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 2016  aprile 24 Domenica calendario

PIÙ INVESTIMENTI CHE RICERCA: L’IIT HA 500 MILIONI DI TROPPO

Ben 150 milioni l’anno per dieci anni. È la promessa del premier Matteo Renzi per lo Human Technopole (HT), centro di ricerca che sorgerà nell’area Expo di Milano. Il progetto, al vaglio del ministero della Ricerca, divide il mondo scientifico. Molti lamentano l’assenza di trasparenza nella scelta dei progetti da finanziare e università da coinvolgere, oltre alla decisione della Presidenza del Consiglio di affidare per decreto l’intera impresa all’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT). “Mentre la ricerca agonizza spunta HT,” e Renzi “ne ha affidato alla cieca la gestione all’IIT”, ha scritto a febbraio Elena Cattaneo, scienziato e senatore a vita, su Repubblica. Al Fatto Roberto Cingolani, direttore scientifico di IIT da undici anni, replica che “il programma scientifico (di HT) è responsabilità e proprietà intellettuale dell’istituto”, che garantirà scelte trasparenti secondo standard internazionali. D’accordo con lui Massimo Inguscio, neo presidente del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr), che parteciperà all’avventura del Technopole. IIT “è una realtà che esiste, che usa i soldi. Vediamo se li possiamo usare anche noi così”, ha dichiarato.

IIT di soldi pubblici ne ha più di quanti ne riesca a spendere. E non deve restituirli, come avviene di solito per i fondi alla ricerca inutilizzati. È nato con l’obiettivo di stimolare l’innovazione tecnologica nazionale. Fondato nel 2003 dall’ex ministro del Tesoro Giulio Tremonti, è un soggetto di diritto privato finanziato dal pubblico. La legge che lo ha istituito prevede l’erogazione di circa un miliardo a scadere nel 2014. A cui si sono aggiunti i 129 milioni dell’ex Fondazione Iri, ceduti a IIT nel 2008. Gli investimenti dell’industria, invece, non superano i 10 milioni, nonostante il Comitato che dirige IIT sia per lo più composto da manager e imprenditori.

IIT non pubblica i bilanci sul sito web, ma il Fatto ha ottenuto quelli dal 2010-2014. A fine 2014 c’erano circa 540 milioni in conti bancari e investimenti: 415 come disponibilità liquida dell’istituto in conti infruttiferi presso Banca d’Italia, 15 in conti del Banco di Desio, 22 milioni in Banca di Sondrio, quasi un milione in Carige, 44 mila euro in Unicredit. Circa 89 milioni in buoni del Tesoro: una cifra, quest’ultima, di poco inferiore al fondo erogato dallo Stato per tutta la ricerca pubblica d’interesse nazionale (il Prin: 92 milioni in tutto per 2016-2019).

IIT ha dichiarato a Repubblica a marzo che “ad oggi le banche di riferimento sono il Banco di Desio e Carispezia” e che “il patrimonio è investito esclusivamente su titoli del debito pubblico italiano”. Nel 2010 però 30 milioni risultavano in un titolo di Stato francese (Oat), 5 in una polizza di capitalizzazione di Zurich e 1,5 in obbligazioni non quotate di Lehman Brothers (che, stando ai bilanci, IIT ha recuperato dopo il fallimento del gruppo). Nel 2009, altri 36 milioni investiti in obbligazioni Mediobanca, Deutsche Bank e Credit Suisse; 6 milioni in una polizza Ina. Investimenti che provenivano dal patrimonio di Iri. Nessun titolo di debito pubblico italiano tra 2009 e 2010.

Negli anni 2010-2014 cambiano importi, banche e investimenti. Nel 2010, la liquidità è di 443 milioni, di questi 320 sono in due conti presso la Banca d’Italia. Uno, da 310 milioni, aperto nel 2010, dove sono stati trasferiti i contributi precedentemente erogati a IIT. “Il patrimonio iniziale è confluito in un conto infruttifero della Tesoreria dello Stato – si legge – in parte successivamente accreditato, a seconda delle esigenze della Fondazione, in conti ordinari in cui affluiscono anche i contributi annuali.”

Nel 2011, oltre a Oat, Lehman e Zurich, ci sono 106 milioni in buoni del Tesoro italiani e 19 milioni in Bund tedeschi. Dal 2012 in poi, IIT investe solo in titoli di Stato italiani. Anche dal 2010 al 2014, gli anni in cui IIT inizia a funzionare a pieno regime (passando da 589 a 1.400 dipendenti), i conti crescono. Quelli della Tesoreria dello Stato da 387 milioni nel 2012 a 415 nel 2014. Gli altri, da 21 milioni nel 2012 ai 38 del 2014.

Oltre ai bilanci, l’istituto non pubblica gli stipendi per le figure apicali, i costi dei vari organi di dirigenza e controllo della Fondazione, o i contratti del personale assunto. IIT è una fondazione di diritto privato — dice al Fatto l’ufficio stampa — per legge non è tenuto, “ma la sezione Financial Highlights del sito e bilancio coincidono”. In realtà mancano molti dati, come i nomi delle banche dove IIT ha i conti, o l’inventario degli investimenti. Stando alla Corte dei Conti, IIT è un organismo di diritto pubblico a tutti gli effetti — proprio a fronte del fondo di cui gode. Non è chiaro perché non sia soggetto alla legge sulla trasparenza che vale per gli enti pubblici.

Resta da chiarire se il ruolo che alcuni membri del Consiglio direttivo di IIT hanno nei Cda di banche e gruppi finanziari influisca sulle scelte dell’Istituto. Nonostante gli investimenti dell’industria in IIT siano dell’1% del fondo pubblico, il Consiglio è composto principalmente da star dell’industria e della finanza. Come Vittorio Grilli, ex Ministro delle Finanze, ex Direttore Generale del Tesoro ed ex dirigente di Credit Suisse. Fulvio Conti, ex DG di Enel, stando a indiscrezioni giornalistiche è entrato di recente in Prelios (immobiliare controllata di Pirelli, Unicredit e San Paolo, con interessi nel dopo Expo). Giulio Ballio, ex rettore del Politecnico di Milano, anche lui in Prelios. Vittorio Terzi di McKinsey, ex di Citibank e nel Cda dell’Università del Salento, che ospita un laboratorio IIT. Giuseppe Vita (membro onorario del Consiglio IIT) è presidente di Unicredit, ex presidente del Cda di Deutsche Bank — gruppo che distribuisce i prodotti finanziari di Zurich. Vita è anche ex consigliere dei centri di ricerca Humanitas e Ieo, già parte di Human Tecnhopole. Lucrezia Reichlin e Elena Zambon, nel Cda di Unicredit, Pietro Guidani (Presidente di Vodafone Italia, ex di Citibank). Giuseppe Recchi (presidente di Telecom Italia, ex presidente di Eni); Gianfelice Rocca (membro onorario di Consiglio IIT, presidente di Assolombarda e dell’istituto Humanitas). Il presidente di IIT, succeduto all’ex ministro Vittorio Grilli, è Gabriele Galateri, presidente di Generali. Grilli, oggi banchiere, è stato presidente di IIT dal 2005 al 2011 e siede ancora nel consiglio di IIT.

Secondo IIT, i ruoli dei membri del Consiglio non c’entrano con le scelte finanziare dell’Istituto: “Le banche sono selezionate ogni tre anni da un comitato esterno”, ha dichiarato a Repubblica. E tutte le operazioni, dice, sono sottoposte al vaglio di un consulente di risk management e da quattro esperti di Banca d’Italia, ministero dell’Economia, Università di Genova e dell’Ordine dei commercialisti. Resta il fatto che molti ruoli si incrociano con le scelte finanziarie di IIT. Scelte il cui effetto positivo sull’innovazione, obiettivo di IIT, è tutt’altro che evidente.
di Laura Margottini, il Fatto Quotidiano 24/4/2016