Luca Dini, vanityfair.it 11/5/2016, 11 maggio 2016
BRAD, ANGELINA, MARION: PERCHE’ IL TRIANGOLO NON LO TROVERETE SU VANITY FAIR
Vado su Google Search, scrivo «Brad Angelina Marion», restringo il campo all’ultima settimana, ed eccoli lì: 500 e passa risultati. «Media Usa: Brad Più itt ha una storia con Marion Cotillard, Angelina Jolie dimagrita per il dispiacere», titola il sito di un blasonato quotidiano. E tutti gli altri dietro. Scrivo tutti e intendo TUTTI: i quotidiani, dai più popolari ai più alternativi (online praticamente tutti, e moltissimi anche nell’edizione cartacea), i siti di tutti i settimanali (e aspettiamo fiduciosi gli articoli in edicola), numerosi mensili, moltissime testate digitali. Non VanityFair.it, non il numero di Vanity Fair in edicola questa settimana, e penserete che dormiamo se è vero che, come scrive il link n. 5 della ricerca, «A Hollywood non si fa altro che parlare del presunto tradimento dell’attore».
Ma faccio una ricerca su Nexis, il più grande archivio stampa al mondo, e mi chiedo se il link n. 5 non volesse invece scrivere che «A BOLLYWOOD non si fa altro che parlare del presunto tradimento dell’attore». Perché, tra i giornali di lingua inglese del pianeta, sembra che a menzionare il triangolo Brad-Marion-Angelinanoressica siano stati solo Hindustan Times e Pakistan Today. Non il Daily Mirror, non il Daily Mail, nessuno dei pur agguerritissimi tabloid britannici sotto gli occhi dei cui implacabili segugi la tresca avrebbe dovuto svolgersi (Brad e Marion stanno girando a Londra Five Seconds of Silence, e Angelina è lì al seguito del marito, e lì tutto sarebbe successo). Nessun giornale americano. Giusto un paio di fogli messicani non esattamente da Pulitzer, tipo il Diario de Yucatan.
Torno a Google Search, e vedo chi c’è in mezzo alla svalangata di prestigiosi link italiani. Primo in lingua inglese a spuntare è HollywoodLife.com, sito diretto da Bonnie Fuller (e su Bonnie Fuller torneremo poi). Quindi entstarz.com, inquisitr.com, celebritylaudry.com, e viadicendo.com, tutta una serie di siti di reputazione giornalistica pari allo Zero Kelvin. Compreso ibtimes.com (International Business Times), un sito internazionale che spero sia più attendibile nelle notizie di business che in quelle di infotainment se gli articoli su Brad e Angelina sono così accurati da citare come fonti di seconda mano gli articoli di gossipcop.com (il “poliziotto del gossip”, una specie di giustiziere del pettegolezzo) che in realtà smentiscono come porcate le “notizie” su Brad e Angelina. Come se io scrivessi «la notizia secondo cui Criceto e Giraffa se la fanno è una totale invenzione» e qualcuno mi citasse così: «Criceto e Giraffa se la fanno». E scendendo giù giù ai siti di lingua non inglese, qualche link in tedesco e francese si trova, ma praticamente tutti a livello spazzatura.
Che cosa, di grazia che cosa, ha permesso ai media italiani di scoperchiare una storia che al resto del mondo giornalisticamente civilizzato è sfuggita? Andiamo alla fonte originale della notizia: «il settimanale Star, secondo il quale sarebbe scoppiata la passione tra Brad e Marion». Siccome Angelina è visibilmente magra, due più due fa quattro. E se una è troppo magra – anche se è cresciuta in una famiglia così devastata che non bastano dieci vite a curarsi, anche se Brad Pitt le ha dato forse il primo barlume di normalità – che cosa c’è di più facile se non incolpare Brad Pitt?
Notare il «secondo», notare il «sarebbe». La prestigiosa stampa italiana si lava la coscienza così: non l’abbiamo mica detto noi, abbiamo solo riportato, e preso un centimetro di distanza. Peccato che il «sarebbe» del prestigioso quotidiano vale come un presente indicativo «è». Provate a chiedere in giro di Brad e Angelina. Vi diranno: «Peccato che si siano lasciati, erano una così bella coppia». Anche mia madre me l’ha detto: «La fai la copertina sul divorzio?». E chi insinua dubbi sulla veridicità della notizia si sentirà rispondere: «Ma come, l’hanno scritto SUL GIORNALE». La Tv del pomeriggio ci organizzerà attorno dibattiti, e per tutti Brad Pitt resterà quello che ha fatto morire di fame la moglie, e se torneranno insieme sarà solo perché lui è tornato all’ovile e lei l’ha perdonato.
Ma facendo finta di essere giovanissimi cronisti del Manuale delle Giovani Marmotte, facendo finta di voler andare alla fonte come esploratori in erba, questa notizia è o non è attendibile? Piccoli lettori, lasciate che vi spieghi che cos’è il settimanale Star.
Quando ancora in America esistevano le edicole con i quotidiani cartacei, quando ancora i quotidiani cartacei arrivavano infilati ogni mattina nella buca delle lettere, per i settimanali come Star esisteva un termine: supermarket tabloid. Il settimanale che non ti arrivava a casa, che compravi il sabato quando andavi a fare la spesa, che era stampato a colori sulla carta igienica. E da cui non ti aspettavi nessuna attendibilità, perché dentro c’era «il mio cane è stato rapito dagli alieni», oppure «tocca questo bollino blu e guarirai dal cancro», che neanche il Giornale dei Misteri.
Ma a un certo punto verso il Duemila, qualcosa è cambiato. Gli americani dell’America profonda si sono stufati di far finta di credere al bollino blu, e di sfogliare carta igienica. Hanno cominciato a pretendere carta migliore, foto belle, abiti da tappeto rosso, storie di divi e dive. I supermercati si sono riempiti di settimanali specializzati in celebrity gossip più o meno attendibile. Al top dell’attendibilità c’era People, che però più che fare gossip pubblica notizie vidimate dagli addetti stampa delle celebrity. Subito sotto, Us Weekly, rilanciato nella sua versione patinata dalla Bonnie Fuller di cui sopra, già direttrice di Marie Claire, Cosmopolitan e Glamour, e in seguito passata al gruppo American Media dove ha rilanciato appunto lo Star del triangolo Brad-Angelina-Marion, di cui è ancora consulente.
Ora, come mai la stampa di qualità americana e tutti i siti di qualche valore hanno ignorato la “notizia” di Star, il giornale “figlio” di un’ex prestigiosa direttrice famosa per avere inventato con Us Weekly il segmento dei celebrity glossies (glossy è “patinato”)? Presto detto: perché Star è una conclamata fabbrica di bufale.
Maureen O’Connor ha pubblicato anni fa su Gawker l’illuminante “Tabloid Reality Index”. Ovvero, ha monitorato per venti mesi cinque ben precisi tipi di scoop da copertina – annunci di matrimoni, di rotture, di riconciliazioni, di gravidanze, di adozioni – su cinque diversi glossies, e ha calcolato quante volte lo scoop si era rivelato veritiero. Ebbene, Star aveva “detto la verità” 9 volte su 100, neppure un quarto dell’“indice di affidabilità” di Us Weekly, e facendo anche peggio dei pessimi Life & Style e In Touch.
Voi capirete che a Hollywood, dove gli umani si sposano e si lasciano e figliano a velocità tripla, il 9% di probabilità di azzeccarci lo raggiungi semplicemente prendendo un nome a caso e attribuendogli un’attività a caso. E questo è infatti ciò che ormai fanno, purtroppo, i peggiori celebrity glossies. Lo stesso Star, per dire, aveva attribuito a Brad Pitt due mesi prima una storia con Selena Gomez. La reputazione giornalistica di Bonnie Fuller non è certo quella di un tempo: il settimanale Star e il sito HollywoodLife.com vengono regolarmente spernacchiati per le loro bufale, ma chi se ne importa. «I lettori ti comprano solo sulla base di quello che riesci a mettere in copertina», dice l’ex direttrice di Star Candace Trunzo. E se non ce l’hai, lo inventi.
Ecco perché non avete letto la “notizia” di Brad, Angelina e Marion su VanityFair.it, ecco perché non la troverete nel nuovo numero di Vanity Fair. Non perché io abbia la certezza che sia falsa. Potrebbe anche essere vera: a scommettere un mese sì e l’altro pure sul divorzio di un divo di Hollywood, la probabilità di azzeccarci nel giro di un paio di anni è piuttosto elevata. Ma, volendosi basare sulle statistiche, sarebbe molto più sensato scommettere sulla bufala che sulla veridicità.
Tutto questo non credo di saperlo solo io. E soprattutto, non credo di sapere solo io che la verifica dell’attendibilità della fonte è una parte fondamentale del lavoro del giornalista. Perché se bastassero un «secondo» e un «sarebbe» a salvarci la faccia, potremmo pubblicare impunemente il primo delirio del primo pazzo che incrociamo per strada.
Potreste obiettare che le vicende matrimoniali di Brad e Angelina non cambiano la vita a nessuno, e io – benché le ritenga più appassionanti delle esternazioni di D’Alema – potrei dirvi che avete ragione. Il punto è un altro, è il patto tra giornalista e lettore, è il rapporto di fiducia che, se viene meno su Pitt, viene meno anche sul Ttip (ebbene sì, è «Pitt» letto al contrario*). Che io ti chieda «Qual è il Pil di Andorra?» o «Tizio sta con Caia?», mi aspetto in entrambi i casi che tu mi dica la verità.