Raffaella Serini, Vanity Fair 20/4/2016, 20 aprile 2016
SIGNOR NO
Questa è la seconda volta che incontro Ludovico Peregrini, il mitico «Signor No» dei quiz di Mike Bongiorno, l’implacabile giudice di gara che, con un cenno di baffo, per anni ha governato i destini di fortunati e/o sventurati concorrenti. Me compresa: nel 2005 ho partecipato a Chi vuol essere milionario, di cui era autore. Se non fosse stato per lui, per le sue domande e una pacca sulla spalla nel momento del bisogno, probabilmente non avrei vinto (molto meno di un milione), non mi sarei pagata il master in giornalismo e non sarei qui a intervistarlo. Perché no, la vita non è «tutta un quiz», ma i quiz possono aiutare a vivere meglio.
«Mi fa molto felice sentirglielo dire», sorride Peregrini nei camerini della Rai, tra una prova e l’altra del nuovo Rischiatutto: dopo mesi di strisce quotidiane, il 21 e 22 aprile debutta in prima serata – per la prima volta a colori – su Raiuno, condotto da Fabio Fazio. «Nella vita sono simmetrico: mi piaceva l’idea di chiudere la mia carriera con la trasmissione con cui l’ho iniziata. E poi Fazio è un presentatore che stimo, stavolta non si poteva proprio dire di no».
Ma dopo quest’ultima avventura televisiva, dice, andrà a godersi la pensione in Bretagna, al fianco della moglie francese Monique.
Il nuovo Rischiatutto attirerà anche i giovani o solo un pubblico nostalgico?
«Chissà. Certo è uno show di vecchia generazione, che prevede cultura generale e non ha risposte a scelta multipla come Chi vuol essere milionario. Quindi coinvolgere tutti non è facile».
Da «termometro culturale» di questo Paese, che voto dà agli italiani oggi?
«Basso: la gente approfondisce solo ciò che serve per lavoro o per hobby. Quando lavoravo al Milionario, ogni due anni diminuivo la difficoltà delle domande ai casting, altrimenti non passava più nessuno. E con gli aggeggi elettronici oggi non occorre sapere le cose: in tre secondi hai la risposta a tutto. Rischiatutto dà il buon esempio: dimostra che, se uno sa, può vincere soldi e avere successo».
Con questi «aggeggi» che rapporto ha?
«Mi affascinano, ma io sono legato ai libri. A casa mia ce ne sono diecimila. Se mi viene un dubbio tendo ad aprire l’enciclopedia, non Wikipedia».
Per un Rischiatutto che dà il buon esempio, quanti altri programmi televisivi sono meno virtuosi?
«Il problema è che oggi non conta più conoscere ed essere intelligenti, ma apparire in un certo modo. Non solo in Tv».
Lei che cosa guarda?
«L’isola dei famosi: mi diverte vedere come riescano a costruire uno spettacolo sul niente».
Tra i nuovi conduttori chi stima?
«Nicola Savino è sveglio e gradevole. Poi, chi altro c’è?».
Costantino della Gherardesca? Cattelan?
«Bravi, ma oggi manca il divo: ai tempi di Mike i presentatori erano tre, più famosi delle star del cinema, adesso sono 300 e finisce che non te ne ricordi neppure uno».
Del suo baffo si ricordano tutti. Mai provato a toglierlo?
«Una sola volta. Mia moglie disse: “Mi sembra di stare con un altro uomo”».
Con i vecchi concorrenti è poi rimasto in contatto?
«Con alcuni campioni, sì. Per esempio Latini, “il tabaccaio”: simpaticissimo. E Massimo Inardi, il “parapsicologo”, che nel 1971 con i soldi della sua vincita si è comprato casa».
Inardi lo aveva eliminato per un lapsus. Poi l’ha perdonata?
«Lui sì, però in cantina conservo ancora uno scatolone con tutte le lettere minatorie che ho ricevuto in quegli anni. Insulti pesanti, ma che oggi fanno sorridere».
Sorridiamo anche noi: Paolo Limiti, coautore del primo Rischiatutto, sostiene che la famosa gaffe di Bongiorno «Signora mi è caduta sull’uccello» sia vera, lei no. Chi ha ragione?
«Limiti sbaglia, non c’è nessuna prova. Sarà girata una barzelletta che poi è diventata “vera”. Mike non avrebbe mai detto nulla di così pesante».
A proposito di Mike: mi racconta di questa famigerata maledizione di Tutankhamon, per cui nei suoi quiz erano bandite le domande sull’antico Egitto?
«Scusi ma mi tocco le palle: sono una persona superstiziosa, come lo era Mike. Una volta disse: “Cerchiamo di essere seri, parliamo di Egitto”. Così facemmo, ma a metà trasmissione una signora del pubblico ebbe un infarto e morì. Decidemmo che non era più il caso».
Lei ha due figlie, una delle quali lavora in Medio Oriente.
«In realtà oggi vivono entrambe a Parigi, ma una continua a occuparsi di rifugiati. È un momento di grande rivoluzione: le immigrazioni cambieranno l’assetto dell’Europa, fra quarant’anni parlare di Francia, Italia, Lussemburgo non avrà alcun senso».
Con due figlie lontane il terrorismo fa più paura?
«È peggio quando devono prendere la macchina: l’auto è più pericolosa degli attentati».
Temutissimo «giudice di gara», è stato un papà severo?
«Sono una persona tranquilla e accomodante. Al limite un pessimo giocatore, perché mi arrabbio troppo se perdo, però mi diverte far giocare gli altri: quando le mie figlie erano piccole inventavo giochi per loro. Anche per questo sono sveglie».
Si facevano interrogare da lei prima degli esami?
«Ero io a usare loro come cavie: se mi dicevano “Papà questa non l’ho mai sentita” sapevo di dover cambiare la domanda».
Nipoti?
«Quattro, e a loro è impossibile dir di no: sono completamente sotto ricatto».
Il sì più importante della sua vita?
«Ho sposato mia moglie nel ’67, sono cinquant’anni l’anno prossimo. Ogni giorno mi guardo allo specchio e penso: che fortuna hai avuto».
Per avere successo conta più la fortuna o il merito?
«Divido le persone in tre categorie: quelle per cui i treni non passano mai, quelle per cui passano ma loro scendono alla prima fermata e quelle per cui il treno passa e vanno avanti».
Fra i suoi diecimila libri ce n’è uno cui è più affezionato?
«Quelli autografati dagli autori. Ne ho anche di premi Nobel».
Ma poi la fa ridere Nino Frassica.
«Qualunque cosa dica. Perché fare battute apparentemente idiote, ma che in realtà sono intelligenti e raffinate, è un’arte, e a me piace moltissimo».
Se permette, farei anch’io qualcosa di idiota: un paio di domande dal Trivial Pursuit.
«Avanti, proviamo».
In quale nazione si trova la meta di pellegrinaggio Esquipulas?
«Tremenda! Mai sentita nominare».
Guatemala. I re dell’antico Israele?
«David, Salomone e…».
Saulo. A proposito di Bibbia, lei crede?
«Ho un’educazione cattolica, ma da qualche anno la fede vacilla».
Di solito invecchiando accade il contrario.
«Che dirle, staremo a vedere».