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 2016  aprile 25 Lunedì calendario

BERLUSCONI E IL FATTORE “P” SE FRANCESCA LA CECCHINA SUONA IL REQUIEM A SALVINI

Il Fattore P era chiaro prima ancora di sapere che P stesse per Pascale, intesa Francesca. Era emerso nel corso di un’intervista fra le più memorabili dell’ormai lunga e generosa storia della tv. Dicembre 2013, Barbara D’Urso chiede: «Presidente, mi si è fidanzato?». Sì, dice lui, con «una ragazza bella dentro e bella fuori», «di princìpi morali solidissimi». In una trascrizione sarebbe toccato di mettere i cuoricini al posto dei punti sulle i. Un amore dichiarato in tale purezza adolescenziale era infatti il rimedio – si ipotizzò – alle esultanze notturne da cui Silvio Berlusconi usciva, e alla relativa fama con cui si buttava nella nuova campagna elettorale. La tattica sembrò un pelo zoppicante quando si svelarono generalità e curriculum della fidanzatina, esordiente a Tele Cafone col pluricitato video in costume da bagno, con jingle e attrezzatura drammaticamente allusivi: «I’ calipp’ e tu te ’ngripp...».
L’abbiamo sottovalutata tutti. Il Fattore P si è trasformato nel cuore dell’harem politico (strettamente politico) comprendente Maria Rosaria Rossi, Deborah Bergamini, Alessia Ardesi e coinvolgente Mara Carfagna, Mariastella Gelmini, Lara Comi, Maria Vittoria Brambilla e cioè tutte le valchirie impegnate a dare una linea ogni rara volta in cui il Capo riemerge da Vivendi, Mediaset, Milan e altri affari. Il «troglodita» destinato da Francesca a Matteo Salvini – onorato di razzista e fascista e valutazioni simili nelle conversazioni private – ha il suono del requiem sulle poche possibilità d’intesa con la Lega, senz’altro nella corsa per il Campidoglio, e in futuro si vedrà. Tutto secondo la logica che è meglio comandare nel castello che essere ciambellani nel regno, logica che parrebbe muovere le ragazze di Silvio. Il Fattore P è dunque evoluto, attraverso interviste di alta correttezza politica, autorevoli tailleur e camicette bianche, blasone firmato Bulgari e Cartier, nell’accanimento terapeutico sul berlusconismo, nato nel ’94 sotto i fin troppo ariosi presupposti della Casa delle libertà, e da anni asserragliato dentro il bunker: sono scomparsi gli alleati, rimangono soltanto i traditori. Francesca li individua con mira da cecchino. Daniela Santanché «assomiglia a Crudelia Demon». Raffaele Fitto «vuole fare il figo» e «non mi sono piaciuti per niente gli attacchi che ha rivolto» a Mariarosaria Rossi, «la mia terza sorella». Angelino Alfano ha una «personalità pari a quella di una bava di lumaca» e «se ci alleeremo con lui in un solo posto, sia pure Canicattì, io lascio il partito». A parte i complimenti che bisogna rivolgere a Francesca per la spiccata creatività nell’offensiva, ci si continua a chiedere quali ruoli ricopra e quali titoli porti, oltre a quello di fidanzata, per ingaggiare le sue battaglie. E nemmeno basta a risolvere il mistero la diceria, semplice diceria, secondo la quale sa condurre le discussioni casalinghe con particolare robustezza.
Nei dintorni del partito si sostiene che sia molto brava a intercettare gli umori del Titolare, altri dicono che sa indirizzarli, e chissà a quale dei due casi appartenga la campagna a favore dei diritti omosessuali, con l’iscrizione all’Arcigay e il summit arcoriano con Vladimir Luxuria, e tristemente sfumata in parlamento sulla stepchild adoption, l’adozione del figliastro. Lì Berlusconi aveva disperatamente tentato, una volta di più, di ricomporre il centrodestra. Ma queste sono banalità di tattica partitica. Conta che alla fine abbia prevalso lo spirito micragnoso del tempo, e cioè il Fattore P, che si è manifestato dal giorno in cui Francesca s’era accorta con scandalo che a Palazzo Grazioli i fagiolini costavano ottanta euro al chilo. Il resto è stata una conseguenza.
Mattia Feltri, La Stampa 25/4/2016