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 2016  aprile 25 Lunedì calendario

LA RAFFINERIA DEGLI ANNI ’40 TROPPO VICINA ALLE CASE “ORA PIÙ CONTROLLI SUI TUBI”

GENOVA.
Da Busalla il mare non si vede, è coperto dai monti antichi dell’Appennino, ma ciò non toglie che proprio sul mare la raffineria Iplom viva. Si è trasferita qui da Moncalieri, dov’era nata nel 1931 (Iplom è l’acronimo di Industria Piemontese Lavorazioni Oli Minerali) nel 1945, costruita a fianco di una “camionale” che oggi è la trafficatissima A7, la Genova-Milano, attraversata ogni giorno da decine di migliaia di auto e ancor più di mezzi pesanti che dal primo porto d’Italia si spostano nella Pianura Padana. Proprio la vicinanza stretta fra una raffineria e un’arteria autostradale è forse l’incongruenza più evidente, insieme a quella di un oleodotto che dal mare attraversa i Giovi e che, come dice il governatore della Liguria Giovanni Toti, ha bisogno di «un piano di verifica e monitoraggio di condutture che hanno tutte almeno fra i 30 e i 40 anni di vita».
GLI INCIDENTI
Nel 2008, quando un incendio divampò dentro all’impianto, l’autostrada venne chiusa immediatamente. E già nel 2005 un altro rovinoso incendio aveva messo in allarme l’intera vallata. E ancor prima, fra il ‘79 e il ‘99, secondo il comitato Salute Pubblica Busalla, per 21 volte si erano evidenziati sversamenti o emissioni fuori norma. Da allora molto è cambiato dentro alla fabbrica. Per aumentare i livelli di sicurezza, i proprietari (oggi al timone c’è Giorgio Profumo) hanno investito 200 milioni. Cifra considerevole, sostenuta da un business robusto. Iplom, infatti, fattura un miliardo e garantisce occupazione per 250 dipendenti diretti più altrettanti per l’indotto. 500 persone che gravitano attorno alla fabbrica, prima realtà industriale di un territorio che vede da sempre attiva la Iplom in iniziative per il sociale, lo sport, la cultura.
IL BUSINESS
Nonostante l’Occidente stia uscendo dalla raffinazione del petrolio, la Iplom si è garantita una nicchia che dà risultati eccellenti. Qui si lavorano quasi due milioni di tonnellate di prodotti (1,890), gasolio, olio per carburante, zolfo per usi industriali e bitume, fondamentale per realizzare le pavimentazioni stradali e di cui Iplom detiene il 15% del mercato. Anche il mix dei prodotti è cambiato, con una maggiore attenzione ai combustibili a più basso contenuto di zolfo.
GLI OLEODOTTI
Fino all’inizio degli anni Sessanta, i prodotti venivano lavorati e consegnati con le autobotti. La svolta, che ha amplificato il business, è arrivata con la costruzione degli oleodotti fino al porto di Genova, poco più di una ventina di chilometri di tubi che corrono sottoterra fino a Busalla. Dal porto petroli di Multedo sale il greggio che viene lavorato e, una volta raffinato, va al mercato: la metà con le autobotti, l’altra metà con una tubatura più piccola di quella che sale dal mare e che, una volta tornata a Multedo, viene distribuita per il 90% al Nord Italia e il restante 10 all’estero.
LE POLEMICHE
La rottura della tubatura che dal porto va a Busalla e da cui sono fuoriusciti 680mila litri di petrolio ha riacceso le polemiche sulla raffineria, al di là delle cause ancora da accertare. L’azienda di Busalla opera ovviamente nel pieno rispetto delle norme di legge (altrimenti sarebbe già stata fermata), ma è chiaro che oggi, se mai si dovesse pensare a costruire una raffineria, non si indicherebbe certo quest’area a fianco dell’autostrada. Il suo trasferimento, più volte sollecitato anche dai comitati di residenti, ha un costo che certo l’azienda non può sopportare. Solo un accordo di programma con gli enti pubblici potrebbe riaprire questa riflessione. Il rischio da evitare è però una nuova dicotomia fra lavoro e ambiente, già emersa in quest’ultima settimana da dichiarazioni contrapposte. «I lavoratori sono fra le vittime, visto che sono già stati messi in cassa integrazione a rotazione e non certo tra gli eventuali responsabili — dice il segretario genovese della Cisl Luca Maestripieri — Serve subito un tavolo di lavoro fra sindacati e istituzioni». «Io credo che sia ragionevole — chiude il governatore della Liguria Giovanni Toti — chiedere un piano di verifica e monitoraggio delle condutture del Nord Ovest che hanno tutte almeno fra i 30 e i 40 anni».
MASSIMO MINELLA, la Repubblica 25/4/2016