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 2016  maggio 16 Lunedì calendario

PROFUMO, IL PROFESSORE IN COMPAGNIA CON UN MILIARDO IN CASSA DA GESTIRE

Torino
Il sindaco aveva chiamato di prima mattina: «Il Comune era in difficoltà, ci chiedevano un sostegno. Ho risposto che, come Iren, avremmo potuto risparmiare sull’illuminazione. Ogni anno i lampioni in città sono accesi per 4.200 ore. Ho detto al sindaco che riducendo del 10% le ore di accensione, il risparmio sarebbe stato di 4 milioni». Francesco Profumo, nuovo presidente della Compagnia di San Paolo, il più grande tra gli azionisti di Intesa, ama definirsi «un uomo che fa efficienza». «Dopo quel colloquio con Fassino – ricorda Profumo – decidemmo di sostituire le lampade della città con quelle a led che consumano il 60% in meno e durano quindici volte di più. Decine di milioni risparmiati». Soluzioni da ingegnere. Francesco Profumo è arrivato al vertice della Compagnia partendo dalle «macchine e azionamenti elettrici», materia che ha insegnato a Bologna e al Politecnico di Torino prima di divenirne il rettore. «Ricordo con soddisfazione la mia esperienza scientifica di ricercatore prima di dedicarmi alla gestione dell’università». Guidare il Politecnico a Torino significa stare nel cuore della città. Al termine della sua esperienza di rettore Profumo riuscì in una impresa che pochi mesi dopo si rivelerà impossibile replicare: riunire nella stessa aula magna l’ad della Fiat, Sergio Marchionne e l’allora numero uno di Volkswagen, Martin Winterkorn. Li fece arrivare per festeggiare i settant’anni di Giorgetto Giugiaro. Uomo di relazioni Profumo. E indubbiamente uomo di visione. Sembrava il personaggio ideale per guidare Palazzo civico, la sede del Comune di Torino, nel 2011, alla scadenza dei due mandati del suo amico Sergio Chiamparino. Lo stesso Chiamparino aveva lanciato la candidatura: «Francesco è un uomo che viene dalla società civile e che può allacciare alleanze sia a sinistra sia al centro». Una candidatura nel segno della continuità con il carattere innovativo delle amministrazioni precedenti. Poi qualcosa si è rotto. Le pressioni nazionali, la reazione degli apparati del Pd che temevano un candidato civico poco governabile, la spinta del segretario Bersani per mandare a Torino Piero Fassino. A Natale la candidatura di Profumo a sindaco era stata bruciata. Si narrò di un pranzo a tre all’enoteca del Lazio, nel centro di Roma, tra il rettore del Politecnico, Chiamparino e Fassino. Qualche giorno dopo Profumo rinunciò alla candidatura con una lettera in cui sosteneva di preferire di continuare a fare il rettore. E il Pd di Torino scelse Fassino, politico di lungo corso, entrato in consiglio comunale nel lontano 1975, quello che molti suoi sostenitori nel partito definirono all’epoca «l’usato sicuro». Ma Profumo non rimase a lungo all’università. Un anno dopo la rinuncia a fare il sindaco entrò nel governo Monti come ministro dell’Istruzione e dell’università. Sono passati tre anni dalla fine di quel governo ma sembra davvero un secolo. L’esecutivo più criticato della recente storia italiana: «Della mia attività di ministro non mi pento affatto. Rifarei anzi molte cose», dice oggi Profumo. E rivendica tra le altre «l’introduzione dell’iscrizione elettronica, il plico della maturità, l’avvio di un nuovo concorso per insegnanti, ciò che non accadeva da 14 anni». Si vanta, insomma, di aver fatto efficienza anche nel regno della burocrazia per antonomasia, la scuola appunto. Il ritorno a Torino è del giugno 2013, un mese dopo la caduta del governo Monti. Profumo diventa presidente di Iren, la multiservizi di Torino, Genova e Reggio Emilia. Ci rimane fino alla scorsa settimana, al termine di un lungo braccio di ferro con le opposizioni a Fassino che chiedevano al sindaco di procedere alle nomine solo dopo la scadenza elettorale. A Profumo i 5 Stelle rimproverano anche di non aver preteso dalla città il pagamento di crediti ingenti. Che le ex muncipalizzate come Iren così come la Compagnia di San Paolo rappresentino importanti sostegni finanziari per le casse disastrate degli enti locali non è una novità. Qualcuno, portando alle estreme conseguenze il ragionamento, ha addirittura definito un ente come la Compagnia di San Paolo «il bancomat di Torino». Che cosa ne pensa Profumo che ora dovrà presiederlo? «Credo che l’intervento della Compagnia debba essere quello di favorire il raggiungimento dell’efficienza da parte della pubblica amministrazione», spiega Profumo. E annuncia un primo criterio di spesa: «Una delle possibilità è quella di investire una quota del fondo di stabilizzazione delle erogazioni per favorire investimenti nel settore della sanità e della ricerca». Al 31 dicembre 2015 il fondo ammontava a circa 290 milioni. E’ una riserva istituita per attutire l’effetto delle ciclicità economiche che altrimenti, in periodi di particolare crisi, rischierebbero di intaccare la disponibilità delle erogazioni. «Una parte di quella riserva potrebbe essere utilizzata per favorire l’innovazione sociale », dice Profumo. E porta «il piccolo esempio del panettiere. Se creo un’app che consente ai panettieri di condividere le quantità di pane che rimangono loro in negozio alle sei di sera, questo abbasserà il prezzo del pane da una certa ora in poi ed eviterà ai panettieri di sprecare il prodotto». Esempio piccolo che si può applicare in scala più grande. Non a caso Profumo parla di sanità, il settore nel quale a Torino sono previsti nei prossimi anni grandi investimenti. La nascita della nuova città della salute, che dovrebbe riunire i centri di eccellenza ospedaliera, i laboratori di ricerca e gli insediamenti delle case farmaceutiche è il classico investimento in grado di produrre quell’innovazione sociale di cui parla il nuovo presidente della Compagnia. «La Compagnia di San Paolo – ricorda Profumo – nacque nel 1563 con intenti filantropici e caritativi. Perseguendo i suoi obiettivi ha finito per contribuire in modo significativo alla crescita e alla modernizzazione della città. Credo che anche oggi debba continuare su quella strada». Per questo Profumo si è portato in squadra un manager come Alessandro Commito, un’esperienza all’Imperial College di Londra dove si occupa della scelta delle innovazioni nate dalla ricerca dell’istituto e della loro commercializzazione. Un manager incaricato di rendere efficiente e socialmente redditizia anche la filantropia. La nuova scommessa di Profumo è solo all’inizio. Di fronte a sè ha la prospettiva di una Compagnia che nei prossimi mesi dovrà cominciare a scendere di quota in Banca Intesa. Oggi ha il 9,341%e dovrà calare probabilmente sotto il 6% per fare in modo che la partecipazione nella banca rappresenti solo un terzo del portafoglio e non metà come accade adesso. Ai valori dell’azione di oggi questo significa che, entro la primavera del 2018, cioè entro i prossimi 24 mesi, entreranno nelle casse della fondazione bancaria tra gli 1,2 e gli 1,4 miliardi di euro. Una cifra che, per statuto, la Compagnia dovrà reinvestire. Un gruzzolo che fa gola a molti soprattutto in un periodo di vacche magre per gli enti locali. Riuscirà Francesco Profumo a resistere alle pressioni? «Sono sempre stato autonomo, nel senso che ascolto tutti ma alla fine sono abituato a decidere in coscienza », confessa. E aggiunge che «la Compagnia ha fatto e continuerà a fare opera di sostegno alle fasce deboli della città e di promozione della scuola, dell’istruzione e della cultura. Ma per fare questo esiste già una voce di bilancio: le erogazioni sono complessivamente cresciute in questi anni. Non sarà quello il capitolo che verrà utilizzato per promuovere l’efficienza del sistema pubblico». Verrà usata infatti una parte della quota di stabilizzazione e non dunque il gruzzolo che arriverà dalla dismissione delle quote. Che cosa farete di quel miliardo? «Decideremo a suo tempo». Certo a Profumo le idee non mancano. Ma è il tipo che preferisce tenersele per sé fino a quando i tempi non saranno maturi.
Paolo Griseri, Affari&Finanza – la Repubblica 16/5/2016