Anna Rotilli, Prima Comunicazione 5/2016, 13 maggio 2016
UNA 7 DA IMITARE
“Neppure negli Stati Uniti avevo mai visto un livello organizzativo e produttivo come il vostro”, ha esclamato Silvio Berlusconi, complimentandosi con i dirigenti di La7 per l’efficienza del Centro di produzione di via Novaro a Roma, che ha avuto modo di visitare da ospite dello speciale ‘Madri’ di Myrta Merlino.
La macchina produttiva di via Novaro, che in due soli studi smaltisce tutti i programmi quotidiani (e alcuni di prima serata), le edizioni e gli speciali del telegiornale, è un paradigma della riorganizzazione attraverso cui Urbano Cairo, nei primi tre anni di gestione di La7, è riuscito a portare in utile i conti dell’emittente che nel 2012 perdeva quasi 100 milioni. Non a caso, in questi giorni in cui tanto si parla di Cairo per la scalata alla Rcs, La7 è indicata come una case history esemplare di risanamento aziendale. Una storia che vale la pena di raccontare.
Il 30 aprile del 2013 Cairo diventa ufficialmente il nuovo proprietario del network La7 e La7d, ceduto per 1 milione di euro da Telecom che, pur di disfarsene, gli concede pure una dote di 88 milioni per far fronte alle perdite dell’emittente. L’attività televisiva si era rivelata una voragine senza fondo per la telco che, secondo i calcoli dichiarati da Cairo alla recente assemblea della Cairo Communication, nei dieci anni di gestione aveva accumulato perdite per circa un miliardo di euro. Cairo, che aveva alle spalle l’esperienza vincente della Giorgio Mondadori rilevata sull’orlo della liquidazione, risanata rapidamente e diventata la base di lancio della sua fiorente attività editoriale, non aveva certo nessuna intenzione di finire in una trappola mangiasoldi. Quando, il 9 maggio 2013, si insedia nella sede dell’emittente di via della Pineta Sacchetti a Roma il neo editore ha dunque ben chiaro che la prima cosa da fare è affrontare la situazione quasi emergenziale dei costi fuori controllo, schizzati nel 2012 a 227 milioni, portando la perdita di bilancio a 120 milioni. Fioriscono molte storie sulla gestione sciupona di La7: la storia dei 500mila euro di spese di taxi, le carte di credito distribuite in abbondanza tra dirigenti e dipendenti, le sedi semivuote. Cairo agisce immediatamente su tutti i centri di spesa. Non guarda in faccia nessuno e innesca una repentina e violenta inversione di marcia. Già nei primi otto mesi riesce a ridurre i costi dell’80%, per un totale di 100 milioni, chiudendo il 2013 con un margine operativo lordo positivo. Il processo di risanamento si consolida nel 2014, per conseguire nel 2015 un margine operativo di 1 milione 650mila. La7 per il terzo anno di fila chiude con un margine positivo. Un traguardo raggiunto senza intaccare di un centesimo il famoso tesoretto degli 88 milioni di euro, eredità della Telecom, ancora accantonato, e dovendo anche far fronte a una congiuntura difficilissima del mercato pubblicitario. I primi tre mesi del 2016 vedono una schiarita con un miglioramento della raccolta sui canali La7 e La7d che segna un +4%.
Come è stato possibile il miracolo?
“Il percorso intrapreso da La7 con la gestione Cairo rappresenta un caso esemplare di change management, rivedendo profondamente le procedure e le modalità di lavoro”, spiega Marco Ghigliani, amministratore delegato di La7 spa, che Cairo chiama il suo ‘Governatore’. “Il risultato è stato una riduzione dei costi in tutte le aree e, conseguentemente, il raggiungimento in tempi rapidissimi di un margine positivo, pur a fronte di un mercato pubblicitario ancora debole”. Tutto questo è stato attuato, sottolinea Ghigliani, “preservando la qualità della nostra proposta editoriale – come si vede dalla autorevolezza e dalla riconoscibilità che gode la nostra emittente – incrementando le produzioni rispetto ai prodotti d’acquisto e conservando peraltro tutti i posti di lavoro”.
Ghigliani era a La7 già durante la gestione di Telecom Italia Media con diversi ruoli e responsabilità, fino ad assumere la carica di amministratore delegato all’uscita di Giovanni Stella nel 2012. Cairo lo ha confermato nel ruolo perché sapeva di poter contare su un uomo di gestione e organizzazione efficiente e affidabile che conosceva nel profondo il funzionamento dell’azienda, le risorse umane, il prodotto della rete e i suoi asset pregiati.
Ma come è cambiata l’azienda targata Cairo? Con 420 dipendenti l’organico è rimasto immutato, si è molto sfoltito invece il team manageriale, ridotto all’osso: “Oggi abbiamo una squadra snella ma solida di appena sei dirigenti che abbiamo valorizzato facendo crescere interni con ruoli più ampi e di maggiore responsabilità”, spiega Ghigliani. Tutta la macchina aziendale e industriale è stata completamente reimpostata, dalla semplificazione dei processi decisionali e organizzativi alla ridefinizione dei rapporti con i fornitori, sia in ambito produttivo sia dei servizi, tutti ritoccati al ribasso.
È stata poi ridisegnata la rete dei collegamenti che assicura la diffusione del segnale televisivo ed è stato ridotto a due il numero delle sedi aziendali: quella di via della Pineta Sacchetti con i vertici manageriali e le strutture della rete, mentre in via Novaro ci sono le redazioni giornalistiche e il Tg La7. Per non ricorrere a riduzioni del personale si è deciso di riportare all’interno diverse attività che prima erano affidate a società esterne o centralizzate a livello del Gruppo Telecom, come ad esempio, alcuni servizi di fatturazione e contabilità generale e il servizio di help desk dell’It, ma anche l’ufficio stampa, il servizio di reception e l’organizzazione dei viaggi.
L’incremento della produttività interna a parità di organico ha avuto un impatto positivo sui costi e spiega anche perché, per fare i grandi risparmi, c’è stato un potenziamento delle produzioni realizzate in casa.
La macchina sempre accesa di La7. Tutti conoscono La7 per il valore delle sue firme giornalistiche e per le dirette fiume di Enrico Mentana, ma pochi sanno quale sforzo editoriale e produttivo comporta questa vocazione informativa. “Il legame con l’attualità è il nostro valore ed è frutto sicuramente del lavoro delle nostre firme, le migliori nel panorama televisivo, delle loro redazioni, delle case di produzione. Ma è anche il risultato di un grande sforzo produttivo che comporta un lavoro di squadra, un allineamento costante e veloce tra le decisioni autoriali e quelle operative per modificare il palinsesto o variare i temi del racconto in tempi rapidi”, sottolinea Ghigliani.
Questo fa sì che, non raramente, La7 arrivi per prima sugli avvenimenti, anche sorpassando reti più ricche di mezzi e risorse e la stessa Rai. La7 è stata la prima generalista che ha trasmesso da Parigi cronache sulla strage dei giornalisti di Charlie Hebdo, mentre la Rai relegava la vicenda su Rai News. Lo stesso è successo per l’attacco terrorista al Bataclan e negli altri luoghi parigini, con Mentana in onda che ha dato la notizia in diretta. Per passare ad avvenimenti meno cruenti, La7 è stata l’unica rete, nella notte tra l’1 e il 2 marzo, ad aver dato ampio spazio al risultato del Supermartedì delle primarie Usa, peraltro con risultati di share niente male (5%).
Il ‘presidio della notizia’ ha un impatto anche su palinsesto e sulla macchina produttiva: La7, la più piccola delle sette sorelle generaliste, è la prima per ore di informazione (oltre 1.500 nel corso di quest’anno) e per ore di diretta live in prima serata; è l’unica rete a schierare sette produzioni settimanali in diretta, mentre se la batte con Rai1 nel totale giornata con 11 ore e 18 minuti di diretta quotidiana contro le 12 ore e 11 minuti dell’ammiraglia Rai. E i numeri dicono che, su un palinsesto fatto prevalentemente di produzioni originali, il 72% in volume orario, l’85% è prodotto internamente. Un lavoro cresciuto sensibilmente con la gestione Cairo: nel 2013 le produzioni originali erano meno del 60%.
Il Centro di via Novaro. Una macchina che non si ferma mai, con turni a rotazione dalle 5 di mattina fin quasi a mezzanotte e con un uso intensivo dei due studi: questo è il Centro di produzione di via Novaro. Nel solo studio 1 convivono ben sei programmi: quattro quotidiani – ‘Omnibus’, ‘L’aria che tira’, ’Tagadà’ e ‘Otto e mezzo’ – e i due settimanali ‘Bersaglio mobile’ e ‘Fuori onda’.
Se gli studi interni sono oberati di lavoro, si contano cinque appalti esterni, tutti per programmi di prima serata. ‘Piazzapulita’ è targato Magnolia, ‘DiMartedì’ e ‘Crozza nel paese delle meraviglie’ sono prodotti dalla Itv Movie di Beppe Caschetto, ’La gabbia’ è realizzata da Infront e Colorado produce il talent esordiente ‘Eccezionale veramente’.
Di ristrutturazione non si muore. La rete ha tenuto botta alla cura da cavallo di Cairo e l’andamento degli ultimi mesi la vede persino in leggera ripresa. I dati Auditel dicono che, dal 6 settembre al 23 aprile, il gruppo, e cioè La7 e La7d, col 3,5% di share sulle 24 ore si allinea alla pari dell’omologo periodo della stagione precedente, tutto sommato cavandosela meglio di altre reti generaliste. Ad aprile 2016 La7 con il 3,1% sulle 24 ore si presenta in sostanziale stabilità rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. Il dato è evidentemente trainato dal prime time che, ad aprile, ha toccato il 4,15%. A far la parte del leone gli approfondimenti politici di prima serata, che alla fine sono tutti talk, in barba a chi profetizza il tramonto del genere e agli anatemi di Renzi. Lilli Gruber, elegante colonna dell’access con ‘Otto e mezzo’ (media 5,2%), ha toccato il record stagionale del 6,8% di share. Giovanni Floris, con ‘DiMartedì’, ha rimpiazzato il vuoto lasciato da ‘Servizio pubblico’ di Michele Santoro, vanta nel 2016 un ascolto identico a quello di ‘Ballarò’ (5,5% vs 5,5%) e ad aprile ha toccato il climax (6,8%). Con lo spostamento all’antica casella del lunedì è tornato a crescere Corrado Formigli (3,5% vs il 3,2% del giovedì). Anche Gianluigi Paragone, a dispetto dei suoi denigratori, si sta riavvicinando al 4%. E poi Mentana, che più di tutti è il simbolo di La7 e che, con lo speciale ‘Referendum trivelle’, ha totalizzato il 6,6%, mentre il suo tg, che si era sensibilmente ridimensionato, sembra riprendere il largo, e tocca il 6,2% nella seconda settimana del mese.
La novità Salini. Da gennaio si è insediato come direttore di rete Fabrizio Salini, che oltre alla responsabilità editoriale su tutto il canale, ha il riporto diretto di Gianluca Foschi, recentemente nominato vice direttore che coordina promozione, iniziative speciali, sales & business, e i programmi realizzati da produttori esterni.
In arrivo dal mondo tematico di Fox, Sky e Discovery, Salini affronta ora un percorso generalista ed è molto motivato dal trovarsi in una rete così “dinamica e viva” e dal tornare a occuparsi di prodotto, dopo essere stato, negli ultimi due anni, l’amministratore delegato di Fox Italia.
Quando prende in mano una rete, Salini mostra un forte rispetto della sua tradizione. “Alt a cambiare. La7 è una rete con un’identità forte e riconoscibile e un profilo di pubblico maturo ma alto spendente. Vanno quindi consolidati e rafforzati i nostri asset pregiati che sono gli approfondimenti, i talk di prima serata Gruber e Floris e il telegiornale di Mentana, per poi aggiungere generi e linguaggi adatti all’offerta core della nostra rete ma in grado di portare un pubblico diverso e anche più giovane”.
Salini è soddisfatto dell’esperimento di ‘Eccezionale veramente’, il talent comico con Diego Abatantuono testimonial e giurato. “Il programma non ha la struttura adrenalinica del talent classico, ma lasciando molto spazio al dibattito e al confronto tra i giurati è vicino al mood della rete“, commenta. ‘Eccezionale’ non ha sfondato, ma secondo Salini “il 3,1% di share è onorevole per un prodotto inedito per la rete con cui però abbiamo attratto un pubblico più giovane (oltre il 40% sul target 25-54enni)”. Ci sarà dunque una nuova edizione? “Mancano ancora sei puntate, vedremo”, risponde Salini. “Sicuramente l’intrattenimento nelle varie tipologie è un territorio che continueremo a coltivare”.
La sfida del pomeriggio. La prima mossa di Salini si dirige invece sul pomeriggio, storico anello debole della rete, fascia sulla quale Cairo a novembre ha lanciato ‘Tagadà’, il talk di Tiziana Panella. Alla partenza (1%) sembrava destinato al naufragio come il precedente ma ben più costoso esperimento con Cristina Parodi. Invece ‘Tagadà’ è andato avanti e, nell’ultimo periodo, ha invertito il trend superando stabilmente il 2%, fino a toccare la punta del 2,7%. “Un quotidiano su una fascia così combattuta ha bisogno innanzitutto di continuità per conquistare la fedeltà dello spettatore”, dice Salini. “Averci creduto è una sfida che sta dando riscontri positivi”.