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 2016  aprile 25 Lunedì calendario

I FANTASMI DI BEIRUT

Le sigarette sono ancora nel pacchetto, dopo trentaquattro anni il tabacco è rinsecchito, non i ricordi di Imm Aziz che conserva il fagotto stropicciato assieme agli altri resti sacri: la cartella di Ahmad, il dentifricio di Mansour, le musicassette di Ibrahim, le caramelle di Aziz. Con i quattro figli parla ogni notte prima di addormentarsi, tiene aperta la finestra sopra la testa per essere sicura di sentire i loro passi, quando torneranno a casa da quel pomeriggio del 1982, i miliziani che bussano e glieli portano via.
Sono 17 mila le persone scomparse durante i quindici anni della guerra civile in Libano tra il 1975 e il 1990. Rapiti perché avevano attraversato l’incrocio sbagliato, sequestrati per i soldi con cui finanziare l’eccidio o subito uccisi e sepolti. Il caos degli scontri tra le fazioni inferocito dall’intervento straniero: gli israeliani installati verso Sud per colpire i palestinesi, i siriani dappertutto per imporre il loro dominio sul piccolo Paese al di là della frontiera.
La fotografa Dalia Khamissy dal 2010 raccoglie le storie di chi spera di rivedere i mariti, i figli, i fratelli. Sono le donne ancora una volta ad aspettare. Come Aida: il marito è stato fermato a un posto di blocco a Beirut il 19 agosto del 1985 mentre tornava dal lavoro. O Zahra che cerca Mohammad, scomparso dopo aver passato il confine, era stato in Arabia Saudita per un contratto da operaio. Ha cresciuto le quattro figlie da sola, quando è successo aveva 25 anni.
Ogni giorno da undici anni queste donne aggiungono la rabbia all’attesa piazzandosi davanti al Parlamento libanese per chiedere quella verità che i politici non hanno mai voluto cercare, troppi degli implicati — o i loro discendenti — sono al potere. L’unica commissione d’indagine ha prodotto un rapporto di due pagine nel 2000: ha calcolato che gli scomparsi fossero «solo» 2.046 e li ha dichiarati «presunti morti». Ha consigliato alle famiglie di fare lo stesso, i parenti esitano: quel certificato ucciderebbe la speranza.