varie, 26 aprile 2016
2016, anno dei necrologi– Ma davvero muore più gente famosa di prima? E c’è un perché se nei primi mesi del 2016 ci sono così tanti decessi eccellenti o è pura casualità? È il mondo della musica quello che sembra il più colpito: David Bowie, scomparso a 69 anni per un cancro; il tastierista Keith Emerson, suicida con un colpo di pistola a 71 anni; Gato Barbieri, morto a 83 anni da una polmonite; il fondatore degli Eagles Glenn Frey, ucciso da una colite ulcerosa a 68 anni; il compositore e direttore d’orchestra francese Pierre Boulez, spentosi a 80 anni; il chitarrista dei Jefferson Airplane Paul Kantner, morto a 74 anni; il «quinto Beatle» George Martin, scomparso a 90 anni; il cantautore italiano Gianmaria Testa morto a 57 anni per un cancro; il percussionista brasiliano Naná Vasconcelos morto a 74 anni (tumore al polmone); il cantante statunitense di musica country Merle Haggard morto a 79 anni (polmonite)
2016, anno dei necrologi– Ma davvero muore più gente famosa di prima? E c’è un perché se nei primi mesi del 2016 ci sono così tanti decessi eccellenti o è pura casualità? È il mondo della musica quello che sembra il più colpito: David Bowie, scomparso a 69 anni per un cancro; il tastierista Keith Emerson, suicida con un colpo di pistola a 71 anni; Gato Barbieri, morto a 83 anni da una polmonite; il fondatore degli Eagles Glenn Frey, ucciso da una colite ulcerosa a 68 anni; il compositore e direttore d’orchestra francese Pierre Boulez, spentosi a 80 anni; il chitarrista dei Jefferson Airplane Paul Kantner, morto a 74 anni; il «quinto Beatle» George Martin, scomparso a 90 anni; il cantautore italiano Gianmaria Testa morto a 57 anni per un cancro; il percussionista brasiliano Naná Vasconcelos morto a 74 anni (tumore al polmone); il cantante statunitense di musica country Merle Haggard morto a 79 anni (polmonite). Infine Prince, trovato senza vita lo scorso giovedì nel suo appartamento di Minneapolis: aveva 57 anni [1]. E alle star della musica si sono aggiunti in ordine sparso nomi del cinema, della cultura, dello sport. Tra gli altri: l’attore Alan Rickman (70 anni), la scrittrice Harper Lee (90 anni), l’attrice Karina Huff (55 anni), il produttore David Gest (62 anni), la comica Victoria Wood (63 anni), il calciatore Johan Cruijff (69 anni), l’architetto Zaha Hadid (66 anni). E gli italiani Ettore Scola (85), Cesare Maldini (84), Umberto Eco (84), Silvana Pampanini (91), Riccardo Garrone (90), Paolo Poli (87) [2]. La sfortuna, pare, non c’entri. Secondo Nick Serpell, che si occupa dei necrologi per la Bbc e che prepara i coccodrilli dei personaggi famosi, ossia quei ritratti lasciati nei cassetti delle redazioni ad aspettare che giunga la notizia del decesso, quest’ondata di morti celebri sarà una nuova normalità [3]. Commentando il fatto che dei 1.500 coccodrilli che ha nel suo archivio, nei primi tre mesi del 2012 ne aveva usati 5 mentre nel 2016 sono già 24, senza neppure considerare aprile che si sta rivelando un mese particolarmente crudele, Serpell ha osservato: «Ci sono solo più persone famose di quante ce ne fossero prima. Nella generazione di mio padre o di mio nonno le uniche celebrità erano quelle del cinema, poi è arrivata la televisione e ha inondato le case di volti noti. La gente che ha iniziato a diventare famosa negli anni Sessanta adesso è entrata nella settantina e sta iniziando a morire. E aumenteranno nei prossimi dieci anni, quando entreranno negli ottanta, senza contare le morti improvvise» [4]. Negli ultimi dieci anni i social hanno giocato un ruolo fondamentale nella diffusione della commozione a seguito di un decesso noto. Prima la morte di un personaggio famoso veniva annunciata in radio o in tv, in un momento dedicato, e poi approfondita sui giornali. L’emozione si gestiva in privato, come argomento di discussione in famiglia o tra amici. Internet, e soprattutto i social, hanno rivoluzionato e sovvertito il concetto. In pochi secondi la breaking news è ovunque, così come i tributi in tempo reale. Da un post su Facebook a un’immagine su Instagram, da una canzone postata su Youtube a un hashtag in trending topic su Twitter [5]. Dunque il tetro scenario che si prospetta è la caduta degli idoli, uno dopo l’altro, che troppo a lungo abbiamo creduto immortali? L’istituto di statistica britannico non è d’accordo: in Inghilterra e Galles sono mancate 156.041 persone da inizio anno all’8 aprile, solo il 3% in più rispetto alle 151.801 dello stesso periodo dell’anno scorso, e questo non è da considerare straordinario in nessun modo. Mentre da Wikipedia emerge che al 23 aprile di quest’anno erano morte 417 persone con una loro pagina, contro le 455 nello stesso periodo del 2015, a riprova che i dati percepiti sono spesso diversi da quelli reali [4]. Quindi l’aumento esponenziale dei necrologi raccontato da Nick Serpell potrebbe essere semplicemente che la Bbc ha iniziato a produrne di più? La regola però vale anche per il Daily Telegraph, che ha una galleria di personaggi famosi defunti aggiornata nell’arco di tutto l’anno. Nel 2014, i presenti nella galleria erano 38. L’anno prima 30. Quest’anno, ad aprile, il numero è già a 75. Anche il Guardian ha ammesso di fare fatica a stare dietro alla sua sezione di necrologi, visto che con tutte le morti di alto profilo che ci sono negli ultimi tempi toccherebbe dedicargli più della consueta pagina. Un po’ di flessibilità l’ha dovuta dimostrare anche l’Economist, che in via straordinaria a inizio anno ha raddoppiato la pagina dei necrologi sia per David Bowie che per il compositore Pierre Boulez [4]. Molti di quelli che stanno morendo adesso appartenevano alla cosiddetta generazione del «baby-boom»: i nati tra il 1946 e il 1964, periodo che vide una crescita enorme della popolazione. Negli Stati Uniti, ad esempio, l’Ufficio del Censimento ha calcolato che nel 2014 erano 76 milioni le persone appartenenti a quella generazione (circa il 23% della popolazione). Un altro dato, citato dal Telegraph, mostra che con la televisione è aumentata la quota di celebrità rispetto alla popolazione (fino ad allora stabile), crescita continuata poi con i social che hanno reso familiari volti che nel passato non lo sarebbero stati. Questo fa sì che inevitabilmente aumenti la percezione che ci sia una strage in corso [4]. Ma che i musicisti muoiano più giovani del resto della popolazione non è solo una percezione. Agli appassionati di musica è tristemente nota l’esistenza del «club dei 27», di cui fanno parte tra gli altri Kurt Cobain, Amy Winehouse, Janis Joplin e Jimi Hendrix, tutti morti a 27 anni. Uno studio pubblicato nel 2014 sul sito The Conversation e condotto da Dianna Theadora Kenny, che insegna psicologia e musica alla University of Sydney, dimostra che quella del «club dei 27» è in realtà una leggenda metropolitana. Kenny ha analizzato la morte di oltre 12mila musicisti famosi avvenuta tra il 1950 e il 2014 e ha scoperto che la maggior parte degli artisti inseriti nel suo database sono morti fra i 50 e 60 anni [6]. Prince è morto a 57 anni, l’età con il terzo tasso di mortalità più alto nel database di Kenny (quella con il numero maggiore, il 2,3% del totale, è 56 anni). I ricercatori generalmente sostengono che per i musicisti la probabilità di morire molto giovani sia più alta che per il resto della popolazione: lo studio di Kenny va più a fondo, e dimostra che gli artisti inseriti nel suo database sono morti molto prima rispetto a quanto previsto dall’aspettativa di vita negli Stati Uniti [6]. «In tutti e sette i decenni presi in esame, la durata della vita dei musicisti famosi era fino a 25 anni più breve rispetto a quella della popolazione americana equivalente», ha scritto Kenny. «I tassi di morte accidentale sono tra le cinque e le dieci volte più alti, il tasso dei suicidi tra le due e le sette volte, e quello degli omicidi fino a otto volte più alto rispetto alla popolazione americana» [6]. (a cura di Francesco Billi) Note: [1] Repubblica.it 22/4; [2] lapresse.it 22/4; [3] bbc.com 22/4 – traduzione di Dagospia; [4] Cristina Marconi, Il Messaggero 23/4; [5] Gennaro Marco Duello, fanpage.it 22/4; [6] Christopher Ingraham, Washington Post 22/4 – traduzione il Post.