Alessio Lana, Il Sole 24 Ore 24/4/2016, 24 aprile 2016
I BOT SONO LE NUOVE APP. I BRAND ENTRANO NELLE CHAT
Il governo non c’entra nulla. I bot di oggi non sono buoni del tesoro ma robottini che stanno conquistando silenziosamente i nostri dispositivi. Forma abbreviata di chatbot, sono dei software in grado di riconoscere ciò che gli stiamo chiedendo e rispondere in modo sensato. Sono diversi dagli assistenti vocali perché svolgono la loro mansione solo attraverso il testo scritto ma soprattutto perché si annidano all’interno delle chat. I più noti al momento sono quelli di Telegram. L’app di messaggistica istantanea salita alla ribalta delle cronache per aver introdotto per prima la cifratura punto-punto, ha sviluppato nel tempo tutta una serie di questi aiutanti testuali. Basta indicare la nostra posizione a Cinemasbot per conoscere le sale nelle vicinanze, Musei Italiani fa la stessa cosa con mostre e edifici culturali, Grocerylist ci aiuta a gestire la lista della spesa. Per gli ansiosi degli acquisti online invece c’è TrackBot: basta inserire il numero di tracking del pacco che si sta per ricevere e lui ci aggiornerà di ogni passo compiuto dalla spedizione. Per usarli dobbiamo aggiungerli alla lista dei contatti proprio come fossero persone in carne e ossa e volendo possono partecipare anche alle chat di gruppo. Il lato informatico e se vogliamo arcaico dei bot emerge invece dall’interazione. Per parlargli dobbiamo usare stringhe di caratteri che fanno molto informatica d’antan, generalmente costituite da una slash seguita da un comando come per esempio “/traccia” per tracciare un pacco in TrackBot o “/sendcinema” per vedere le sale in CinemasBot. Fin qui però siamo ancora nel presente ma in un futuro molto vicino i Bot faranno molto di più, saranno il ponte tra noi e i marchi, tra il consumatore e il produttore. È questa l’idea di Mark Zuckerberg ed è grazie a lui se dopo anni i programmini parlanti sono ritornati in auge. Dietro ai bot si sta giocando una partita fondamentale che potrebbe valere 4 miliardi di dollari. Con il loro aiuto infatti il social vuole far crescere i 900 milioni di utenti di Messenger e il miliardo di account di Whatsapp tanto da raggiungere (se non superare) il rivale cinese WeChat e i suoi 1,1 miliardi di persone. Oggi si è scoperto che i bot possono diventare un veicolo di informazioni pubblicitarie, possono diffondere sconti e promozioni e far incassare denaro. Ma c’è anche un altro aspetto: i bot annullano le app. “Nessuno vuole istallare una nuova app per ogni servizio”, ha detto Zuckerberg alla F8 developer conference della scorsa settimana. Per chiedere informazioni sul meteo, fare il check dell’aereo e trovare un ristorante non serve più cliccare su un’app, aprirla e digitare, basta una stringa di ricerca. Quel “/sendcinema” di cui sopra insomma potrebbe aprire un mondo: non solo limitarsi a trovare le sale ma anche gli orari, i film e magari inserire determinate offerte sulle proiezioni pomeridiane. Zuckerberg ha poi lanciato la bomba. Il suo “Stiamo lavorando alla comunicazione aziendale” rende chiaro il gioco: anche i servizi clienti saranno svolti da bot e i brand stessi potrebbero inserirsi nella conversazione degli utenti. Anziché avere degli addetti alle chat i vari marchi possono far eseguire il lavoro sporco ai robottini testuali. Non a caso Facebook conta già una trentina di partner, da Bank of America a Burger King passando per Staples. Già ora possiamo provare su Messenger il bot di CNN che invia notizie via messaggi e risponde in diretta a chi chiede aggiornamenti mentre il fioraio 1-800-Flowers recapita fiori direttamente dalla chat. In Skype invece troviamo Murphy che aiuta a cercare immagini online mentre Summarize sintetizza le pagine web per chi ha poco tempo per leggerle. Certo, qui siamo solo ai primi passi e, come per gli assistenti vocali, la partita è tutta sulla semantica. Non è un caso se i colossi hi-tech stanno concentrando molte risorse in intelligenze artificiali in grado di capire il linguaggio naturale, un’arma che ci permetterà di andare oltre quelle poche lettere dopo la slash. Dopotutto anche Turing teorizzava i bot nel suo famoso test: quando non ci accorgeremo più della loro essenza artificiale significa che sarà giunta la singolarità, la fusione dell’uomo con la macchina. Ma di tempo sembra essercene ancora parecchio.
Alessio Lana, Il Sole 24 Ore 24/4/2016