L. Fan., Il Messaggero 24/4/2016, 24 aprile 2016
RECORD DI CARBURANTI NEL MEDITERRANEO OGNI ANNO IN ACQUA 100 MILA TONNELLATE
ROMA Un fenomeno importante, quello degli sversamenti d’idrocarburi. Secondo i dati di Unep Map (Mediterranean Action Plan) ogni anno finiscono in mare, e quindi in parte anche sulle coste del Mediterraneo, oltre 100mila tonnellate di greggio. Il risultato? 38 milligrammi per metro cubo: questa la concentrazione di idrocarburi nell’acqua del Mediterraneo.
Il pericolo di inquinamento da prodotti petroliferi è frutto essenzialmente di due tipologie di cause: gli incidenti (come nel caso di Genova) e le attività operazionali (come carico e scarico delle petroliere e delle navi cisterna, rifornimento e attività di routine). Si stima che oltre il 40% degli sversamenti di idrocarburi nel Mediterraneo è causato da attività operazionali di routine e solo il 21% da incidenti di diversa rilevanza. Un rischio a cui gli enti locali si presentano impreparati. Secondo Legambiente, infatti, solo un comune costiero su 5 ha predisposto un elenco delle zone sensibili da proteggere prioritariamente in caso di sversamento di idrocarburi e appena il 16% possiede piani locali antinquinamento.
Il Mediterraneo presentava già molti anni fa la più alta densità di idrocarburi dispersi in acqua a livello mondiale. Secondo il rapporto State of the Mediterranean Marine and coastal Environment della Convenzione di Barcellona, il traffico marittimo costituisce la fonte principale di inquinamento da idrocarburi in Mediterraneo, che può essere quantificata complessivamente in circa 100-150.000 tonnellate annue. A una così elevata quantità di prodotti petroliferi dispersi in mare contribuiscono anche l’inquinamento derivante da terra e quelle derivante dalle coltivazioni off-shore.
IL PESCATORE
«L’altro ieri, ero in mare a circa un miglio da terra; ho calato le reti in mare davanti alla Lanterna e mi sono ritrovato in una grossa chiazza di petrolio. Non era olio, né altro: era petrolio. Quanto grossa? Un paio di miglia di lunghezza per tre di larghezza». È la testimonianza, resa all’Adnkronos, di un pescatore ligure, Felice Mammoliti, che denuncia la presenza di grosse chiazze di petrolio in mare, non ora ma nei primi giorni dopo l’incidente che ha causato lo sversamento del greggio nel Polcevera.
Lui, nel petrolio in mare «che si dirigeva verso Ponente seguendo la corrente», ci si è imbattuto subito, così come alcuni suoi colleghi che gli hanno riferito di avere incontrato delle chiazze a Cogoleto e Arenzano, mentre sul posto iniziano ad arrivare da ieri avvistamenti sulla spiaggia tra Pegli, Volpi e Arenzano, e qualcosa a largo di Loano, subito dopo Savona.
«È evidente che inizialmente, tutti hanno pensato che il petrolio non fosse arrivato in mare, e infatti gli interventi si sono concentrati tutti all’interno - ricorda Felice - Le squadre sono state subito operative, soprattutto i Vigili del Fuoco e le autorità marittime, ma anche mezzora di tempo in un caso come questo fa tanto. Basta 1 litro di petrolio per inquinare parecchie miglia».
In Liguria il settore della pesca artigianale non prospera: a fare questo lavoro sono rimaste, in tutta la regione, circa 600 barche e 1.500 operatori «che se spariranno, lasceranno un vuoto immenso in termini di tradizione e cultura, ma anche di conservazione del mare, perché noi piccoli pescatori siamo come i contadini per la terra: un presidio di tutela». E infatti la sua prima preoccupazione è per il mare. «Il danno più grosso è stato fatto alla natura« commenta Felice.