L. Fan., Il Messaggero 25/4/2016, 25 aprile 2016
TUNISIA, IN TV E SOCIAL È SCONTRO SUI GAY E I NEGOZI METTONO I CARTELLI OMOFOBI
TUNISI Nuovo dibattito e relativa ondata di polemiche in televisione e sui social media in Tunisia sul tema dell’omosessualità. Tutto è scaturito dalle dichiarazioni su una tv privata del noto attore locale Ahmed Landolsi che ha qualificato l’omosessualità al tempo stesso malattia e peccato. Ne sono seguite reazioni contrapposte sui social e in un paio di trasmissioni su altri canali tv, di cui almeno una con Ahmed Ben Amor, il giovanissimo volto pubblico dell’associazione tunisina che si batte per la difesa dei diritti Lgbt «Shams» e per l’abolizione dell’art. 230 del codice penale che prevede come reato l’omosessualità.
GLI ATTACCHI
Poi sono apparse alcune foto di cartelli «Vietato l’accesso agli omosessuali» apposti a tre esercizi commerciali di Tunisi e su un taxi di Kairouan. Infine è nata una pagina anonima su Facebook intitolata «Cose che ti portano in galera», una specie di summa di curiosità e orrori, che è diventata in questi giorni una sorta di organo di attivismo on-line omofobico. Le foto degli esercizi che «vietano l’ingresso» ai gay sono state oltretutto rilanciate da Shams, dai profili di alcuni attivisti gay e da un articolo di Huffington Post-Magreb costringendo di fatto, uno dei gestori che aveva affisso uno dei cartelli incriminati a rimuoverlo, dopo le proteste.
«IL GOVERNO CI LASCI FARE»
E ancora: sono apparse in rete foto di fogli manoscritti con frasi anti-gay accanto a berretti, accessori e stemmi di poliziotti e militari. Con frasi «Il governo ci lasci fare e ci pensiamo noi» e frasi del genere. L’episodio più eclatante è stata però la cancellazione all’ultimo minuto della preannunciata intervista su un’altra tv tunisina a un giovane gay che avrebbe raccontato i problemi della sua condizione. La tv l’ha cancellata perchè in seguito alla diffusione del trailer aveva ricevuto troppi messaggi di protesta, forse anche di minaccia. Qualcuno ha temuto forse che si potesse ripetere la vicenda dell’autunno 2011 quando contro la trasmissione del film Persepolis (nel cartone animato a un certo punto appare Dio, che parla bonariamente con la protagonista) si era scatenato un movimento di protesta di piazza accompagnato anche da un’azione della magistratura.
LA DIFESA
Proprio in difesa dei diritti della comunità Lgbt in Tunisia è nato recentemente a Milano il collettivo Ponte ArcobalenO, che a breve annuncerà le sue iniziative. «Ci siamo costituiti come Ponte Arcobaleno, spiegano i creatori del gruppo, per partecipare dall’Italia alla difesa dei diritti umani Lgbt in Tunisia. Di fronte a questa campagna di omofobia potenzialmente violenta chiediamo a ciascuno di fare la sua parte. Lo chiediamo innanzitutto alle istituzioni tunisine e al Quartetto della società civile che ha vinto il Nobel per la Pace 2015, alle associazioni delle donne e per le libertà civili».
LE CONDANNE
Ma la Tunisia non è il solo paese attraversato da spinte omofobe. Il tribunale correzionale di Agouza (Cairo) ha inflitto condanne dai tre ai dodici anni di reclusione nei confronti di 11 giovani, ritenuti omosessuali, accusati di incitazione alla depravazione e propagazione del vizio nella società. L’omosessualità non è reato in Egitto, ma è fortemente riprovata a livello sociale, per cui sul piano giudiziario viene condannata come incitazione alla depravazione. Tre giovani sono stati condannati a 12 anni, quattro a tre anni, tre a nove ed uno a sei.