Umberto Bottazzini, Domenicale – Il Sole 24 Ore 24/4/2016, 24 aprile 2016
L’ALFABETO DELLA MATEMATICA
Joseph Mazur ricostruisce dall’antica Babilionia le tappe fondamentali della storia dei segni. Come il famoso ?
«Symbolos da alas ad mente de omo» scriveva il matematico italiano Giuseppe Peano all’inizio del secolo scorso in latino sine flexione, la lingua di sua creazione che egli confidava potesse venir adottata dalla comunità scientifica come lingua internazionale. La sua fiducia doveva andare delusa, e l’uso di quella stravagante lingua artificiale non uscì dalla ristretta cerchia dei seguaci della sua «scuola». Peano non si sbagliava invece quando diceva che i simboli danno ali alla mente umana, e aggiungeva che «omni progressu de Mathematica responde ad introductione de signos ideographico vel symbolos».
Ne dà conferma il libro di Joseph Mazur, un matematico di formazione dotato di una buona penna e sicure qualità di divulgatore, che racconta la storia dei simboli matematici dalla più remota antichità fino all’invenzione del calcolo infinitesimale per mano di Leibniz e Newton alla fine del Seicento. La parola «simbolo», spiega Mazur, viene dal greco e significa segno, o segno di identificazione. Ma, a suo dire, a un livello più profondo quella parola «suggerisce che si crei qualcosa di nuovo» accostando qualcosa di familiare con qualcosa che non lo è. O ancora, azzardando una definizione, un simbolo è «precisamente questo: significato emergente dall’incontro di pensieri consci e pensieri inconsci» qualunque cosa ciò voglia dire. Ma i simboli matematici, si chiede Mazur, «possono davvero fare una cosa del genere?». Prima di rispondere è opportuno fare la distinzione tra «simboli» e «notazioni», dice Mazur. Queste ultime sono solo un modo abbreviato per esprimere dei termini, mentre i simboli a suo parere sono qualcosa di più e di diverso dalla semplici notazioni, sono «notazioni con un portato di pensieri inconsci». Certo, i simboli matematici sono assai diversi dai simboli della musica o dai simboli letterari di scrittori o poeti, e tuttavia, a suo dire, molti simboli matematici «tendono comunque a evocare e a mettere a fuoco percezioni subliminali o connessioni nascoste» e possono anche «trasferire contenuti metaforici» né più né meno della parola scritta.
Naturalmente occorre una mente esercitata da una lunga esperienza matematica perché la lettura di una espressione algebrica susciti «un numero incredibile di connessioni nel breve volgere di pochi impulsi nervosi». Per cercare di convincere il lettore Mazur prende ad esempio un simbolo familiare come ? che esprime il rapporto tra la circonferenza e il diametro. Tutti ne conoscono le prime cifre, e magari sanno che da qualche anno il 14 marzo è diventata la festa di ?, perché le date in inglese si scrivono facendo precedere il mese al giorno e dunque marzo, 14 ossia 3,14. Ma per la mente di un matematico ? «rappresenta la traduzione sensibile di pensieri che possono risvegliare molteplici significati attraverso associazioni diverse» legate alla comparsa di quel simbolo nei contesti più diversi. Raccontare la storia dei simboli matematici e «il potere dei numeri da Babilonia a Leibniz», come promette il sottotitolo di questo libro, significa ripercorrere alcune tappe fondamentali nella storia della matematica. Così, nella prima parte del libro Mazur descrive i diversi sistemi numerici e i relativi simboli dai babilonesi alle cifre arabe introdotte in Europa nel Medio Evo, mentre nella seconda, dedicata all’algebra, «ritorna al passato», agli Elementi di Euclide e all’Aritmetica di Diofanto, per poi diffondersi sull’opera degli algebristi italiani del Rinascimento fino ad arrivare alla creazione del calcolo infinitesimale.
Quando ci si cimenta in un’impresa come quella di Mazur in questo libro, la storia non è un orpello aggiunto per rendere la pagina più scorrevole e accattivante per un lettore non specialista che si arresta se incontra troppe formule. Al contrario è parte integrante del racconto e l’accuratezza storica è un requisito essenziale. Purtroppo da questo punto di vista il libro di Mazur è spesso deludente. Non mancano ricostruzioni fantasiose non supportate da alcuna evidenza storica, dubbie attribuzioni e grossolani errori. Egli sostiene per esempio che il primo trattato di algebra dato alle stampe è un (inesistente) trattato Alghebra e Almucabala (1478) di Luca Pacioli, forse confondendola con la cosiddetta Aritmetica di Treviso pubblicata nello stesso anno e attribuisce al matematico bolognese del Cinquecento Scipione del Ferro, di cui non ci è rimasta alcuna pagina e solo qualche testimonianza indiretta, un disinvolto uso dei numeri immaginari che saranno introdotti in algebra solo molti decenni più tardi.
A proposito di numeri immaginari, colpisce leggere in un libro dedicato alla storia dei simboli che il simbolo i per l’unità immaginaria dopo esser stato introdotto nel Settecento da Eulero riappare solo in Gauss nel 1867, mentre invece già nelle sue celebri Disquisitiones arithmeticae (1801) Gauss afferma di scrivere «brevitatis causa, i per la quantità immaginaria ? -1». In matematica «si può far tutto senza simboli» afferma Mazur. «Non ho alcun dubbio che grandi matematici come Newton e Leibniz avrebbero potuto fare una matematica straordinaria anche in un mondo privo di simboli». Ma certo, aggiunge a ragione, in un tale mondo il loro lavoro sarebbe avanzato in un modo «lento e farraginoso, e avrebbe probabilmente incontrato ostacoli quasi insormontabili».
Dunque, non solo i simboli hanno avuto un ruolo essenziale nello sviluppo della matematica. «Talvolta un cambiamento di notazione apparentemente modesto può suggerire un cambiamento di prospettiva ben più radicale. Qualunque nuova notazione può far sorgere nuove domande», scrive Barry Mazur, uno dei grandi matematici del nostro tempo, i cui contributi fondamentali in geometria e teoria dei numeri gli sono valsi prestigiosi premi dall’American Mathematical Society. E al fratello Barry (e non Berry, come sembra suggerire un irresistibile refuso nella dedica!) dal quale dichiara di aver imparato tutto Joseph Mazur dedica questo libro.
Umberto Bottazzini, Domenicale – Il Sole 24 Ore 24/4/2016
Joseph Mazur, Storia dei simboli matematici. Il potere dei numeri da Babilonia a Leibniz , Il Saggiatore, Milano, pagg. 388 € 26