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 2016  aprile 24 Domenica calendario

ARS ET LABOR, LA SERIE B RIABBRACCIA LA SPAL

Almeno una volta ce lo siamo chiesto tutti, noi che facevamo le figurine: «Ma dove cavolo gioca ’sta Spal?». Bisognava andare a cercare sotto, nella didascalia, in piccolo: Ferrara. Dal 1982 lo stadio si chiama Paolo Mazza, dal nome del Presidentissimo che la tenne in A per 16 gloriose stagioni fra il ’51 e il ’68. Lì, a otto minuti a piedi dal castello Estense, ieri alle sette della sera è stata festa grande sotto la pioggia: 1-1 con l’Arezzo e promozione in serie B, a 23 anni dall’ultima frequentazione, dopo mille traversie fra le quali un paio di fallimenti (2005, 2012), un’oscura vicenda col fotovoltaico (doveva essere la prima squadra al mondo a finanziarsi con i pannelli solari, i soldi son finiti chissà dove) e una fusione decisiva, con la Giacomense, nel 2013.
È allora che la Società Polisportiva Ars et Labor è risorta per davvero: nuova proprietà (famiglia Colombarini, vetroresina), bilancio annuale da 3,75 milioni vivaio incluso, giocatori azzeccati come Gianmarco Zigoni (figlio di Gianfranco, 11 gol), allenatore ambizioso (Leonardo Semplici). Risultato: due stagioni per assestarsi poi la galoppata vincente di quest’anno, 68 punti in 32 partite. «Sembra di esser tornati indietro nel tempo — dice il presidente Walter Mattioli —. Siamo in B ma il sogno è la A. Vogliamo riportare i ragazzini allo stadio, anche se qui il tifo è sempre stato speciale». Parola di Daria Bignardi. «Da noi non si dice “vado alla partita” ma “vado alla Spal” — sorride la direttrice di Rai3, ferrarese —. Papà che esce dal Mazza è uno dei mei ricordi d’infanzia più intimi». Tanto che l’ha messo anche nel suo primo libro, «Non vi lascerò orfani».
Max Allegri, in panca nel 2004/05, è arrivato a scrivere sul Resto del Carlino una lettera l’amore: «Festeggiare entrambi sarà il coronamento di un anno speciale». «No, quello non è un posto normale, ho girato ovunque ma città e squadra sono magiche: sono felice come se avessi vinto io» brinda Edy Reja, oggi allenatore dell’Atalanta, medianaccio dal ’61 al ’68. Un giorno ha raccontato che, ai tempi, lui e Capello vivevano in una stanzetta sopra la sede, in casa di due zitelle: «La sera guardavamo la tv insieme, tutti e quattro, Amelia aveva un debole per Fabio, Teresa per me. Fabio studiava da geometra, io da disegnatore». Sembra una scena de Il Giardino dei Finzi Contini. A proposito: chi lo scrisse, Giorgio Bassani, era figlio di Angelo Enrico, presidente degli anni Venti. Bentornata Spal, il calcio color nostalgia.