Aldo Cazzullo, Corriere della Sera 25/4/2016, 25 aprile 2016
25 APRILE
[articolo più lettera] –
Se oggi qualcuno dovesse in qualsiasi modo mancare di rispetto alla Brigata Ebraica (che a Roma sarà ancora assente dopo le tensioni del 2014), contraddirebbe lo spirito e la sostanza della Resistenza. Gli ebrei diedero un grande contributo alla sconfitta degli invasori nazisti e alla conquista della libertà e della democrazia: sia combattendo accanto agli Alleati che risalivano la penisola, sia unendosi ai partigiani. Circa duemila ebrei militarono in brigate di diversa fede politica. Uomini come Primo Levi ed Elio Toaff, destinati a lasciare un’impronta straordinaria del loro passaggio: lo scrittore di Auschwitz, il leader storico delle comunità ebraiche italiane. Ragazzi come Emanuele Artom, giovane studente torinese, commissario politico di Giustizia e libertà, che si batteva perché i compagni non fucilassero i prigionieri; ma durante un rastrellamento sarà proprio il prigioniero fascista da lui salvato ad additarlo come ebreo. Torturato, fotografato per dileggio a cavalcioni di un asino con un berretto in testa (immagine pubblicata su una rivista tedesca con la didascalia «Juden»), fucilato, sepolto nottetempo in un bosco: il corpo di Emanuele Artom non sarà mai più ritrovato. Mentre un altro capo partigiano ebreo di Giustizia e libertà, Giulio Bolaffi, si salva perché con i suoi uomini si nasconde nel convento dei francescani di Susa: i frati rivestono i patrioti con i loro sai, e ingannano così i tedeschi.
Era un ebreo anche il più giovane partigiano d’Italia, forse d’Europa. Franco Cesana non ha ancora compiuto tredici anni, quando annuncia alla madre che ha deciso di unirsi ai combattenti, come ha già fatto il fratello maggiore. La madre si dispera e tenta in ogni modo di dissuaderlo. Poi, quando capisce che Franco è irremovibile, gli dice: «Almeno giurami che non dirai a nessuno, ma proprio a nessuno, di essere ebreo». Franco giura. E, quando raggiunge la banda del comandante Marcello, scrive questa lettera alla madre, per tranquillizzarla e assicurare che non ha tradito il giuramento. Pochi giorni dopo, Franco Cesana cadrà in combattimento, facendo scudo al comandante con il proprio corpo. È medaglia di bronzo al valor militare.
«CARA MAMMA, QUI STO DA RE SOLO IL DORMIRE È UN PO’ PRECARIO» –
Carissima mamma, dopo la mia scappata non ho potuto darti mie notizie per motivi che tu immagini.
Ti do ora un dettagliato resoconto della mia avventura: partii così all’improvviso senza sapere io stesso che cosa stavo facendo. Camminai finché potevo, poi mi fermai a dormire in un fienile. Al mattino, svegliandomi con la fame, ripresi a camminare in direzione di Gombola, sfamandomi con le more. Arrivai a Gombola verso le nove e di lì cercai i partigiani, deciso a entrare a far parte di una qualche formazione. Riuscii a trovare patrioti che mi insegnarono la strada per andare al Comando che si trovava a Maranello di Gombola. Arrivai nella detta località stanco morto, ma mi feci coraggio e mi presentai. Dopo un po’ mi si presentò l’occasione di entrare a far parte della formazione Marcello (dal nome di Marcello Catellani, comandante della brigata).
Sei contenta? Presentandomi a Marcello fui assunto e siccome ho studiato fui dislocato al Comando e attualmente mi trovo stabile relativamente sicuro in una località sopra a Gombola.
Cosi non devi impensierirti per me che sto da re. La salute è ottima; solo un po’ precario il dormire. Per chiarire un increscioso incidente ti avverto che non ho detto quella cosa che mi hai fatto giurare. Così chiudo questa mia, raccomandandoti alto il morale, che ormai abbiamo finito.
Affettuosamente ti bacia e ti pensa il tuo tesoro. Appena ricevuto la mia bruciala. Ancora ti saluto e ti abbraccio
Franco