Daniela Ranieri, il Fatto Quotidiano 22/4/2016, 22 aprile 2016
L’addio di Totti è da se stesso non dalla Roma– Francesco Totti che a un Maurizio Costanzo Show di tanti anni fa, sfrontato come sono i timidi, riferisce la frase che suo padre gli dice più spesso: “Quanto era più bravo tu’ fratello”
L’addio di Totti è da se stesso non dalla Roma– Francesco Totti che a un Maurizio Costanzo Show di tanti anni fa, sfrontato come sono i timidi, riferisce la frase che suo padre gli dice più spesso: “Quanto era più bravo tu’ fratello”. Sottinteso: di te. Di Totti. Nel paradosso ironico, Totti disegnava insieme una impossibilità reale (che ci fosse qualcuno più bravo di lui, non si sa nemmeno di quanto) e una possibilità logica, o almeno storica. Oggi davvero lui, che nelle dinamiche di potere tra panchina, campo e spogliatoio è sempre stato figlio, pure nel gesto di succhiarsi il pollice per onorare la nascita e i compleanni dei figli suoi, deve far posto a fratelli più piccoli anche di vent’anni, portatori dell’unica qualità calcistica che lui non possiede: la gioventù del corpo. E allora nell’avverarsi dei destini, nell’addensarsi o nello sciogliersi delle profezie, si ripensa a quel fratello più bravo come a una realtà parallela, se non si possa per caso buttarlo in campo come soluzione genetica, onorevole e indolore alla cavalleria rusticana di questi giorni. Siccome a Roma si pensa per figure (nei cataloghi dei tatuatori Totti è da vent’anni insieme a Che Guevara, Giulio Cesare, il Duce e Giovanni XXIII, con la sotto-specialità, volendo, dei tatuaggi suoi), in luogo della malinconica recita degli addii Totti prende e rovescia tutto: il suo ruolo di campione in declino, il campo, il risultato delle partite, e offre ai tifosi un dilemma morale. Il rompicapo è irrisolvibile e solo i laici possono schierarsi con Spalletti o con Totti, con l’andarsene o col restare, col cacciare o col sopportare, non cogliendo il senso intimo della vicenda che è invece epico, popolare, sentimentale. Totti è a 40 anni diventato il suo paradosso, continuando a recitare una parte che può essere solo sua ma che non è più in copione, su una scena che non lo prevede e però si illumina solo quando entra lui. Totti non è il Calvero di Chaplin, il clown attempato di Luci della ribalta che non riesce più a far sganasciare le folle perché il tempo è passato intorno ma non dentro di lui, e il numero delle pulci non diverte più. In Totti si concentra un fenomeno che appare solo poche volte nella storia, con ricorsività lenta e modalità stuporose, come le comete: il prodigio di un fatto che contraddice la realtà. Il principio di realtà vuole che Totti smetta di giocare e esca di scena tra gli applausi commossi; che si rassegni al passare del tempo, all’obsolescenza del corpo, del menisco riparato, del perone fracassato e del fiato più corto. Che si separi dalla sua immagine offrendo la sua statua per le celebrazioni. È questo che la presidenza della Roma ha capito quando a dicembre ha visualizzato tutto questo affare di fisiologia e epopea in forma di cifre su un contratto. Il non-rinnovo della firma è la proiezione burocratica dell’incapacità del corpo di rigenerarsi, del tempo di essere riavvolto, dell’infranto di essere riattaccato. Ma a sgretolarne l’autorità, a rendere assurda la pretesa di verità dell’interdizione, è proprio la realtà. Totti che in 3 minuti dei 5 concessigli dal mister fa 2 gol, rendendo vittoria una sconfitta certa, è una forza che si oppone all’ordine. La lotta non è tra Totti e Spalletti (potrebbe altrimenti far piangere migliaia di tifosi? Magnetizzare tanto affetto, riscatto, speranze?), ma tra forza della ragione e forza del gioco, tra violenza del tempo e ebbrezza, tra utilità e desiderio di vita. La separazione di Totti dalla Roma è tragica perché è una separazione da se stesso. E tutto, compresa la realtà, si oppone al suo avverarsi. Non si tratta di rassegnarsi al buonsenso, di credere all’assunto, ripetuto da Spalletti troppe volte per essere neutro, “Totti non è la Roma”; ma di capire che Totti non può non essere Totti, che questo è ancora falso oltre che impossibile. È questo il prodigio di Totti, che è una cometa che dura.