Davide Varì, Il dubbio 21/4/2016, 21 aprile 2016
PARLA IL COLONNELLO MA REPUBBLICA NON CI CREDE
Roma, 12 aprile 2016. Nell’aula bunker del carcere di Rebibbia si svolge l’udienza del processo di “Mafia capitale”. Sul banco dei testimoni c’è il colonnello Stefano Fernando Russo, attuale comandante del nucleo provinciale di Trapani e, all’epoca delle indagini sul “mondo di mezzo”, capo del reparto anticrimine dei Ros. Russo viene interrogato dall’avvocato Cataldo Intrieri riguardo le intercettazioni e i materiali video che dalla Procura sono arrivati sui siti e i quotidiani di tutta Italia un minuto dopo la prima retata ordinata dal procuratore Pignatone. Quasi una “fuga di notizie” pilotata e destinata a creare una sorta di consenso mediatico intorno a un’indagine appena conclusa.
Nell’udienza del 12 aprile scorso emerge in modo chiaro l’esistenza di una sorta di “ufficio propaganda”, anzi un ufficio «stampa e pubblicità», destinato a promuovere le inchieste giudiziarie.
Ecco la sbobinatura integrale dell’udienza del 12 aprile
Avvocato Intrieri: «Colonnello, lei ha parlato del filmato dell’arresto di Carminati dicendo che una delle finalità della diffusione dell’arresto riguardava il diritto di Cronaca».
Colonnello Russo: «Certamente, sempre salvaguardando la dignità degli imputati».
Avvocato Intrieri: «E questo valeva anche per gli altri filmati con la sigla del Ros che sono circolati contemporaneamente alla notizia degli arresti?».
Colonnello Russo: «Certamente».
Avvocato Intrieri: «Quindi lo avete fatto per soddisfare il diritto di cronaca. Il maggiore Colaci, comandate della seconda sezione, ha detto di non aver curato lui la pubblicità...».
Colonnello Russo: «Posso chiarire la vicenda. La stampa l’ho curata tutta io personalmente. Avevo un mandato generico da parte della Procura di curare la diffusione della notizia dopo gli arresti. Nella stessa maniera mi sono occupato di curare la diffusione della notizia per conto del Ros del quale avevo delega a farlo. E così ho fatto. Ho distribuito e gestito la diffusione della notizia basandomi sui principi che mi sono dati inderogabilmente dalla Procura della Repubblica utilizzando solo materiale pubblico. Si sono poi creati dei piccoli spezzoni di intercettazioni montati su video indicativi dei luoghi o delle persone che potessero dare una immediata percezione dell’indagine. E ho gestito tutto io seguendo le prassi di gestione della notizia».
Ricapitoliamo: nei giorni precedenti l’operazione “Mafia capitale”, la Procura ha chiesto ai Ros di organizzare una vera e propria regia degli arresti, di montare le intercettazioni audio-video e inviare tutto ai giornali: «Dovevo curare la diffusione della notizia dopo gli arresti basandomi sui principi della Procura. Per questo abbiamo montato alcuni frammenti di intercettazioni su spezzoni video in modo che si potesse dare un’immediata percezione dell’indagine», dice il Colonnello. E il motivo per cui una Procura della Repubblica abbia bisogno che un’indagine venga “percepita” dai media e dall’opinione pubblica in un determinato modo è un mistero tutto da chiarire. Una cosa però è certa: tutto questo ha davvero poco a che vedere con un processo.