Roberto Rotunno, il Fatto Quotidiano 24/4/2016, 24 aprile 2016
ALTRO CHE ELISABETTA, BHUMIBOL RE DEI RECORD
Se qualcuno, alla fine degli anni quaranta, ai tempi dell’università in Svizzera, gli avesse mai chiesto il motivo della scelta di iscriversi a Scienze politiche, la risposta possibile sarebbe stata solo una: “Sto per diventare il re della Thailandia”.
Bhumibol Adulyadej nato nel sobborgo bostoniano di Cambridge 88 anni fa, era un predestinato: aveva solo 18 anni nel 1946, quando suo fratello, sovrano del Paese asiatico da poco eletto dall’Assemblea nazionale, fu trovato assassinato. Subito dopo quella morte misteriosa, l’ascesa al trono fu automatica, ma il giovane Bhumibol ritenne opportuno tornare in Europa per studiare da monarca. Lasciò per qualche anno lo Stato in mano ad alcuni reggenti, certo di poter tornare pronto a guidare i suoi sudditi. Quello che è venuto dopo, probabilmente, non lo aveva immaginato nemmeno lui. Bhumibol Adulyadej è attualmente il re più longevo al mondo: il ventesimo della storia. Il prossimo dicembre si festeggeranno i 66 anni al trono (l’incoronazione ufficiale è avvenuta nel 1950): un record che gli permette di tenere distante la regina Elisabetta II, ascesa tre anni dopo Adulyadej. La forbice si fa più larga se si considera che il 9 giugno, ricorreranno i 70 anni dalla morte del fratello, l’episodio che determinò di fatto la successione.
Un primato che negli ultimi tempi è detenuto non senza fatica: da più di 10 anni, il re è vittima di cattive condizioni di salute, tali da costringerlo ad apparire in pubblico ormai solo in rare occasioni. Praticamente, la frequenza delle sue uscite è di una all’anno e generalmente coincide con l’appuntamento fisso per l’anniversario dell’incoronazione. Ciononostante, la sua presenza è considerata un grande fattore di stabilità per il Paese.
In questi settant’anni, la Thailandia ha dovuto affrontare quindici colpi di Stato; l’ultimo è avvenuto il 22 maggio di due anni fa. Alcuni sostenuti da Adulyadej, altri invece avversati. Ed è proprio per questo che a questo monarca viene riconosciuto un ruolo fondamentale nella transizione del Paese verso la democrazia, avvenuta all’inizio dei primi anni novanta, quando l’intervento della corona condusse i leader del golpe militare a lasciare il governo del paese in favore del Partito democratico.
A parte questo episodio, però, Adulyadej non è certo considerato un esempio di rispetto dei diritti civili. E i suoi tentativi di mostrarsi tollerante verso il dissenso interno sono stati avvertiti come azioni di facciata. Nel 2005, infatti, ha invitato i suoi sudditi a non temere di esprimere critiche verso il suo operato. I fatti però hanno dimostrato il contrario e molti dissidenti sono stati perseguiti.
La legge sulla lesa maestà in Thailandia resta infatti particolarmente severa, fattore che ha reso il monarca inviso in campo internazionale. E l’ultimo episodio, tanto grave quanto curioso, conferma che il cammino per le libertà costituzionali per Bangkok è ancora lungo. Un 27enne è finito sotto processo e rischia diversi anni di carcere per aver preso in giro il cane del re: un meticcio trovato in strada e adottato, amato dal re a tal punto da renderlo protagonista di un libro pubblicato nel 2002 e di un cartone animato uscito pochi mesi fa. Quel cane ora è morto e Bhumibol Adulyadej è rimasto privo di quello che lui stesso considerava un emblema del suo lungo regno.
La fine di questa vita sembra in effetti preannunciare il lento crepuscolo del monarca. Lo sanno anche gli stessi thailandesi, che da qualche anno hanno intensificato la diffusione di statue raffiguranti il principe Vajiralongkorn, figlio del re ed erede al trono.
di Roberto Rotunno, il Fatto Quotidiano 24/4/2016