P. NEG., La Stampa 24/4/2016, 24 aprile 2016
PRINCE, A CHI ANDRANNO I 200 MILIONI DELL’EREDITÀ?
In attesa di indicazioni certe dall’autopsia (ci vorranno settimane, i primi rilievi escludono il suicidio), le domande suscitate dalla morte improvvisa di Prince, giovedì scorso nella sua casa-studio alla periferia di Minneapolis, ora riguardano più il futuro che la cronaca.
A chi andrà la sua eredità – si chiedono i media Usa –, stimata in 200 milioni di dollari (e 20 mila canzoni)? Prince è morto senza mogli né figli e allora anche il comunicato dei Testimoni di Geova uscito ieri è sembrato un appiglio sufficiente per ipotizzare che il patrimonio, almeno in parte, possa andare al movimento religioso millenaristico.
«Siamo rattristati dalla notizia della morte di Prince Rogers Nelson, che era stato battezzato Testimone di Geova nel 2003. Come Testimone ha trovato piena realizzazione nel condividere la Fede con gli altri – scrive la Chiesa –. Non abbiano dettagli sulle sue condizioni mediche né sulle cause della morte. I nostri pensieri vanno alla sua famiglia, in particolare ai membri della comunità di Saint Louis Park in Minnesota». Il comunicato chiude citando l’Apocalisse: «Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi, e non ci sarà più la morte né cordoglio né grido né fatica, perché le cose di prima sono passate».
Prince, che crebbe in una famiglia di Avventisti del Settimo Giorno, sarebbe entrato in contatto con i Testimoni attraverso Larry Graham, già bassista di Sly and the Family Stone, che suonò con lui prima e dopo il 2000. Che Prince fosse un Testimone si seppe per certo nel 2003, guarda caso ora indicato come l’anno della conversione, quando una famiglia di religione ebraica di Eden Prairie, Minnesota, raccontò di avere ricevuto una sua visita. Prince suonò alla porta alle 2 del pomeriggio, accompagnato da Graham e con una Bibbia tra le mani, e cominciò a parlare della sua fede. «Rimase per 25 minuti – disse la signora Rochelle – e non se ne andò senza lasciarmi una rivista dei Testimoni di Geova».
P. NEG., La Stampa 24/4/2016