Walter Passerini, La Stampa 25/4/2016, 25 aprile 2016
CAFFÈ SOSPESO PER I GIOVANI SENZA LAVORO
Li chiamavano Millenials, i nati negli Anni 80 che oggi hanno tra i 30 e i 40 anni, senza lavoro e senza pensione. Ora la chiamano «generazione perduta», talmente perduta da non potersi permettere a volte un caffè o un panino al bar. Lo sanno Lidia Di Monte, fotografa, Claudio Aloia, regista, Irma Di Monte, attrice, che qualche mese fa hanno aperto un locale nel quartiere Pigneto di Roma, chiamandolo Caffè sospeso, richiamando la tradizione in uso a Napoli di lasciare un caffè pagato in cassa per chi non può permetterselo. In sospeso ci sono caffè, ma anche panini e a volte un pranzo, per una generazione sospesa in cerca di senso e di lavoro. La loro storia viene rilanciata dalle cronache locali. Nel piccolo bar-bistrot la macchina per l’espresso non esiste e il caffè viene preparato con la moka, come a casa, ed è gratis. «Ci interessa condividere, costruire relazioni, parlare con i clienti – dicono i fondatori – senza cellulari e social network».
Sul bancone fa capolino una scatoletta con la scritta «conto sospeso». Dentro ci sono gli scontrini lasciati dai frequentatori: c’è chi offre un caffè, una bibita, un piatto. L’idea è di aiutare i giovani in difficoltà, senza lavoro, magari laureati e con master. All’inizio c’era diffidenza, nessuno pescava nella scatola. Poi la scatola ha iniziato a svuotarsi ogni sera. Tanti senza lavoro approfittano di una bevanda o di un panino. Per risparmiare qualche euro e riuscire a pagare l’affitto.
Walter Passerini, La Stampa 25/4/2016