varie, 25 aprile 2016
DIGIUNO PER SETTE
Vari esperimenti sugli animali hanno dimostrato che lunghi digiuni allungano la vita fino al 30% (Dusi, Rep).
Il gruppo dei digiunatori è in crescita. Si fa forza sul web, decantandone le qualità terapeutiche. Ma un seguace autorevole come l’oncologo Umberto Veronesi sottolinea che «non è una pratica da imitare tout court» (Veneziani, Cds).
Massimo Melelli Roia, medico esperto di iridologia e medicina cinese, autore di Il digiuno come cura e prevenzione (Tecniche nuove): «Resoconti oggettivi confermano la validità del digiuno, che arriva a regalare fino 10 anni di vita in più Il digiuno viene dalla notte dei tempi, ha potenzialità enormi. Disintossica e reintegra le cellule. Combatte l’invecchiamento, favorisce l’elasticità dei tessuti perché elimina i radicali liberi che distruggono le fibre elastiche – spiega l’autore di Il digiuno come cura e prevenzione (Tecniche nuove) —. Si ha un miglioramento del sistema immunitario e un aumento delle cellule staminali nei vari organi, compreso il cervello, a vantaggio di lucidità e memoria».
Melelli Roia assicura che il digiuno, solo con integrazione di liquidi non calorici(praticato dalle due alle 4 settimane, con sedute quotidiane di agopuntura) «è utile anche nelle malattie autoimmuni». E fa bene anche alla forma. «Favorisce l’equilibrio metabolico: era credenza che la massa magra soffrisse, gli ultimi studi dimostrano che a essere intaccata è la massa grassa. Il mio consiglio per tutti, però, è un giorno di digiuno la settimana per un effetto curativo e preventivo, più che dimagrante». È fondamentare idratare l’organismo con almeno 2-3 litri di liquidi, «acqua, infusi (non zuccherati), uno, massimo due caffè».
Henri Chenot ha inserito un giorno di digiuno nel suo metodo detox praticato dagli sportivi al Palace hotel di Merano. Per una giornata si assumono solo acqua, infusi e brodi vegetali. «Ma – sottolinea – il digiuno è un problema complesso, non va preso alla leggera, dipende dalla salute della persona. Vietato a diabetici, donne in gravidanza, bambini. Con un controllo medico per capire se il corpo è in grado di sopportarlo senza conseguenze, perché l’uomo è fatto per assumere alimenti per 24 ore e mantenere la temperatura a 37 gradi. Se si avverte debolezza, verso le 11 e le 17, consigliamo una mela».
Il nutrizionista Giorgio Calabresi: «Il digiuno è una scelta di vita, legata anche a fattori etici. Sono contro la privazione totale, specie se protratta, perché causa acetonemia, e infatti nelle cliniche del digiuno per contrastarla viene somministrata acqua e miele. Sono invece favorevole al mini digiuno: se si sente di aver mangiato in eccesso e si avverte nausea o acidità di stomaco, l’ideale è compensare con un pranzo leggerissimo – passato di verdura, tè – e cena ricca di verdure e frutta. Trasformandolo nel nostro appuntamento con la depurazione».
Come nota Jean-Pascal David, gestore della Maison du jeûne, la Casa del digiuno, vicino a Aix en Provence, l’ascetismo più in voga è quello a cinque stelle: niente cibo ma «piscina, trattamenti estetici, belle camere e letti comodi».
Digiuno, vocabolo di matrice latina, jejunus, «affamato», dal quale deriva anche il suo antipodo «desinare» che è appunto disjejunare (si pensi al francese déjeuner, «far colazione»), cioè «rompere il digiuno».
Sebastiano Magnano, medico chirurgo, digiunoterapeuta, cura i pazienti tenendoli dieci giorni senza mangiare: «Il digiuno è un metodo straordinario per la prevenzione, la guarigione, la ricerca interiore. Non a caso è presente nelle pratiche igieniche di molti popoli. Col digiuno il corpo si nutre di se stesso, delle sue riserve: grassi, piccole quantità di zuccheri, proteine presenti nei tessuti e nei muscoli».
Magnano consiglia il digiuno «a chi vuole eliminare le conseguenze di abusi alimentari e cercare un miglior rapporto col cibo. A chi intende voltar pagina, spezzare le situazioni di stallo nelle relazioni interpersonali e nel lavoro. A chi cerca di liberarsi dai condizionamenti negativi e dalle dipendenze: fumo, alcol, abitudini nocive. A chi desidera ritardare la vecchiaia. A chi pratica la ricerca spirituale. Soprattutto a chi rifiuta le terapie tradizionali perché crede nella vix sanatrix naturae, la forza risanatrice della natura». Col digiuno ha «visto guarire le patologie acute febbrili, tipo influenza, bronchiti e raffreddori, e le forme degenerative, soprattutto le disfunzioni epatiche. Ma vi sono alcuni casi di benefici persino nei malati di cancro, che andrebbero monitorati in centri clinici».
Magnano dice che col digiuno i suoi pazienti perdono «in una settimana 4-5 chili. Nella seconda settimana, che io non consiglio mai, ne perderebbero 2-3. Dalla terza in poi soltanto uno o due».
Che cosa succede al corpo col digiuno completo: «Dopo 48 ore cessa del tutto l’evacuazione e subentra una forte stanchezza. Il sudore diventa acre, le urine sono molto cariche e maleodoranti, in chi ha problemi epatici gli occhi e la pelle possono assumere un colore itterico. Sono i segnali che l’organismo si sta liberando della tossiemia, cioè delle sostanze tossiche accumulate nel sangue con un’alimentazione sbagliata o con l’abuso di farmaci. A partire dal terzo giorno la pelle si distende, lo sguardo s’illumina, la mente ritrova una grande lucidità. E le energie fisiche diventano notevoli, tant’è vero che molti record sportivi sono stati battuti da atleti a digiuno» (Sebastiano Magnano).
«Il primo studio scientifico sul digiuno umano fu condotto nel 1888 dal professor Luigi Luciani, ordinario di fisiologia all’Università di Firenze. Egli osservò in modo accurato Giovanni Succi, un tipo strambo che si esibiva nelle piazze come fachiro e andò avanti a sola acqua per 30 giorni. Al dodicesimo giorno fece una cavalcata di un’ora e 40 minuti, una corsa di otto minuti con tre studenti e una gara di scherma. Al ventitreesimo giorno, sempre sotto scorta, prese parte a due assalti di sciabola» (Sebastiano Magnano).
«Al terzo giorno di digiuno lo stimolo della fame cessa, per ritornare nel momento esatto in cui il corpo ha bruciato le riserve. Il professor Luciani lo descriveva come un impulso ben preciso: se non lo si soddisfa subito, subentra la morte entro 48-72 ore al massimo. In ogni caso, dopo aver perso il 40% del peso corporeo si è in imminente pericolo di vita. Questo significa che se l’uomo più grasso di tutti i tempi, l’americano Walter Hudson, morto nel 1991, avesse digiunato per buttar giù buona parte dei suoi 543 chili, sceso a 325 avrebbe comunque dovuto fermarsi» (Sebastiano Magnano).
Quanti giorni si può stare a digiuno: «Nelle persone normali la sopravvivenza può arrivare fino a 67. Questo perché, dopo la prima settimana, cambia la biochimica del corpo. Un aspetto che, pur figurando su tutti i testi di medicina, i dietologi ignorano. Loro disapprovano il digiuno, spiegano che esso comporta la distruzione di tessuti utili e la formazione di corpi chetonici, che sono sostanze tossiche. In realtà, il corpo si adatta e comincia a consumare i tessuti in misura inversa alle proprie necessità. Cioè brucia quello che non gli serve per mantenere in vita ciò che gli serve. Che è appunto la finalità del digiuno» (Sebastiano Magnano).
I più lunghi digiuni portati a termine da obesi sono stati quelli di due donne inglesi trattate dal professor Thomas Thompson presso lo Stobhill general hospital di Glasgow. Una, di 54 anni, digiunò per 249 giorni, riducendo il suo peso da 128 a 94 chili; l’altra, di 30 anni, digiunò per 236 giorni, scendendo da 127 a 83.
Il digiuno era già praticato nella medicina greca e in quella romana. Ne trattano sia Ippocrate sia Celso.
Molto praticato fino al Seicento, il digiuno terapeutico fu riscoperto a cavallo fra XIX e XX secolo dagli igienisti americani, in particolare Sylvester Graham, un pastore presbiteriano del Connecticut vissuto fino al 1851, e Herbert Shelton, che prima di morire a 90 anni (nel 1985) fece in tempo a essere candidato alla presidenza degli Stati Uniti (nel 1956) per l’American vegetarian party.
Alcuni studi suggeriscono che digiunare una o due giorni alla settimana protegga il cervello da patologie degenerative come il morbo di Alzheimer.
Quarantotto ore di digiuno prima di un ciclo di chemioterapia metterebbero un freno al cancro: lo rivela un articolo su «Science Translational Medicine», dopo uno studio su otto tipi di tumore nei topi.
Esperimento di Viren Swami, università di Londra, e Martin Tovée, universitàé di Newcastle: alcuni studenti maschi erano tenuti a digiuno, altri potevano mangiare, a tutti venivano mostrate foto di ragazze più o meno in carne. I primi preferivano le più robuste, i secondi le più snelle. I ricercatori hanno messo in relazione i risultati dell’esperimento con ciò che accade nelle comunità umane: dove scarseggia il cibo hanno più successo le donne corpulente, dove non ci sono problemi ad alimentarsi si prediligono le donne magre.
La resistenza al digiuno è molto variabile: il cane muore dopo circa 30 giorni di digiuno, gli uccelli dopo 10-15 giorni, la rana dopo 12 mesi, la vipera dopo due anni. Nell’uomo si può teoricamente valutare una resistenza massima al digiuno di 67 giorni. La resistenza dell’adulto è superiore a quella dell’adolescente; la femmina resiste al digiuno più del maschio; l’obeso più del magro.
Nel digiuno contro la presenza dell’Inghilterra nell’Irlanda del Nord, alcuni prigionieri politici, nel 1981, morirono di fame dopo 46-73 giorni. Un detenuto dell’Ira, Mac Swiney, è invece sopravvissuto a uno sciopero della fame durato 74 giorni.
Il 17 gennaio 2015 un Alain Fourré è morto di fame, nella sua casa vicino a Ivrea, dopo un “digiuno di purificazione” durato tre settimane.
Secondo uno studio condotto dai ricercatori del Salk Institute for Biological Studies di San Diego per dimagrire basta digiunare per dodici ore consecutive e nelle restanti mangiare quello che si vuole.
Umberto Veronesi digiuna una volta la settimana per 24 ore.
Umberto Veronesi nel libro La dieta del digiuno consiglia un giorno di digiuno a settimana: «Sono convinto che digiunare in modo intelligente, cioè restare del tutto senza cibo per alcune ore (un giorno ogni settimana, per esempio) sia un’ottima procedura di prevenzione delle malattie che più affliggono la nostra società (tumori compresi) e un esercizio di controllo del corpo da parte della mente».
Marlene Dietrich digiunava spesso.
Joyce spesso, in gioventù, digiunava anche due giorni di fila perché non aveva soldi per il cibo.
James Dean passava da digiuni completi di un paio di giorni ad abbuffate improvvise.
Pannella, che ha digiunato centinaia di volte: «La prima volta non me la ricordo, credo fosse il 1700, certo prima della Rivoluzione francese. [...] Mi trovo meglio con lo sciopero della sete perché è più breve». Nel 1974 digiunò 62 giorni consecutivi, per un incontro con il presidente della Repubblica Giovanni Leone. [...] Comunque il primo digiuno fu «contro la guerra d’Algeria, sugli Champs-Elysées, insieme con un anarchico francese. Credo fosse il 1961». [...] La prima volta in Italia fu nel 1968, per il ritiro dei sovietici da Praga; ma allora Pannella si riservava 140 calorie al giorno, per proseguire senza danni cerebrali.
Fabio Caressa prima delle telecronache: «Digiuno per sette ore e alleno il diaframma con l’Om».
Gli antichi Greci erano tenuti ad astenersi dal cibo per prendere parte ai Misteri Eleusini e a quelli Orfici, i Farisei non mangiavano per due giorni alla settimana, il lunedì e giovedì.
Pitagora che per quaranta giorni non tocca neanche una foglia d’insalata alla vigilia del suo viaggio in Egitto per compiere il suo percorso sapienziale di pensatore- guaritore. Idem per Mosè che resta a bocca asciutta quaranta dì e quaranta notti prima di ricevere le Tavole della legge. E ripete la dieta quando si prepara a distruggere il vitello
d’oro. Stessa durata ha il digiuno di Gesù nel deserto e quello di san Francesco prima di dettare la frugalissima regola del suo Ordine.
Cleante, secondo scolarca degli stoici greci, soffriva di ulcera e digiunava con beneficio, sino a quando decise di lasciarsi morire senza toccare più cibo.
Santa Caterina da Siena digiunò dal 1362 al 1370. Nel 1373 ricevette le stigmate (invisibili durante la vita, apparvero dopo la morte). Negli ultimi anni di vita cessò di mangiare e dormire.
Therese Neumann dal 1923 comincia a digiunare e digiuna poi per 35 anni senza mai bere una goccia d’acqua. Unico nutrimento quotidiano: un’ostia consacrat.a Ecco l’estratto finale del rapporto dei medici Otto Seidl e Edwald von Erlangen, sanatorio di Waldassen, dove fu rinchiusa sotto osservazione dal 14 al 28 luglio 1927: «Durante tutto il periodo d’osservazione Therese Neumann non è mai stata lasciata sola neanche un secondo, non ha mai mangiato né tentato di mangiare qualcosa, il suo letto, sotto permanente sorveglianza, era rifatto ogni giorno da una delle quattro infermiere. Durante tutto il periodo ecco gli elementi entrati nel corpo di Therese: a) per la Comunione quotidiana le veniva dato un frammento di ostia, più o meno un ottavo di un’ostia normale; dal 14 al 28 luglio ha ingerito un totale di 39 grammi di peso; b) per aiutarla a inghiottire queste ostie le diamo regolarmente circa 3 centimetri cubici d’acqua; nel periodo totale circa 45 cc, pari a 3 cucchiaini da caffè; c) per sciaquarsi la bocca un’infermiera le dava una precisa quantità d’acqua che Therese sputava poi in un contenitore: il volume è variato solo due volte, presentando un deficit di 5cc ogni volta; d) Therese è stata pesata ogni giorno, con gli stessi vestiti ma senza scarpe; mercoledì 13 luglio pesava 55 chili, sabato 16, 51 chili, il 20 luglio era 54 chili, sabato 23 pesava 52 chili e 500 grammi, giovedì 25, 55 chili. La prima perdita di 4 chili e la seconda di 1 chilo e 500 grammi sono dovute alle attività del venerdì: eliminazione delle urine, del sangue, del vomito e la straordinaria attività del metabolismo durante gli stati di estasi e la considerevole traspirazione che segue questi stati. Il fatto che abbia recuperato 3 chili nel primo caso e 2,5 chili nel secondo senza assumere alcun liquido o nutrimento non può essere spiegato da nessuna legge scientifica o naturale» (Lorenza Foschini, "Inchiesta sui misteri di fine millenio", Rai-Eri-Rizzoli).
Prima d’iniziare un digiuno di quaranta giorni, San Simeone si fece murare ermeticamente in una piccola cella con dieci pani e una brocca d’acqua. Obiettivo: dimostrare, alla fine della prova, d’aver osservato l’astinenza. Quando lo scoperchiarono, le forme di pane intonse, per farlo riprendere i suoi discepoli gli cucinarono il suo piatto preferito: cappuccina e indivia.
Per sant’Atanasio, «il digiuno guarisce le malattie, libera il corpo dalle sostanze superflue, scaccia i demoni, espelle i cattivi pensieri, purifica il cuore».
Gesù fu condotta nel deserto per essere tentato dal diavolo. E dopo aver digiunato 40 giorni e 40 notti alla fine ebbe fame. Il tentatore gli disse: «Se sei figlio di Dio fa che queste pietre siano pane». Egli rispose: «Non di pane soltanto vivrà l’uomo».
Per Tertulliano il digiuno era un passaporto per la vita eterna. «Più facilmente entrerà attraverso la porta stretta della salvezza la carne più esile; resusciterà più velocemente una carne più leggera, durerà più a lungo nella sepoltura una carne più secca».
Elia, ammesso in cielo con tutto il corpo, tanto drastico e miracoloso fu l’effetto del suo digiuno. Il profeta «viveva la vita celeste nel corpo e in terra mostrava come fosse la vita celeste».
"Questa bibita non rompe il digiuno" sentenziò papa Pio V nel 1569, ponendo fine alle accesissime dispute sulla liceità o meno di consumare cioccolata nei periodi di astinenza dai piaceri della tavola.
La Chiesa primitiva dedicò al digiuno mercoledì e venerdì; nel III secolo il giorno scelto per osservarlo era il sabato. Marco (2,20) e Matteo (9,15) lo suggeriscono nei loro Vangeli. Nella tradizione ebraica digiunare esprime anche pentimento (come, per esempio, Giona 3,5). Il buddhismo impone il digiuno ai monaci due volte al mese. Nell’Islam è una delle cinque prescrizioni fondamentali: all’inizio era prevista una sola giornata, poi si estese al mese di Ramadan dall’alba al tramonto.
Per tutto il mese del Ramadan il digiuno, «scudo contro il diavolo», in genere preceduto da un leggero pasto detto "suhur", dura dalle prime luci dell’alba fino al tramonto (l’astensione da cibo e bevande può arrivare fino all’obbligo di non ingoiare nemmeno la propria saliva). Appena sceso il crepuscolo, un bicchiere d’acqua o tre datteri, quindi la preghiera notturna. Infine un pasto nutriente e gustoso, magari a base di "mutauuan marqa baidà" (sorta di spezzatino di vitello alla cannella con polpettine all’aglio e cumino) e "khbizet tunis", dolce alla mandorla con acqua di fiori d’arancio. Il tutto bagnato dal "kushiaf", bibita di uva passa. La rottura involontaria del digiuno comporta l’offerta di un pasto ai poveri (altrimenti l’astinenenza dal cibo va dilatata di altri trenta giorni).
Le ragazze dell’Inghilterra vittoriana digiunavano per contestare l’ordine patriarcale.
Di moda, a cavallo tra Otto e Novecento, le esibizioni pubbliche dei digiunatori. Costoro trascorrevano i giorni del digiuno - circa un mese - in una gabbia di vetro, esposti al pubblico e controllati da guardiani che vegliavano su possibili spuntini clandestini.
Il più celebre digiunatore dei suoi tempi, una gloria italiana di nome Giovanni Succi, nato a Cesenatico nel 1850, sorpreso nel 1896 da un medico, durante un’esibizione all’Hotel Royal di Vienna, mentre pasteggiava a bistecche e champagne.
Il protagonista del racconto Un Digiunatore (Ein Hungerkünstler), 1922, di Franz Kafka, è un artista della fame che, rimasto senza il suo pubblico, non trova più alcuna ragione per praticare la sua arte, il digiuno appunto.
Nel 2003 un artista americano, David Blaine, ha vissuto per 44 giorni digiunando in una minuscola scatola trasparente sospesa accanto al Tower Bridge di Londra, e oltre 250 mila persone si sono sporte dai parapetti del fiume per osservare la sua performance.
I respiriani che «mangiano attraverso il naso l’energia vitale che li circonda».
Cervi, camosci, stambecchi, foche digiunano nel periodo dell’estro, durante il quale i maschi sono intensamente attivi nelle lotte con i rivali per gli accoppiamenti. I salmoni non si alimentano durante il viaggio controcorrente, lungo centinaia di chilometri, che li porta a risalire i fiumi fino alle sorgenti, dove le femmine depongono le uova. Idem gli uccelli migratori.
Durante l’inverno antartico i maschi di pinguino reale si riuniscono in gruppi di circa settemila esemplari e si stringono insieme sui lastroni di ghiaccio ciascuno tenendo un uovo premuto stretto tra la parte superiore delle zampe e la sacca ventrale. Se ne restano così pigiati senza mangiare per un paio di mesi (la compagna, in mare aperto a cibarsi per recuperare il peso perso nel deporre l’uovo, torna al momento della schiusa).
Serpenti di grandi dimensioni come i pitoni africani e asiatici possono digiunare per due anni.
Ricercatori di un’università dell’Arkansas hanno dimostrato che pitoni e serpenti a sonagli possono ridurre il loro metabolismo dell’80% e continuare a crescere per sei mesi consecutivi, senza cibo.
«Un giorno di digiuno alla settimana, una settimana al mese, un mese all’anno» (vecchio detto).
«Il digiuno del corpo è cibo per l’anima» (Giovanni Crisostomo)
« La luce del mondo si accende dentro di voi quando digiunate e purificate voi stessi» (Mahatma Gandhi)
«Sai perché Budda, nella sua religione, non ha messo il giorno di digiuno?» (Fiorello).