Emanuele Trevi, Corriere della Sera 24/4/2016, 24 aprile 2016
LA FAVOLA NERA DELLE BARE SCAMBIATE
Questo nuovo caso romano – subito replicato a Trieste – che possiamo battezzare «il caso delle bare scambiate», è di quelli che, prima di essere dimenticati al sopraggiungere di nuove ed impensate bizzarrie, merita qualche riflessione. In qualche modo, l’incidente sembra confermare il famoso aforisma di Marcel Duchamp: «a morire sono sempre gli altri». Ma l’intuizione filosofica del grande artista si limita al punto di vista dei viventi.
Duchamp vuole dire che noi, in quanto vivi, non possiamo mai essere il soggetto del verbo «morire», che appartiene solo agli altri. Non ci si può identificare con chi muore. Accade ora che nel maggiore dei cimiteri di Roma viene dimostrato che la legge di Duchamp vale anche nell’aldilà. C’è qualcuno che desiderava, dopo la morte, essere cremato. Ebbene, adesso potrà affermare che «ad essere cremati sono sempre gli altri». E così via, facendo scaturire una vera e propria immagine dell’infinito simile a una prospettiva illusoria di specchi, all’interno della quale gli altri continuano, per così dire, a derubarci dell’esperienza decisiva.
Non è un caso che tutta questa specie di tragicomica parabola morale abbia preso forma nel maggiore dei cimiteri romani, perché a Roma, in effetti, dove ben pochi sanno chi fosse Marcel Duchamp, c’è anche un’altra grande regola, che nemmeno il genio del maestro sarebbe riuscito a concepire. Perché a Roma è anche vero, in fin dei conti, che «a vivere sono sempre gli altri». Ciò dipende, probabilmente, dallo strano destino di nascere e vivere in un immenso parco turistico e simbolico. Perché il turismo e simboli sono i più accaniti propagatori di un sentimento costante di irrealtà che è la vera radice del carattere collettivo. Se questo è vero, c’è anche una consolazione: è sempre possibile raccontare i fatti di Roma come delle fiabe, a patto di ricordare che le vere fiabe sono piene di orrori e malvagità.
Ma questa fiaba delle bare cambiate non è di quelle cruente. È una di quelle storie che quando le ascoltiamo ci sembrano sì strane, ma anche già sentite, già penetrate in qualche strato profondo della nostra memoria. E sì, alla fine ci arriviamo, perché fin da piccoli di storie sulle culle scambiate, e sui prodigiosi destini generati dall’errore, ne abbiamo sentite parecchie. È uno schema narrativo arcaico, che risale alla notte dei tempi ed è diffuso nelle tradizioni di tutti i continenti.
Ebbene, il caso delle tombe scambiate sembra l’esatto rovescio speculare delle favole sulle culle. Ciò che nelle fiabe tradizionali accadeva all’inizio della vita, in questa versione romana accade all’inizio della morte. E pur comprendendo le proteste dei congiunti e le indagini in corso, non riesco a non vedere in questa bizzarra vicenda un buon auspicio. Perché, ci raccontano le fiabe, da quell’errore iniziale venivano fuori molti destini eccezionali e meravigliose conquiste. E nulla ci vieta di pensare che questo non possa essere vero anche in una seconda vita. Quella, ovviamente, che vivono solo gli altri.