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 2016  maggio 12 Giovedì calendario

L’ULTIMA FATALE AMNESIA DI GIUSEPPE SALA

L’elenco delle amnesie in cui è inciampato il candidato sindaco Pd di Milano, Giuseppe Sala, riserva sempre nuove sorprese. Ecco l’ultima dimenticanza, quella che potrebbe costargli addirittura la possibilita di correre per Palazzo Marino e la poltrona di consigliere d’amministrazione della Cassa depositi e prestiti, la Cdp, che occupa dallo scorso ottobre: non risulta che siano mai state protocollate le dimissioni di Sala da commissario di Expo2015 spa, una carica che lo renderebbe ineleggibile a sindaco, oltre che incompatibile come consigliere di una società pubblica (la Cdp, appunto).
Su almeno un punto Sala ha certamente mentito. Il 28 ottobre 2015 ha firmato l’«autodichiarazione di compatibilità», necessaria alla nomina in Cdp, affermando che non ricopriva incarichi politici nazionali. Non era vero: era commissario straordinario di governo all’Expo, ancora in piena attività, e questo lo rendeva incompatibile con il nuovo ruolo. Anche se la sua qualifica ufficiale è quella di «Commissario unico», infatti, la funzione raggruppa quelle precedenti di «commissario straordinario» e «commissario generale», e anche prerogative e possibilità di deroga sono le stesse. In seguito, il candidato Pd risulta essersi poi dimesso solo da amministratore delegato della società Expo, atto annunciato il 18 dicembre 2015 e ratificato due mesi dopo, a campagna elettorale già in corso.
Secondo lo staff di Sala, interpellato da Panorama, le dimissioni «inviate al cda di Expo lo hanno fatto automaticamente decadere anche da commissario».
Peccato che le due cariche, in base alla giurisprudenza, non cessino assieme. Perché la volontà di terminare l’incarico commissariale andrebbe comunicata al governo (ma questo non risulta) e dovrebbe comunque seguire un «atto di pari efficacia costituzionale» rispetto a quello d’incarico: poiché Sala è stato nominato da un decreto del presidente del Consiglio, un altro decreto avrebbe dovuto notificare l’accettazione delle dimissioni, nominando contestualmente un nuovo commissario, oppure sopprimere la carica.
Dov’è questo decreto? Panorama non ne ha trovato traccia. Per firmarlo, il premier Matteo Renzi (nel caso, ripetiamo, avesse ricevuto davvero le dimissioni di Sala da commissario) aveva tempo soltanto fino alla data di presentazione delle candidature, l’8 maggio scorso. Qualsiasi mossa successiva, o incompleta, sancirebbe l’ineleggibilità dell’ex numero uno di Expo. E dunque, in base alla legge Severino, la sua automatica incandidabilità.