Daniele Scalise, Prima Comunicazione 5/2016, 13 maggio 2016
L’AVVENTUROSA VITA DI LUCA JOSI
Fresco di nomina a Telecom Italia – la dicitura ufficiale è ‘chairman office senior vice president’ – pochi sanno che Luca Josi è un ingàuno, come ufficialmente vengono chiamati gli abitanti di Albenga, la città delle cento torri in provincia di Savona che tra le tante cose nobili vanta ben cinque campioni olimpionici.
Nella Telecom presieduta da Giuseppe Recchi, Josi sarà il manager che coordinerà le molte deleghe che fanno capo al presidente del gruppo: Comunicazione istituzionale, Affari legali, Public affairs e corporate e Shared value, oltre che la supervisione della funzione Security, quella strategica di Sparkle, e infine l’importante funzione di Brand strategy, e cioè quell’attività di comunicazione del brand e il relativo portafoglio degli investimenti pubblicitari, di sponsorizzazione, eccetera (più di cento milioni di euro all’anno), fino a poco fa nelle preziose mani di Carlotta Ventura, che adesso Recchi sovrintende ad interim.
Luca Josi è personaggio noto del mondo della politica e della televisione. Ancora adolescente si avventura nelle sedi del Partito socialista e già a 17 anni siede al tavolo della direzione dei giovani socialisti, prima di compierne 20 è nominato segretario regionale, a 21 è il più giovane membro dell’esecutivo nazionale, eccetera. Fino alla vicenda delle monetine, destinata a farlo entrare in un drammatico capitolo del secolo breve: la sera del 30 aprile 1993, Bettino Craxi – nell’occhio del ciclone per Mani pulite – usciva dall’Hotel Raphael di Roma e, mentre saliva sull’auto di servizio, era investito da una pioggia di monete lanciate da una folla di assatanati. Insieme al contestato segretario del Psi c’era Luca Josi, diventato stretto collaboratore del leader socialista ai tempi del suo declino e che gli rimarrà fedele fino alla fine del gennaio 2000, anno della morte di Craxi nell’esilio in Tunisia.
Josi, non solo politico ma anche autore di sfiziosi bestseller giovanili, come il ‘Bignami della sessualità’ del 1990 (mezzo milione di copie) o come ‘Tutto quello che l’Italia può guadagnare dalla Lega’ (composto solamente da fogli in bianco: altro mezzo milione di copie esaurite in un batter d’occhio), si dedica al giornalismo militante, scrive sull’Avanti!, sul Riformista, Il Foglio, Aspenia, Formiche, Il Giornale, Panorama, Il Tempo.
Nel 1994, insieme ad Andrea Olcese fonda la Einstein Multimedia che, nel giro di poco tempo, diventa distributore e produttore di un portfolio di oltre 300 format, da ‘Passaparola’ con Gerry Scotti per Canale 5 a ‘Sarabanda’ con Enrico Papi per Italia 1, da ‘Novecento’ con Pippo Baudo per Rai3 e Rai1 a ‘Si La Sol’ con Paolo Limiti sempre per Rai1. Nel 2002 la Einstein dà vita alla Einstein Fiction con socio e direttore generale Wayne Dovle, l’australiano creatore di longeve soap opera come ‘Un posto al sole’.
Nello stesso anno viene fondata anche la Einstein Eventi per progettare e produrre eventi di comunicazione in collaborazione con il mondo dell’advertising (tra i clienti UniCredit, Intesa, 3 Italia). L’anno dopo vede la luce la Einstein Next Media che ha come socio Franco Bernabè Group. La società ha come missione quella di produrre format multimediali, prodotti e contenuti per il mondo della telefonia mobile, della banda larga e della tivù interattiva e di nuova generazione. Il fatturato annuo aggregato del gruppo arriverà a toccare punte di oltre 50 milioni, conquistandosi cinque Telegatti, più svariati premi televisivi e internazionali.
Non tutto però fila liscio. Che è poi un eufemismo per dire che ora dobbiamo riassumere per brevi capi la storia di un disastro che ha come titolo ‘Agrodolce’, lo stesso della soap ambientata in Sicilia, coprodotta da Einstein, Rai e Regione Siciliana, e che è andata a finire in malora portando con sé ben quattro fallimenti: nel febbraio del 2013 quello di Einstein Fiction, nel febbraio 2014 quelli di Einstein Multimedia Group e di Med Studios (la società del gruppo di Josi e Olcese che gestiva gli studi siciliani dove si girava appunto ‘Agrodolce’) e, nel marzo dello stesso anno, di Btl (la società, sempre del gruppo, che contrattualizzava la linea della produzione).
Il Fatto Quotidiano ha seguito con millimetrica pazienza tutta la vicenda, producendo inchieste scritte e una serie di video che hanno fatto infuriare Giovanni Minoli, tanto da convincerlo a trascinare la testata in tribunale – con l’accusa di diffamazione aggravata – insieme a Josi & co., i quali alla fine ne sono usciti con una sentenza di proscioglimento confermata in Cassazione.
Tutto inizia nel 2008. A settembre di quell’anno sciagurato va in onda su Rai3 ‘Agrodolce’, prodotta da Rai Fiction, Rai Educational, Einstein Multimedia in collaborazione con la Regione Siciliana. L’idea è di fare il bis di ‘Un posto al sole’, fiction che ha ridato vita e lavoro alla sede Rai di Napoli ormai in declino.
‘Agrodolce’ viene realizzata nei Med Studios di Termini Imerese, si avvale di fondi europei destinati alla Regione Siciliana (12 milioni per anno) con i quali l’ente cofinanzia la Rai nell’impresa produttiva. Rai Fiction (allora guidata da Agostino Saccà) assicura stanziamenti per arrivare ai 24 milioni necessari per produrre 230 puntate. Einstein Multimedia costruisce a proprie spese gli studi ex novo immaginando un polo produttivo. Presto però Josi e Olcese entrano in rotta di collisione con Giovanni Minoli, capo di Rai Educational, che vanta la primogenitura del progetto, vuole avere l’ultima parola su tutto, decidere chi deve entrare e uscire dalla porta, chi si siede a tavola, chi serve le portate, chi sparecchia. E accusa la produzione di inadeguatezza. Tira oggi e tira domani, la corda si spezza. Le voci si alzano (tutte protocollate da Luca Josi che, sentendo odore di bruciato, prova a mettersi al sicuro e accende il registratore a ogni telefonata, incontro o cena che si voglia) e alla fine la parola passa ai tribunali. Per di più su tutta la vicenda si allunga l’ombra inquietante delle pressioni mafiose: una location, il castello di Trabia a San Nicola l’Arena, viene segnalata dall’allora presidente dell’Antimafia, senatore Giuseppe Lumia, come ‘inopportuna’ in quanto vi avevano soggiornato personaggi del calibro di Totò Riina e Bernardo Provenzano. Josi condivide la preoccupazione di Lumia tanto da comunicare il pericolo alla Rai, poi denuncia il tentativo di inserire personalità del luogo, che negli anni successivi verranno arrestate per estorsione e associazione mafiosa, nella miniserie ‘Il segreto dell’acqua’ di Rai1. Il che fa capire che per un imprenditore esterno mettere piede sul territorio siciliano può significare lasciarci le gambe.
Adesso di tutto ciò non restano che le ceneri, centinaia di lavoratori disoccupati, studi abbandonati, ire funeste, faldoni tribunalizi e ancora molto lavoro per gli avvocati. A prescindere dagli esiti penali, quella che era una società che non aveva un euro di debito, a causa di questa vicenda ha visto andare in fumo circa 30 milioni. L’inchiesta romana che riguardava ipotesi di concussione, truffa e compagnia bella nei confronti di Minoli e il suo staff si è conclusa con una ordinanza di archiviazione per gli accusati.
Parallelamente la Procura di Palermo aveva aperto l’inchiesta nella quale la Guardia di finanza aveva riscontrato quanto denunciato da Josi (truffa alla Regione Siciliana ed estorsione) e richiesto addirittura l’applicazione di misure cautelari personali nei confronti di Minoli – la cui casa viene perquisita dalla Gdf l’11 luglio 2014. Altra richiesta della Guardia di finanza riguardava il sequestro di dieci milioni e mezzo di euro a Viale Mazzini e dieci milioni e mezzo allo stesso Minoli.
Dopo un anno e mezzo dalla richiesta dei finanzieri e il trasferimento del pubblico ministero titolare delle indagini, il nuovo pm ha invece formulalo richiesta di archiviazione. Josi però non ha mollato l’osso e ha incaricato lo studio Marafioti di insistere, tanto che è stata proposta opposizione alla richiesta di archiviazione e ora l’ultima parola del giudice per le indagini preliminari è attesa per giugno.
Intanto Josi ha deciso di rinascere a nuova vita chiudendo con il mondo della produzione televisiva: diventa lavoratore autonomo, come si presenta su LinkedIn, dedicandosi a progetti culturali e alla comunicazione anche come consulente di Telecom. E infine arriva l’ingaggio a fianco di Recchi con il quale c’è un’antica conoscenza.
Daniele Scalise