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 2016  aprile 22 Venerdì calendario

IL PREZZO DELL’AMORE: LA SPOSA CINESE È LA PIÙ CARA DEL MONDO


Pechino. «Jas», nome in codice di una attivista cinese per i diritti dei lavoratori, guarda una ragazza vestita vistosamente che barcolla su tacchi improbabili lungo un marciapiede di Shenzhen, la metropoli manifatturiera del Guangdong. Jas sorride divertita: «Le mingong si riconoscono dal vestito eccentrico».
In questo Paese prevalentemente maschile, le migranti rurali di nuova generazione sanno di essere merce rara. Non tanto per il mercato del lavoro quanto per quello dell’affettività, della famiglia, del sesso. E nelle ore libere dal lavoro camminano per le strade delle metropoli a caccia di prede, sfoggiando gli stessi vestiti appariscenti che magari producono al telaio delle manifatture tessili locali.
Il «prezzo della sposa» è una specie di dote all’incontrario che gli uomini cinesi devono pagare alla famiglia dell’eventuale donna disponibile. La tradizione è antica, ma negli anni Cinquanta bastava magari un thermos, poi si è passati al frigorifero e al televisore. Di recente, lo standard è costituito dal binomio casa-automobile e il «prezzo» continua a evolvere al passo dei tempi.
Il punto è che in Cina ci sono 118 maschi ogni 100 femmine, la carenza di donne è l’eredità della politica del figlio unico lanciata alla fine degli anni Settanta: dato che l’uomo è colui che tradizionalmente lavora e si occupa dei genitori in età avanzata, molte famiglie cinesi hanno applicato aborti selettivi per far sì che l’unico figlio concesso dalla legge fosse un maschio. Fatto sta che sarebbero oggi circa quaranta milioni i cinesi in sovrannumero rispetto alle potenziali mogli disponibili. Sono chiamati «rami spogli» coloro che per condizione sociale o altro non avranno mai speranza di continuare la linea familiare. Di produrre germogli.
Le ragazze lo sanno. «Non chiedono più casa e macchina nel villaggetto d’origine» dice ridendo Jas «bensì almeno un appartamento in una città di secondo, terzo livello». Fa parte del contratto con il futuro sposo. La migrante che si è urbanizzata non vuole tornare in campagna, ma in un’altra città che offra opportunità di lavoro, di consumo, di guanxi, cioè la rete di contatti necessaria a competere. E così sistemano tutta la famiglia, spesso lì a sorvegliare col pallottoliere in mano. Ha fatto scalpore, di recente, la storia del padre che ha obbligato la figlia ad abortire perché a suo avviso il fidanzato non offriva abbastanza per il matrimonio riparatore. Gli aneddoti si inseguono. Un altro racconta della ragazza così innamorata da prestare soldi al moroso affinché potesse corrispondere al «prezzo».
Ma come fanno, i maschi non ricchissimi, a pagare? Prendono soldi in prestito. «Un ragazzo che conosco» racconta Jas «ha finalmente trovato la fidanzata. Ci vorranno trent’anni prima che riesca a ripagare il debito; ma intanto ha la donna, la garanzia di riproduzione della linea familiare. Cioè il suo posto dignitoso nel mondo».