace». Lei ha già esordito anche nel Pga Tour, quello americano. Le piacerebbe in futuro giocare oltre oceano? «È il mio obiettivo: là è proprio un altro mondo, per chi fa il mio mestiere. Il golf è seguito come il calcio in Italia e il circuito è bellissimo. Prima, però, devo fare ancora un po’ di esperienza nel Tour europeo». Qual è stata la difficoltà maggiore nel farlo a 17 anni? «Proprio l’età, perché ti trovi a giocare con gente forte e abituata a quei campi, che sono completamente diversi, più difficili». E fuori dal campo? «Lì è stato meglio: ci sono molti più servizi, ci viziano e facciamo dei bei viaggi». Già, però un conto è viaggiare per piacere, un altro farlo per lavoro... «È vero, alcuni colleghi vedono solo l’albergo e il campo. Io invece cerco sempre di visitare i posti in cui vado e soprattutto di uscire la sera... almeno l’ultima!». Finalmente una cosa da 19enne: il passaggio fulmineo dai tornei dei dilettanti al Tour europeo, centrato al primo colpo, non è stato troppo veloce? «In effetti lo è stato molto, ma non credo troppo. Sono stato bravo a cogliere le occasioni ma sono riuscito a non bruciarmi, facendo il più possibile una vita normale». Ma lei si sente davvero un ragazzo “normale”? «Mi sento un ragazzo che però già lavora. I miei amici fanno tutti l’università: quando lavoreranno, non ci sarà differenza». Insomma: fare il golfista non è proprio uguale... Secondo lei fa figo? (arrossisce) «Sì, dai, sì, mi piace. Si guadagna anche bene». Come ha speso i soldi guadagnati? «Per ora stanno in banca, aspetto un po’ per farmi un regalo molto bello. Mi piacerebbe comprare una macchina, una Bmw. Ma prima devo prendere la patente!». La “patente” da campione l’ha invece presa prima di diventare maggiorenne, vincendo l’Olimpiade giovanile... «Una grande soddisfazione: è stato il più bel torneo che ho vinto da dilettante». E quest’anno il golf sarà a Rio: quante chance ha di qualificarsi? «Qualcuna, devo risalire in classifica per aggiungermi a Francesco Molinari». A proposito di Giochi: Roma è candidata per quelli del 2024 e, due anni prima, ospiterà la Ryder Cup: ci ha già fatto un pensierino? «Sì: l’età c’è, gli anni per prepararsi pure». Come immagina la sua città trasformata da questi grandi eventi sportivi? «Sono curioso. E spero che venga migliorata la viabilità, Roma è troppo caotica». La Ryder si svolgerà nel circolo di Laura Biagiotti: sa che l’ha definita il giocatore più chic? «Davvero? Se lo dice lei che è una stilista...». A proposito di moda: al Tour hanno sdoganato i bermuda. Cosa ne pensa? «Secondo me non è una bella cosa: il golf è uno sport di tradizioni e classe, il pantalone corto non c’entra nulla». A lei piace curare il look? «Sì, ci tengo a vestirmi bene. Sto attento a tutto, anche alla forma fisica». Oltre ad andare in palestra per mantenerla, pratica altri sport? «Tennis e ping pong. Adoro calcio e sci, ma li evito perché potrei farmi male. Non da tifoso, però: sono pazzo della Roma e... vorrei tanto conoscere i giocatori!». Potrebbe chiedere aiuto al suo amico Fiorello... «Gli ho già chiesto dei consigli per me, visto che lui è uno che ce l’ha fatta. Mi ha detto: “Credici sempre e spacca tutto”. Beh, io ci ho sempre creduto. Adesso non vedo l’ora di “spaccare”...».