26 aprile 2016
IL PAPA CHE SPIEGA GESÙ CON L’IPHONE
«Mettetevi sempre dove c’è campo...» consiglia l’anziano signore vestito di bianco, sollevando un iPhone (in modalità aereo). «Mi capita di dover telefonare a degli amici, però succede che non riesco a mettermi in contatto perché non c’è campo. Sono certo che capita anche a voi che il cellulare in alcuni posti non prenda...», confessa sorridendo.
Non è una pubblicità televisiva: troppo fantasiosa. È l’ultima trovata di papa Francesco, ieri sera allo stadio Olimpico, in un messaggio agli adolescenti venuti a Roma per il Giubileo dei giovani. «Se non c’è Gesù, non c’è campo. Non si riesce a parlare e ci si rinchiude in se stessi. Mettiamoci sempre dove si prende..!», conclude soddisfatto. Una parabola telefonica. Perché no? Siamo nel XXI secolo.
O è scaltro o è sincero, questo Papa: non ci sono vie di mezzo. Ma l’obiettivo della telecamera, anche quando s’avvicina alla virtù, resta implacabile. Jorge Bergoglio è quello che sembra: un argentino empatico e vitale, che non vuole buttare niente del suo passaggio nel mondo.
L’insegnante gesuita sa che, per arrivare al cuore, bisogna schiudere, con metodo, le porte della mente. Se gli adolescenti, oggi, dipendono dallo smartphone, perché demonizzarlo? Meglio farselo alleato, con una metafora («Non c’è campo») o con un selfie. Ieri, tra gli altri, il rapper salernitano Rocco Hunt, che non avrà avuto bisogno di cantargli «Wake up guagliù!». Papa Francesco sembra già sveglio.
Circa settantamila ragazzi sono arrivati a Roma, dall’Italia e dal mondo, per i tre giorni dell’Anno Santo dedicati a loro. Nella maggior parte vengono accompagnati dai parroci e ospitati nelle parrocchie della città. I ragazzi rivedranno il Papa stamattina — in carne, ossa e senza cellulare — alla messa in Piazza San Pietro. Alcuni, ieri, sono stati confessati personalmente da Francesco, davanti al colonnato del Bernini. Un nonno su una seggiola. Non una rockstar come Giovanni Paolo II, che pure aveva molti ammiratori.
Ieri Papa Francesco ha invitati i ragazzi a «vivere con gioia questo momento», riconoscendone l’importanza e la bellezza. Perché la gioia è cristiana. Un cattolico scorbutico è un ossimoro; eppure molti si compiacciono di quest’aria di perenne espiazione. Papa Francesco non è tra questi. «Mi avrebbe piaciuto tanto poter venire con voi allo stadio...», ha detto. E il cuore, in questi casi, conta più di un verbo ausiliario.
All’Olimpico, nella serata dedicata alla possibilità di sognare, hanno cantato Lorenzo Fragola, Francesca Michielin, Arisa, Giovanni Caccamo, Moreno, Deborah Iurato, Shari, Dear Jack, Fuoricontrollo, Andrea D’Alessio. Sul palco anche il regista Gianfranco Rosi («Fuocoammare») e gli astronauti Luca Parmitano e Paolo Nespoli. In Vaticano non sono mancati quelli che, alla vigilia, si stracciavano le vesti (talari) perché «i cantanti non sono in linea con il pensiero della chiesa» e «c’è il rischio di appiattirsi sul pensiero dominante».
Quale, di grazia? Il pensiero oggi è confuso, le correnti continue, le mode fluide: se la Chiesa non ha il coraggio di scendere nel fiume della vita con gli adolescenti, perderà una generazione. Francesco, questo, l’ha capito molto bene.
Lui ha campo. Lui si mette sempre dove si prende .