varie, 26 aprile 2016
DELITTI USCITI SUL FOGLIO DEI FOGLI DEL 25 APRILE 2016
Francesco Bosco, 47 anni. Napoletano, ex tassista, viveva solo in un bell’appartamento pulito, ordinato, coi davanzali pieni di piante fiorite e curate. L’altra notte fece entrare in casa qualcuno che conosceva, tra i due chissà perché scoppiò una lite e a un certo punto l’altro, afferrato un grosso posacenere di metallo, glielo suonò sulla testa fino a sfondargli il cranio.
Notte di mercoledì 20 aprile in una palazzina in via Michelangelo da Caravaggio, nel cuore della Napoli borghese.
Assunta Finizio detta Susy, 51 anni. Romana, bella, «dolcissima», un figlio di 17 anni, da una vita era sposata col fabbro Augusto Nuccetelli, 50 anni, uomo «possessivo, brutale, violento, rozzo», razzista, solito esibire con orgoglio i tanti tatuaggi ispirati all’estrema destra. Costui, che l’aveva rimorchiata bambina nel bar di famiglia e l’aveva portata a vivere in campagna, lì la teneva segregata e la picchiava da sempre, anche davanti al figlio, quand’era piccolo, legato a una sedia. La Finizio aveva sempre sopportato tutto, poi però aveva scoperto che lui le metteva pure le corna e un mese fa se n’era andata di casa col figlio riavvicinandosi alla madre e alla sorella che trovandosi di fronte «una zingara, irriconoscibile» le avevano comprato un po’ di vestiti, l’avevano portata dal parrucchiere: «Era felicissima». Il Nuccettelli, però, da allora aveva preso a pedinarla e a minacciarla: «Ti faccio vedere la morte di tuo figlio e poi ti uccido, non vedo l’ora di ammazzarti». Lei aveva registrato tutto ed era andata dai carabinieri ma non aveva lividi, non potevano far niente, le avevano risposto. L’altro giorno montò sulla sua vecchia 500 color viola, raggiunse un bar, ci entrò, ma non fece in tempo a chiedere qualcosa da bere che lui, che l’aveva seguita, tirò fuori una pistola dalla tasca e davanti a clienti e baristi le sparò quattro colpi: uno alla mano, uno all’addome, due al petto. Lei cadde in terra in una pozza di sangue, lui corse verso l’area verde che separa via di Lunghezza da via di Lunghezzina. La polizia lo acciuffò lì, in canottiera, farfugliante, gli occhi da folle.
Verso le 19.30 di mercoledì 20 aprile in via di Lunghezza 38, periferia est di Roma.
Emanuele Romano, 98 anni. Commerciante in pensione molto noto a Latina, «brava persona», abitava in una villetta dove l’assistevano, a turno, i familiari. L’altro giorno con lui c’era il figlio Pierino, 70 anni. Tra i due chissà perché scoppiò una lite e il Romano Pierino, afferrato un fucile, sparò un colpo nel petto del padre. Quindi la stessa arma se la puntò alla gola e fece fuoco.
Tardo pomeriggio di venerdì 22 aprile in una villetta in via Toscana a Latina.
Daniele Stara, 30 anni. Napoletano, precedenti per droga, si vocifera che facesse parte della Nuova Camorra Afragolese. L’altra sera in sella al suo Transalp come d’abitudine aspettava la fidanzata in via Vittorio Emanuele III quando due a bordo di uno scooter gli spararono sei colpi di pistola alla testa e alla schiena.
Alle 21.15 di mercoledì 20 aprile a Piscinola, periferia nord di Napoli.
Zhinju Hu, 23 anni. Cinese, gestiva la sala slot Las Vegas ad Albano, Bergamo. La notte di giovedì 21 aprile qualcuno lo trascinò fuori dal locale, gli tappò la bocca col nastro adesivo, gli legò mani e piedi, gli sparò addosso due colpi di pistola e poi abbandonò il cadavere in un bosco lì vicino.
Giovedì 21 aprile ad Albano, Bergamo.
SUICIDI
Maurilio Masi, 26 anni. Originario di Potenza, iscritto alla facoltà di Ingegneria meccanica dell’Università di Roma Tre, l’altro giorno verso l’ora di pranzo disse al compagno di studi congolese Carlos Temo che era disperato perché non riusciva a passare certi esami. L’amico lo consolò e poi, quando lo vide più tranquillo, se ne andò a mensa. Subito dopo il Masi uscì in cortile, tirò fuori una Beretta che aveva nascosto tra i libri e davanti agli occhi dei colleghi si puntò l’arma alla tempia destra e fece fuoco.
Dopo le 12 di martedì 19 aprile nel cortile dell’Università di Roma Tre.
Cristian Redaelli, 43 anni. Residente a Briosco, in Brianza, decoratore molto noto in paese, aveva anche lavorato alla Scala di Milano. Di recente la compagna Elena Di Rienzo, 35 anni, estetista, da cui aveva avuto due bambini di 4 e 2 anni, l’aveva lasciato e s’era trasferita in un’altra casa. Redaelli pareva aver reagito con tranquillità e i due s’erano pure messi d’accordo perché lui tenesse i figlioletti tre volte a settimana. L’altro giorno la Di Rienzo tornò nella villetta dove aveva vissuto col compagno per prendere le ultime cose, in garage però tra i due scoppiò una lite e lui, afferrata una mazzetta da muratore, con quella la colpì più volte alla testa. Poi, vedendola ridotta a una maschera di sangue e credendola morta, montò in macchina, guidò fino al ponte di Carate, scavalcò il parapetto e si buttò di sotto, andando a schiantarsi sull’asfalto. Lui è morto sul colpo, la compagna è in coma in ospedale.
Alle 18 di mercoledì 20 aprile a Carate Brianza.