Gianluca Ferraris, Panorama 21/4/2016, 21 aprile 2016
SONO CASALEGGIO E MI MANDA CASALEGGIO
Per applicare al Movimento 5 stelle il teorema, già dissezionato a destra, del partito-azienda che deve sopravvivere al suo fondatore, potremmo scomodare Qin Huhai, secondo imperatore della Cina unificata. Schiacciato dall’ombra del padre Qin Shi Wang, vincitore di battaglie impossibili e cultore dell’immortalità, Huhai riuscì a conquistare la fiducia dei suoi dignitari battendoli tutti a scacchi: ci mise quasi tre anni. Anche Davide Casaleggio è un campione di scacchi, ma preferisce gli sport estremi: ha scalato l’Aconcagua e il Kilimangiaro, ha costeggiato la Groenlandia in kayak, ama le immersioni e il triathlon. E a vegliare su di lui, nell’ufficio della società di famiglia occupato fino a poche settimane fa dal padre Gianroberto, non ci sono guerrieri di terracotta ma solo un pupazzo di Max Headroom, icona cyberpunk degli anni Ottanta, e un ritaglio ingiallito del Corriere della Sera che immortala il primo V-Day grillino del 2007.
Di certo però le redini del M5s, dopo la scomparsa di Casaleggio senior che insieme a Beppe Grillo ne fu ideologo e uomo-apparato, sono già in buona parte nelle sue mani. Il 14 aprile, ai funerali di suo padre, ha parlato da leader politico, invitando militanti e parlamentari a restare uniti e non mollare. Subito prima aveva incassato l’endorsement del comico genovese («Adesso sarà Davide a darci una mano») e quello, meno scontato, del direttorio ristretto formato da Alessandro Di Battista, Luigi Di Maio e Raffaele Fico. Poi, dopo aver onorato la memoria del padre al bar Magenta superando la sua nota ritrosia ai brindisi, ha iniziato a lavorare pancia a terra per l’ultima messa a punto di Rousseau, il nuovo sistema operativo pentastellato (vedere riquadro a sinistra) che dovrebbe aiutare il nuovo corso del movimento a superare in un colpo solo la litigiosità interna e schivare le accuse di «servercrazia» opaca. Compiti non facili per chiunque, figuriamoci per chi è costretto a confrontarsi con un’eredità familiare così ingombrante. Anche se il ritratto di Davide non corrisponde a quello di un delfino qualunque.
Schivo, se possibile ancora più refrattario alle interviste rispetto alle abitudini paterne, Davide (all’anagrafe anche Federico Dante) è legatissimo alla madre, la linguista inglese Elizabeth Birks, che Gianroberto Casaleggio conobbe a 20 anni quando entrambi lavoravano alla Olivetti di Ivrea: lui informatico, lei traduttrice di manuali. Dopo la separazione, Birks è tornata a vivere a Sheffield mentre il suo ex marito rimetteva su famiglia e seguiva da vicino la crescita, prima accademica e poi professionale, del primogenito.
Quarant’anni appena compiuti, nato sotto il segno del Capricorno, il ragazzo ha sempre avuto il pallino della rete e si è concentrato da subito sul suo ruolo di acceleratore per ogni tipo di business. Laureato in economia aziendale alla Bocconi con una tesi sull’impatto dell’e-commerce nell’attività dei corrieri espressi, vanta esordi da startupper prima di entrare nell’azionariato della società di famiglia. Succede il 19 marzo 2004, e le date qui contano parecchio. Perché appena 12 giorni dopo, secondo la liturgia pentastellata, scocca la scintilla destinata a cambiare la politica italiana: è il primo aprile quando, al termine della tappa livornese del tour Black out, Gianroberto irrompe nel camerino di Beppe Grillo al teatro Goldoni convincendo il comico a pianificare la sua presenza sul web. Meno di nove mesi dopo nasce il blog beppegrillo.it, progenie tecnico-politica dell’exploit elettorale targato M5s.
Chi all’epoca frequentava il quartier generale della Casaleggio Associati, un ufficio come tanti in una palazzina milanese a tre piani a pochi passi da piazza San Babila, ricorda come già allora il lavoro dietro le quinte dell’enfant prodige risultasse strategico per la riuscita di un’avventura inizialmente ricca di incognite. Mentre papà Gianroberto affinava la sua teoria sociopolitica a base di piramidi rovesciate e uno-valeuno, Davide plasmava a poco a poco la strategia che avrebbe trasformato quel mix di populismo, visione futurologa e democrazia diretta in un prodotto di successo da piazzare sugli scaffali elettorali. La gestione di centinaia di gruppi sul territorio che diffondono il verbo e contemporaneamente difendono l’acquedotto dietro casa, è l’apoteosi del franchising applicato alla politica; le raccolte di firme online su temi trasversali come l’incandidabilità dei condannati e le energie rinnovabili sono il marketing test che precede la prova della piazza; gli spettacoli di Grillo che dettano la linea politica sono la quintessenza della «dittatura dell’influencer» teorizzata proprio da Casaleggio jr. nel suo libro Tu sei la rete: nonostante le connessioni potenzialmente infinite, il 90 per cento dei contenuti che viaggiano in rete sono stabiliti dal 10 per cento degli utenti. Gli influencer, appunto. Di cui Beppe Grillo fa senza dubbio parte.
Lo dimostrano i numeri da capogiro del suo blog e dei portali satellite (come Tze Tze, La Fucina e La Cosa), che macinano contatti e introiti pubblicitari da record grazie anche alla diffusione dei chiassosi interventi parlamentari di Di Battista e compagni. A gestire le inserzioni è sempre la Casaleggio Associati che nel 2013, quando la popolarità mediatica dei grillini era ai massimi, ha festeggiato il suo miglior bilancio di sempre: oltre due milioni di fatturato e 255 mila euro di utile.
Intanto anche l’apprendistato politico di Davide, da giovane accreditato di timide simpatie leghiste, procede a tappe forzate. Il debutto ufficiale risale alla primavera 2014, quando dopo le elezioni europee accompagna Grillo a Bruxelles per il discusso incontro con l’ultranazionalista britannico Nigel Farage. Del luglio successivo è invece il primo blitz a Montecitorio, ufficialmente per «installare delle app» sui device dei parlamentari pentastellati.
Da almeno un anno, complice l’aggravarsi delle condizioni di salute del padre, è soprattutto lui a monitorare gli equilibri instabili dei gruppi di Camera e Senato stringendo in silenzio rapporti importanti, dalla quasi amicizia con Luigi Di Maio alle frequentazioni intense con gli ex portavoce della prima ora Vito Crimi e Roberta Lombardi e con i candidati sindaci di Roma e Torino, Virginia Raggi e Chiara Appendino. Ci sarebbe Casaleggio jr. anche dietro il golpe bianco di Milano, con Gianluca Corrado che ha sostituito Patrizia Bedori nella corsa a Palazzo Marino.
Davide, insomma, non si farà guru per discendenza, ma lo è già per merito. Anche l’eredità dinastica, tuttavia, ha il suo peso. Come stabilito da tempo il giovane Casaleggio subentrerà al padre nel quartetto che detiene la titolarità esclusiva di marchi e loghi del M5s (gli altri sono Beppe Grillo, suo nipote Enrico e il loro commercialista di fiducia Enrico Maria Nadasi). Mentre sommando al 30 per cento delle sue quote nell’azienda di famiglia il 30 per cento che fu del padre, avrà una presa salda su Rousseau. Anche l’altro socio storico, Luca Eleuteri, è sempre più coinvolto nella gestione politica. E anche lui ha un debole soprattutto per Di Maio. Quando Grillo scrive sul suo blog che il sistema operativo continuerà a essere il cuore pulsante del M5s, vuole lanciare proprio questo messaggio: anche se molte decisioni verranno prese a Roma e alla lunga non si potrà scongiurare la nascita di correnti e leaderini locali, l’ultima parola spetterà ancora alla società che gli ha dato forma e che ha le chiavi del suo funzionamento.
La partita a scacchi Davide l’ha vinta più in fretta di Qin Huhai. Anche perché la scacchiera è sua.