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 2016  aprile 22 Venerdì calendario

I MIEI OCCHI SBAGLIATI. INTERVISTA A CAROLINA ROSI

Carolina Rosi ha ancora gli occhi buoni che suo padre le rimproverava. «Non sono occhi per fare cinema e competere con attrici pronte a calpestar cadaveri», le diceva il grande regista. Una indicazione affettuosa che ha portato questa bella donna figlia d’arte ad attraversare come una meteora lo star system italiano per poi trovare casa nel teatro e nel cuore del secondo uomo della sua vita, anch’egli figlio d’arte: Luca De Filippo.
Entrambi però l’hanno lasciata l’anno scorso, nel giro di pochi mesi. Dopo un lungo declino, Francesco Rosi. All’improvviso per un male fulminante, Luca De Filippo. E oggi Carolina, che ci riceve nella sua grande casa coniugale romana, si muove ancora intorpidita dal dolore. Ma il sorriso aperto, la confidenza spontanea, la carnalità evidente e soprattutto la tenacia dei propositi ce la fanno immaginare a piedi saldi in un futuro già in costruzione.
È così, Carolina? Il ritorno sulla scena e la guida della Fondazione De Filippo sono l’inizio di una nuova vita?
«Il lavoro è un aiuto, ma il dolore è ancora intatto. Del resto non voglio evadere dalla sensazione struggente della mancanza. Ho lasciato la foto di Luca sul desktop del mio computer ed ogni mattina lo cerco con la piena consapevolezza che lui ormai è soltanto su quello schermo. E pensare che, dopo la morte dei miei genitori, ho dovuto abbassare tutti i portaritratti con le loro foto».
Ha capito il perché di questa reazione diversa?
«Mia madre, che da tempo non era più consapevole di sé, è morta tragicamente, arsa nell’incendio causato dalla sigaretta che stava fumando. Mio padre, che per me era un faro, se ne è andato per un tumore che sono riuscita a tenergli nascosto. Ma queste, nonostante non ci si senta mai preparati, sono perdite che si mettono nel conto del tempo che passa. Luca no, lui era il mio presente. Però è vero che, nonostante gli scatti di rabbia e gli sforzi per tenermi in equilibrio, so che ce la farò».
Che cosa le dà questa certezza?
«L’atteggiamento positivo verso la vita che proprio loro mi hanno trasmesso. Mio padre ha perso la figlia avuta da Nora Ricci, una bambina down molto problematica, in un incidente d’auto mentre lui era alla guida. Luca ha visto morire la sorellina e la madre quando era piccolissimo ed è cresciuto lontano da Eduardo, che era sempre in tournée. Ma entrambi rispettavano la vita, anche nelle sue tragedie».
Mentre parla di questi due uomini, gli occhi le si accendono di una dedizione femminile che non si incontra più.
«Dedizione, sì, è la parola giusta. Sono stata dedita come figlia a un padre che meritava ogni attenzione e dedita come compagna a Luca, a cui credo di aver dato molto più di quanto accade normalmente. E sono stata anche felice di averli fatti incontrare, di averli visti diventare amici e lavorare insieme in teatro quando il cinema italiano si era dimenticato di Francesco Rosi. Se mi sono sposata dopo tanti anni di convivenza, è anche perché sentivo che mio padre, a 91 anni, desiderava consegnarmi ufficialmente a un altro uomo».
Come negli antichi riti...
«Solo in parte, perché il motivo di fondo del mio matrimonio è stato patrimoniale».
Sta dicendo che, come tutti a una certa età, ha voluto premunirsi?
«Veramente ho fatto il contrario. Ho beni di famiglia che mi rendono più che autonoma, ma ormai di quella famiglia non è rimasto nessuno. Avendo imparato che oggi ci sei e forse domani non più, mi sono sposata perché Luca fosse mio erede. Purtroppo è andata diversamente, ma ho già fatto un testamento a favore dei suoi tre figli».
Posso chiederle come mai non avete avuto figli vostri?
«Quando eravamo in età, abbiamo voluto rispettare il dolore degli altri. La separazione di Luca era stata molto pesante, la sua ex compagna stava male, i bambini erano piccoli. Poi ci siamo dedicati a noi due e, quando ci siamo decisi, non è bastato l’aiuto dei medici e degli ormoni. Ma va bene così, non potrei avere figli più amati di quelli che mi ha lasciato Luca».
Si lasci dire, Carolina, che forse esagera con i buoni sentimenti. Come ha fatto a sopravvivere nel mondo dello spettacolo, dove certo non regna la bontà?
«Con fatica. Mio padre mi diceva che ero troppo ingenua per misurarmi con coetanee come Valeria Golino o Francesca Neri. Pare che non sapessi fare lo sguardo cattivo».
È per questo che pur essendo bella, brava e anche tenace, lei non è celeberrima?
«Credo di sì. Ma c’è stato un momento in cui lo sono stata. A vent’anni, quando ho debuttato nel film di mio padre "Cronaca di una morte annunciata", tutti gli occhi erano su di me: interviste, sfilate, servizi di moda. Però mai un altro film interessante. I registi cosiddetti impegnati non mi volevano neanche ai provini perché sembrava brutto che facessero lavorare la figlia di un collega. Alla fine mi sono fatta largo in quel mondo come aiuto regista, che poi è il mestiere che mi ha fatto incontrare Luca».
Eppure il salotto dei suoi genitori era sempre pieno di nomi celebri.
«Appunto. E comunque molti di loro erano intellettuali di sinistra che venivano in casa per litigare di politica con mia madre. Lei era socialista con una cotta per Craxi e, siccome era informatissima e leggeva 20 quotidiani al giorno, li coglieva sempre in fallo e alla fine la spuntava con tutti. C’era sempre Antonello Trombadori, s’affacciava spesso il giovane Giuliano Ferrara che però la deluse quando passò con Berlusconi. Era lei il vero motore di quelle serate, che spesso arrivavano all’alba, mentre mio padre alle dieci era già crollato su un divano».
Si dice che proprio in una di quelle serate fu siglata la pace tra Visconti e Fellini dopo anni di dissapori.
«E poi magari Visconti la mattina andava ad allestire la vetrina di una delle boutique che mia madre aveva a piazza di Spagna. Una vetrina di boutique... ha capito che tempi, che gente? Vorrei avere vent’anni di più e avere vissuto da adulta quel periodo. Luchino, che descrivono come un orco, era un uomo delizioso. Sono quasi nata a casa sua, la sera di Natale».
Questa la deve raccontare.
«Erano tutti tranquillamente a cena da lui perché mancava parecchio tempo al parto e non c’erano segni che nascessi prematura. Quando mia madre si è sentita male, c’è stato un gran trambusto e i miei si sono precipitati a casa del ginecologo, dove lei si è sdraiata sul pavimento dicendo: "Fate qualcosa!". Mio padre, con l’esperienza della figlia nata down, era terrorizzato e Visconti ha lasciato tutti i suoi ospiti per andargli a tenere la mano nel corridoio di una clinica deserta, ancora in allestimento. Sono stata la prima bambina a nascere alla Mater Dei di Roma».
Abbiamo parlato esclusivamente del suo passato e dei grandi fantasmi che lo abitano. Ma lei è qui, viva e piena di energia. Ci dica qualcosa sul suo futuro prossimo.
«Oltre alla Fondazione, tante responsabilità, tutte affascinanti. Come attrice continuerò a recitare nelle repliche di "Non ti pago" di Eduardo, l’ultima regia di Luca che ci aveva visto insieme sul palco. Ma ora sono anche il capocomico della Compagnia e la direttrice della nostra società di produzione. Ci sarà il debutto di "Questi fantasmi" con la regia di Marco Tullio Giordana, un uomo di spettacolo con le qualità di quelli di una volta. E poi la commedia musicale che Nicola Piovani sta preparando sul testo di "Gli esami non finiscono mai". E anche un sogno...».
Quale?
«Fare uscire, a un anno dalla sua morte, i dvd delle tre opere eduardiane interpretate da Luca e dirette da mio padre. Il loro incontro ha prodotto qualcosa di straordinario. Non lo dico come donna innamorata, ma in questa edizione di "Napoli milionaria" Luca ha superato il padre».
Non sono riuscita a distoglierla dalle memorie che l’avvolgono. Ma lei è ancora vitale e attraente. Davvero non pensa che potrebbe amare di nuovo?
«Non posso escluderlo, potrebbe accadere. Ma di una cosa sono certa, non potrebbe mai somigliare alla passione totale che ho conosciuto. Per ora ho tutto questo lavoro e la vicinanza dei figli di Luca. E poi vede quella signora canuta che si aggira per la casa? È Maria, napoletana anche lei, ha 86 anni, mi ha visto nascere, è stata la mia tata, ha cucinato mille spaghetti per quella banda di nottambuli che le ho raccontato e ha curato i miei genitori fino alla fine. Ora tocca a me occuparmi di lei».

***

1965 Carolina Rosi nasce a Roma, figlia unica del regista Francesco Rosi e di Giancarla Mandelli.
1982 Si diploma presso l’istituto Saint’s George English, sostenendo gli esami ad Oxford con
il massimo dei voti.
1982-84 Intenzionata a diventare stilista lavora per due anni nell’atelier della zia materna, Mariuccia Mandelli, in arte Krizia.
1985 Cambia idea e si iscrive all’Accademia d’arte drammatica Silvio D’Amico. Nello stesso anno esordisce al cinema in "Cronaca di una morte annunciata" di Francesco Rosi.
1986-92 Interpreta diversi film, tra cui "Il colore dell’odio" di Pasquale Squitieri e "Dimenticare Palermo" di Rosi. Per la tv è in "Casa Ricordi"
di Mauro Bolognini.
1993 Mentre lavora in teatro come aiuto regista di Lina Wertmuller, incontra Luca De Filippo.
I due non si lasceranno più e si sposeranno
nel 2013. Fin dall’inizio Carolina lo affianca
sul palcoscenico.
1997 Recita nell’ultima regia cinematografica
del padre: "La tregua". Nello stesso anno
è in "L’Albero delle pere" di Francesca Archibugi.
1998- 2014 Accanto al marito interpreta
e collabora alla regia di molte opere di Eduardo
e di altri.
2015 A novembre, durante le repliche di "Non
ti pago", a Luca viene diagnosticato un tumore
al cervello che lo uccide in poche settimane.
2016 Assume la direzione della Compagnia Luca De Filippo ed è eletta Presidente della Fondazione intitolata a Eduardo. Intanto l’uliveto toscano che aveva acquistato da poco con il marito produce i primi duemila litri di ottimo olio.