il Fatto Quotidiano 25/4/2016, 25 aprile 2016
25 APRILE OGGI “SO CHE C’È UNA FESTA, NON SO DI CHI”
Settantuno anni fa si chiudeva la pagina più buia della storia d’Italia: vent’anni di dittatura fascista e cinque di guerra. Le colonne partigiane si riprendevano Milano e Torino, era la Liberazione dal nazifascismo e l’origine della nostra storia democratica.
“La democrazia richiede consapevolezza e partecipazione”, ha detto Sergio Mattarella. Il presidente della Repubblica ha letto la lettera di un partigiano poco più che 18enne, scritta prima di essere fucilato ai genitori: “Tutto questo è avvenuto perché la vostra generazione a un certo punto non ha più voluto saperne di politica”.
Siamo andati tra i diciottenni di oggi (e tra gli studenti ancora più giovani) per sapere cosa sanno e cosa pensano della festa della Liberazione. Ci siamo sentiti ripetere spesso che il 25 aprile è una festa, sì, “perché non si va a scuola”. Tanto negli istituti professionali quanto nei licei classici, a Nord, Centro e Sud, le espressioni di molti dei ragazzi oscillano tra indifferenza e inconsapevolezza.
MILANO: “QUANDO I RUSSI HANNO SALVATO L’ITALIA”
“Cosa vuol dire per me il 25 aprile? Andare a ballare al Fabrique”, dice Ilaria improvvisando un balletto per strada, mentre le due amiche scoppiano a ridere. “Non è quando i russi hanno liberato l’Italia? No, forse no. Comunque è la giornata in cui si festeggia la libertà”, è sicura Federica, al suo primo anno di superiori.
Sono questi alcuni commenti raccolti all’uscita di scuola tra gli studenti dell’Istituto professionale Cavalieri di Milano. La maggior parte di loro non sa cosa si celebri. Ma anche chi ha una minima infarinatura di storia risponde che la Resistenza e la Liberazione non gli trasmettono nessuna emozione particolare.
Nessun valore. “Non lo so. Non è che mi dicono tanto queste cose. Poi oggi sono pure in sbattimento, lasciamo stare”, taglia corto Luca, che frequenta la terza. Alberto invece non ama le domande: “Volete solo scrivere che siamo ignoranti. Lo so cosa si festeggia il 25 aprile. Ma quel giorno non mi trasmette niente di particolare”. Alex è al secondo anno al Cavalieri. Di guerra, Olocausto e lager ammette di non sapere nulla: “Però il giorno della Liberazione mi piace perché non veniamo a scuola”.
Tra gli studenti dello storico liceo classico Parini la musica invece cambia. Più consapevolezza, certo. Ma anche tra i banchi dove studiarono Gadda e Buzzati c’è chi ignora cosa si festeggi. Mentre per altri il giorno della Liberazione è una ricorrenza come un’altra. Come per Alessia, al terzo anno: “È solo vacanza”, sorride. Mentre per Francesco “non è una festa qualsiasi”. “È un giorno importante per la libertà e la democrazia. Anche se c’è chi offende questi valori, come quelli di CasaPound. Secondo me è un’occasione importante per ricordare il sacrificio di Milano, città medaglia d’oro. E delle tante persone che hanno lottato per l’Italia”. Come Giambattista Mancuso, che dopo aver studiato al Parini si arruolò nella Brigata partigiana XXIV Maggio. Venne ucciso in Val Brembana nel ‘44. Tutti gli anni il liceo e l’Anpi organizzano un’iniziativa in onore della sua memoria.
BOLOGNA: “L’ANTIFASCISMO NON È SOLO UNA DATA”
Aspetta qualche secondo Giorgia prima di rispondere. Si sistema i capelli da un lato, mentre con l’altra mano tiene la spallina dello zaino. “Cosa rappresenta per me il 25 aprile? Niente, solo un giorno senza scuola”. Portici del Liceo Galvani, un tempo considerato l’istituto dei figli della Bologna bene. Di sicuro uno dei più antichi, scuola di Pier Paolo Pasolini e Marco Biagi. Livio, 18 anni, pensa alla maturità. “Non mi appartiene il 25 aprile. Preferisco altre commemorazioni”. Quali? “Non so… ad esempio il 17 marzo, per me rappresenta di più lo spirito di una nazione”. Enrico, banco accanto, scuote la testa. “È il giorno in cui si riaffermano i valori democratici e antifascisti. E dovremmo fare tutti uno sforzo in più per riconoscerci in quei princìpi”.
Appena si scende con le classi e con l’età la situazione si fa più nebulosa. “25 aprile. Aspetta: liberazione o unificazione? L’ho scritto sul diario”. La prima, Elena. “Ah ok. È brutto da dire ma per noi alla fine è soprattutto una giornata di vacanza. Forse bisognerebbe ricordarla diversamente. Venendo a scuola a parlarne, ad esempio”. Anche Dario, 15 anni, non ha le idee chiarissime. “Oh dio aiutami… qualcosa legato all’Olocausto vero?”. Più o meno. Federica frequenta lo scientifico, ma il Minghetti, altro liceo storico di Bologna. Sorride quando sente la domanda. “Per me è una giornata fondamentale, oggi è ancora più importante ricordare l’antifascismo. Guarda quello che sta succedendo in Europa, con i migranti”. Intendi i muri? “Esatto. Il 25 aprile serve a evitare che riemergano certe idee”. Anche Giulia, 19 anni, vuole dire la sua. “Adoro andare a festeggiare. Lo faccio con la mia famiglia. È un appuntamento che sentiamo nostro”. Lorenzo ascolta ma ha qualche dubbio. “È ovvio che certi valori sono indiscutibili e vanno ribaditi. Ma l’antifascismo non lo lego a delle date, nemmeno a quella del 25 aprile. Non è che oggi festeggi, poi il 26 torni qui e non te ne frega più nulla. No, così no”.
ROMA, GIOVANI BALILLA E TANTI SMEMORATI
Venerdì 22 aprile, ore 13 e pochi minuti. Centro di Roma, liceo classico Ennio Quirino Visconti. I ragazzi sciamano via, sotto la facciata del vecchio collegio gesuita. Questa scuola ha allevato per decenni la meglio borghesia della città.
Francesco, 15 anni, va di fretta: “Lascia perde zì, il 25 aprile c’è una festa di compleanno, ma non mi ricordo di chi”. Altri si fermano.
Alessandro e Paolo, V ginnasio, rispondono un po’ per uno. Con fantasia: “È il giorno in cui l’Italia è diventata una base Nato”. “Liberazione? Sì, ci hanno liberato, ma in qualche modo abbiamo perso il nostro spirito: è l’inizio del mondo moderno e del consumismo”.
Eleonora, I liceo: “È la festa della liberazione dal fascismo. Gli americani hanno liberato Roma ed Auschwitz”.
Marco, I liceo, occhi azzurri, gentile e timido: “È la festa della Repubblica. No aspetta. Della liberazione”. Un amico gli suggerisce: “Marcolì, è il giorno che se so’ dati i nazisti (il giorno che se ne sono andati, ndr)”. Lui riprende il filo: “È giusto festeggiarla? Sì, perché c’è ancora chi crede in quell’ideologia violenta, quindi bisogna avere memoria”.
Il più preparato di tutti è Francesco, II liceo, sezione C. Lui ha studiato, ma su un manuale nero: “La vera data è l’8 settembre 1943, il giorno del tradimento. Fino a quel momento l’Italia aveva ancora la sua sovranità. Poi l’ha persa, tranne per i ragazzi che hanno combattuto a Salò. Il 25 aprile è una festa fantoccio”.
C’è un gruppo di giovani ragazze, tutte del Ginnasio. Ascoltano le domande con gli occhi sbarrati. Una di loro, Federica, accenna una risposta con voce tremula, poi rinuncia. Vanno via.
Alessandro, II liceo: “È la festa della liberazione. Liberazione… dai… dal nazismo. Cosa significa per me? Mah, sì, è importante. È importante ricordare. Però l’Italia è stata liberata anche altre volte, pure dagli austriaci”.
PALERMO: “SI FA LA GRIGLIATA, È LA FESTA DEL LAVORO”
Che cos’è il 25 aprile? “Non lo so, però la scuola dovrebbe essere chiusa e di sicuro si fa l’arrustuta (scampagnata con barbecue ndr)”, è la risposta di Daniele, 18 anni, studente all’ultimo anno del liceo scientifico paritario Antonio Di Rudinì a Palermo. “Il 25 aprile si fa l’arrustuta perché è la festa dei lavoratori”, dice invece Andrea, stessa età e stessa classe. Quasi identica la risposta di Flavia, 15 anni, che frequenta il quarto ginnasio al liceo classico Umberto I. “Il 25 aprile è la festa del lavoro, cioè dei lavoratori: giusto vero? O no?”. Un po’ più incerta la risposta di Valerio, anche lui studente del quarto ginnasio al liceo Umberto: “Scusa, ma il 25 aprile non è Pasqua? Ah no, già c’è stata: allora niente, vuol dire che è la festa dei lavoratori”. “Ma la festa dei lavoratori non è il primo maggio?”, prova a correggerli Claudio, altra matricola liceale. Più sicura la risposta di Cecilia, 16 anni, che frequenta il quinto ginnasio allo stesso liceo: “Il 25 aprile? È la liberazione, cioè si festeggia la liberazione”. Liberazione da chi? “Da Mussolini”, risponde Claudia. In che anno? “1943! No scusa, ho sbagliato: è il 1945”. Giuseppe e Lorenzo, studenti all’ultimo anno di liceo, in previsione degli esami di maturità danno una risposta più dettagliata. “Il 25 aprile si ricorda ovviamente la liberazione dall’occupazione nazi fascista”. Ad opera di chi? “Dei partigiani”. Anche in Sicilia? “No, in Sicilia ci avevano già liberato gli americani”, risponde pronto Gianluca, fresco di diploma all’istituto tecnico, che adesso dà una mano ai genitori al bar di famiglia.
il Fatto Quotidiano 25/4/2016