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 2016  maggio 11 Mercoledì calendario

RITRATTO DI TOTTI

Una volta Fabio Fazio gli chiese: «Ma tu a scuola come andavi?». «In pullman», rispose Totti.
Era un bambino timidissimo, con i capelli biondicci che gli cascavano sugli occhi chiari, così piccolo e mingherlino che, a Porta Petronia, gli abitanti di via Vetulonia se lo coccolavano appena lo vedevano e lo chiamavano “gnomo”. A scuola non era un fulmine di guerra. E alle elementari, svolgendo il tema su cosa avrebbe voluto fare da grande, scrisse: «Vorrei fare il benzinaio». I genitori avevano paura che non crescesse, così gracilino. In strada persino i suoi coetanei che giocavano a pallone non lo volevano, perché troppo piccolo. Ma un giorno che lo fecero provare, altro che gnomo. Da allora se lo disputarono tutti: «Questo è un fenomeno». Cominciò a giocare nella Lodigiani. E nel 1989, quando aveva 13 anni, il presidente chiamò suo papà e sua mamma. «Lo vogliono la Lazio e la Roma. Che famo?». «La Lazio», disse la madre. Il padre la fulminò: «Ma che stai a ‘ddì?». «Scusa, me so’ sbajata». Scelsero la Roma, ma non potevano fare altrimenti: in camera, Francesco dormiva già col poster di Giannini, “il principe”. Oggi lui è l’ottavo re di Roma. E il benzinaio? «M’è annata mejo», dice.
A quasi 40 anni ha salvato la stagione della Roma, giocando pochi minuti e facendo solo gol decisivi.
Appena entra lui, l’Olimpico si eccita e la squadra si scuote. E pure Spalletti, l’allenatore col quale aveva battibeccato, adesso ripete che «la sua presenza dà la carica alla squadra e ai tifosi. Per noi è una risorsa importantissima, quando scende in campo si vede un’altra Roma». È una questione di fluidi, il fascino del re, che ha rifiutato il Real Madrid e il Milan per restare qui al momento del suo massimo splendore. Non è solo bello da vedere. È uno che vince, dallo scudetto al mondiale. Ha una bella famiglia, con Ilary: ha 3 figli, è appena nata Isabel. Il maschietto, Cristian, gioca nei pulcini della Roma e lo venerano già. Quando Francesco segnò con un pallonetto nel derby sulla Lazio vinto per 5 a 1, il telecronista Carlo Zampa quasi piangeva: «Io divento gay!». A 16 anni ha debuttato in serie A, a 18 ha segnato il suo primo gol, 4 settembre 1994. Adesso è arrivato a quota 248, e solo Piola ha fatto meglio di lui. Ha convinto Pallotta che non voleva più rinnovargli il contratto per farne un dirigente. Ora gli ha proposto di fare tutt’e due: un milione, gioca e fa l’uomo immagine della società. È stato Spalletti a spiegarlo al presidente americano della Roma: «Basta la sua presenza e cambia tutto».

Non è solo il fatto di come tocca il pallone. Totti è di più. Quando c’era la lite con l’allenatore, se chiedevi a un tifoso da che parte stava, la risposta era scontata: «Noi non siamo juventini. Non tifiamo solo per vincere. Totti tutta la vita. È una questione di identità». Massimo Palombelli, detto Massimo Ilbanale, storico commentatore romanista di tv e social, spiega che «da giovane, con una maglia a strisce, i suoi difetti sarebbero stati meno difetti, i pregi più pregi. Oggi, con la maturità umana e la senilità calcistica, i limiti del Raccordo Anulare si sono estesi fino alla cantina interstellare di Tatooine, quel luogo interrazziale che va oltre i colori, le invidie, le cattiverie. Un luogo dove uno splendido quarantenne che entra e cambia le sorti di un incontro verrebbe salutato da tutti con uno “chapeau”. Come a Madrid». E difatti tutta la stampa estera lo esalta, come spetta a un vero re. Secondo Marca appartiene a quei «personaggi dello sport che si trovano al di sopra del normale e creano una leggenda superando le leggi della logica. Questo è Totti. Ci si innamora di lui». Per L’Equipe «i grandi giocatori come lui sono eterni». E As dice che «è immenso. Se era il re di Roma prima, oggi è diventato Imperatore. Sarebbe un sacrilegio non rinnovargli il contratto». L’hanno capito anche in America, dove Sports Illustrated scrive che «la sua leggenda continua a crescere». Steven Gerrard, storica bandiera del Liverpool, è quasi commosso: «È un grande e sopporta un peso sulle spalle enorme. Come un vero re».
Secondo il ds giallorosso Walter Sabatini, Totti «è come quella meravigliosa luce che indugia sui tetti di Roma e non si spegne mai». È la luce del tramonto che Sabatini guarda dal suo terrazzo. Però prima o poi scende sempre la sera.
E il giorno che Totti appenderà davvero le scarpe al chiodo piangeremo in tanti, e penseremo a De André, perché, ricordi, sbocciavano le rose, «e vorrei dirti adesso le stesse cose, ma come fan presto, amore, ad appassire le rose».
E ci renderemo conto che vent’anni sono volati via assieme al suo primo gol e all’ultimo, e un re non è come un Papa che se ne fa un altro. Quel re è un pezzo della nostra vita. E quella luce siamo anche noi.