RAFFAELLA DE SANTIS, la Repubblica 25/4/2016, 25 aprile 2016
NABOKOV, BORGES, LEVI LA SCIENZA DIVENTA ESTETICA
Nabokov diceva: «Non posso separare il piacere estetico di vedere una farfalla e il piacere scientifico di sapere che cos’è». Sulla mania degli scrittori per le farfalle si potrebbe scrivere un libro a parte. Solo su quelle di Nabokov ne sono stati scritti diversi, arricchiti dai contributi del noto paleontologo Stephen Jay Gould. L’ultimo, Fine Lines. Vladimir Nabokov’s Scientific Art, appena uscito negli Stati Uniti a cura di Stephen H. Blackwell e Kurt Johnson, è speciale: raccoglie ben 148 illustrazioni di farfalle delle oltre mille realizzate da Nabokov, molte inedite. I disegni sono oggetti scientifici ma hanno una grande forza di attrazione estetica. Non ci sono farfalle sontuose, come quelle immortalate dal fotografo svizzero Thomas Marent ( Farfalle, Atlante), ci sono invece morfologie, parti anatomiche, ali staccate, organi genitali. Dettagli microscopici ingranditi e resi assoluti: esattezza e bellezza.
Nabokov inseguiva farfalle da quando era bambino. La sua passione tassonomica era stata alimentata dal padre. Quando l’interesse diventò scientifico, prese a disegnarle. Nel 1940 si era trasferito in America, dove lavorava al Museo di Zoologia comparata di Harvard. Durante le vacanze estive, racconta in Intransigenze, andava con la moglie Vera a caccia di lepidotteri. Poi ne studiava l’anatomia in laboratorio. Diede il nome a molte specie di farfalle Blu, le sue predilette.
Non è il solo ad avere questa passione. Il critico d’arte Aby Warburg vedeva nelle farfalle «il volo circolare delle idee», e, osservandole, Ernst Jünger s’interrogava sul cosmo: «Queste creature sono prodigiose quanto noi, dotate degli stessi organi, alate per giunta. Non sappiamo nulla della loro relazione con l’infinito», scriveva in Cacce sottili. Per Herman Hesse, cedronelle, licenidi, vanesse del cardo erano «una porticina sull’ineffabile» ( Frammenti del creato). E Primo Levi, altro scrittore entomologo scriveva: «Negli strati profondi della nostra coscienza la farfalla dal volo inquieto è animula, fata, talvolta anche strega» (ne parla Marco Belpoliti in un suo articolo su Doppiozero). E ora scopriamo che il poeta Tomas Tranströmer aveva allestito un museo personale di farfalle e coleotteri in un cottage sull’isola di Runmarö, nell’arcipelago di Stoccolma.
Le farfalle piacciono perché parlano di noi, della nostra fragilità. Antonio Tabucchi credeva che Nabokov volesse scoprirne l’essenza: «E poiché non riuscì a capirla attraverso il microscopio, si rivolse alla letteratura.
E scrisse Lolita”. Nel Libro di sogni di Borges, l’immortale Utnapishtim dice: «Ahi, giovane, non c’è niente di eterno sulla terra! La farfalla vive un solo giorno.
Tutto ha un tempo e una durata».
RAFFAELLA DE SANTIS, la Repubblica 25/4/2016