Andrea Marcenaro, Panorama 12/5/2016, 12 maggio 2016
PICCOLA GIORGIA, MA ’NDO VAI? [Intervista ad Alessandra Mussolini] – Voi forse lo sapevate già, ma che la nipote del Duce avesse aperto una pizzeria al taglio, quattro tavolinetti con 12 sediole nel quartiere nomentano, Roma io manco lo immaginavo
PICCOLA GIORGIA, MA ’NDO VAI? [Intervista ad Alessandra Mussolini] – Voi forse lo sapevate già, ma che la nipote del Duce avesse aperto una pizzeria al taglio, quattro tavolinetti con 12 sediole nel quartiere nomentano, Roma io manco lo immaginavo. «Ci vediamo a mezzogiorno in pizzeria da me» mi aveva intimato. Più che obbedire, non si poteva. E magari sapevate anche questa: che il testimonial, vale a dire lo sponsor dell’onorevole Alessandra Mussolini, capolista di Forza Italia nel patto «per Alfio Marchini sindaco di Roma», di cognome fa Trombadori. Come Antonello, vale a dire un signore il quale altri non fu se non uno dei capi più prestigiosi (e comunisti) della Resistenza antifascista romana. Il cui figlio Duccio, ex comunista anche lui, antico giornalista dell’Unità, va ora appunto spalmando parole di miele sulla candidatura della nipotissima: «Il di lei impegno col noto antifascista Marchini» ha spiegato infatti «rappresenta un passo in avanti per tutta l’Italia civile». Che appoggio più imprevisto non si poteva immaginare. E fosse finita qui. Ma no. Dato che l’ex fascistissima Alessandra incrocerà lo spadone elettorale con la tuttora fascisteggiante Giorgia Meloni: alleata con la Lega di Matteo Salvini, ex Forza Italia, poi leader di Fratelli d’Italia, camerata impenitente e candidata incinta, quindi assai titubante sulle prime, mentre ora ha indossato l’elmetto. Per contendere ad Alessandra il nome fascistissimo dei Mussolini, Meloni non ha esitato a proporre una candidatura alla sorella di Alessandra, Rachele. La quale, poveretta, ha perfino accettato. A questo punto, centrodestra diviso e lei in campo contro la vecchia sodale Meloni. Vogliamo fare il riassunto delle puntate precedenti, onorevole Mussolini? Certo, dando un titolo alla serie. Che dovrebbe chiamarsi così: «Più veti che voti». Ok, cominci. La Meloni ha esordito ponendo il veto su se stessa: sono incinta. La propose Silvio Berlusconi? Certo. E lei: «Non se ne parla». Quindi Alfio Marchini. Secondo veto della «stratega». Arriva il momento di Guido Bertolaso. Qui è stata l’onorevole Mussolini a dire no, o sbaglio? Vero. O meglio, nessun veto: ho detto a Berlusconi che a Roma non avrebbe preso un voto, che stava facendo dichiarazioni a capocchia, e che io con lui non mi sarei candidata. Rispunta la Meloni. Che sempre incinta è, ma a quel punto si offre. E dico anch’io: a ‘sto punto, appoggiamo lei. Convinta? Mezza rassegnata. E la Meloni? Certa di avere l’investitura in tasca. Già si capiva che Bertolaso non sarebbe durato. Mentre lei, sotto sotto, insisteva per Marchini. Macché sotto sotto: sopra sopra. Quando sul filo di lana, nell’ultimo giorno utile, quel genio di Berlusconi sale sul predellino romano e spariglia tutto: Marchini. Lo sapeva da prima? Macché: l’ho scoperto da un lancio di agenzia, ero a Strasburgo. E la Meloni? Impazzisce. Rimette il veto e si piglia un marameo. Lì giunti, lei si candida. Con entusiasmo. È la «svolta centrista» della nipote del Duce. Mentre Meloni, nei secoli coerente, s’impiomba a destra salda come una roccia. Una roccia. Diciamo un sassetto. Se l’aspettava? No. Ero convinta che avrebbe fatto un passo indietro. Invece niente: ha messo al primo posto l’orgoglio personale. E l’operazione politica, pur essendo leader di un partitino che da solo non fa un picchio, non l’ha nemmeno guardata. Momento: un partitino più la Lega. A Roma? La Lega? Ma annamo, su. Hanno fatto l’accordo a Milano con Stefano Parisi e qui con Marchini, che è il Parisi di Roma, no? E allora perché c’è il giocattolino della signora Meloni? Perché Salvini s’era messo in testa di fare il leaderaccio del centrodestra? Dia retta a me: questi stanno andando a funghi col bastoncino dei ciechi. Morale: centrodestra diviso e ballottaggio chissà. Insieme, e con Marchini candidato sindaco, ci saremmo andati in carrozza. Divisi, ci andremo con più fatica ma ci andremo lo stesso. Noi. Il «duo Salvoni» se lo scorda. Ce l’ha proprio sullo stomaco, la sua vecchia amica. Ma no. Mi fa solo sorridere quando si atteggia a «pura e dura» dopo aver fatto il ministro messa lì da Berlusconi e da quella che adesso lei, novella eroina, osa chiamare «la corte». Ci stava con tutti i sottogonna, lei, nella «corte». Quando ne parla, usa espressioni così: «Ha tirato fuori le unghiette», «poteva tirarla fuori prima, quella sua vocetta», o «quella lì con gli occhi a palla». Magari è amore. Ecco, magari sì. Cosa teme di più, in questa campagna elettorale? L’appoggio di Gianfranco Fini. S’è rimesso a parlare, vuole rientrare in pista dopo aver distrutto il distruttibile. Lo prego: taccia, si trattenga per un po’, non ci aiuti con eccessivo calore, eviti di andare troppo spesso in televisione per dire che siamo così bravi. E sappia, a ogni buon conto, che tengo un cornone rosso lungo tanto. «Alessandra Mussolini è una delle persone più distanti dalla destra che abbia conosciuto a destra». Viste le sue ultime scelte, sembrerebbe che almeno in questo l’onorevole Meloni ci abbia preso. Le farò una rivelazione: sa di che partito sono? Di Forza Italia. Partito di centrodestra moderato. Mo-de-ra-to. Sono orgogliosa che uno con una storia così diversa dalla mia, come Marchini, abbia voluto me, con il mio cognome, insieme a sé. È bello, bravo, sveglio, alto, leale, simpatico. Desidera qualche altra sviolinata? E ricco. Pure. Adesso Berlusconi s’ingelosisce. Berlusconi è il mio capo. Punto. L’unico. Punto. È bello, bravo, sveglio, alto il giusto, leale, geniale e simpatico. E ancor più ricco del mio capo al Comune. Punto. Mettiamo che Marchini non arriva al ballottaggio: lei chi vota? Marchini ci arriva. Ma se? La sua amica Meloni, non ci arrivasse lei, ha già detto: 5 stelle. E io non dico niente. Parlo dell’oggi. Mi impegno sull’oggi. Quando domani diventerà oggi, deciderò sull’oggi di domani. Adesso faccio campagna elettorale per il mio schieramento come fossi un robot. Stop. Sua sorella Rachele è candidata con Giorgia Meloni. Non parlo dei candidati di altre liste. Ha detto di essere rimasta male per non aver ricevuto nemmeno una telefonata di auguri. Non parlo dei candidati di altre liste. Potrebbe portarle via voti? Non parlo dei candidati di altre liste. Ho capito bene, che non vede l’ora di fare due chiacchiere sui candidati di altre liste? Benissimo. È in confidenza con Marchini? Mi pare di sì. Vi sentite spesso? Spesso. Da parte sua, neppure la più piccola obiezione su una Mussolini capolista? Forza Italia ha la sua autonomia. Che c’entra? Uno, se vuole, obietta eccome. Ho avuto la sensazione gli facesse piacere. La sensazione? Di più. Ha detto una cosa che mi è piaciuta: «In queste elezioni, ciascuno ha messo a disposizione generosità sulle proprie storie politiche, personali e familiari». È la verità. Ha visto la dichiarazione a favore suo e di Marchini di quell’ex comunistone di Duccio Trombadori? Mi ha fatto un piacere enorme. Perché? Vuol dire che ha capito la sfida che stiamo lanciando. Parole grosse. Non era scontata, per me. Su Facebook, i vecchi amici di Trombadori lo stanno linciando. Vuole offrirgli la sua solidarietà, così da dare impulso al linciaggio? L’uomo mi pare scafato. Una parolina della nipote romana del Duce al figlio del capo della Resistenza romana, la prego. Una parola? Ne dico tre: resistere, resistere, resistere.