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 2016  aprile 19 Martedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - PADOAN ANNUNCIA CHE IL GOVERNO È DISPONIBILE A RIFORMARE UN’ALTRA VOLTA LE PENSIONI


MILANO - Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, difende le stime del governo sull’ecomomia del Paese. E in audizione davanti alla Commissione bilancio della Camera, sottolinea come la "ripresa aumenterà e con lei l’occupazione. I conti pubblici migliorano, la pressione fiscale scende" grazie a "una politica fiscale rigorosa e misure espansive e riforme strutturali" che continuano nonostante il peggioramento del quadro" internazionale e geopolitico "di cui le nostre previsioni tengono conto".
Miglioramenti che permettono al ministro di aprire a una revisione del sistema pensionistico, "uno dei pilastri delle nostra sostenibilità che l’Europa ci riconosce". Anche per questo secondo Padoan "ci sono margini per ragionare sugli strumenti e sugli incentivi, e sui legami tra sistema pensionistico e mercato del lavoro per migliorare le possibilità" sia di chi deve entrare sia di chi deve uscire. Padoan è quindi "favorevole a un ragionamento complesso" sul tema delle pensioni e "aperto a fonti di finanziamento complementare" per eventuali misure, come quello, suggerito nelle domande dei parlamentari, di un ruolo del sistema creditizio. A dare i numeri è il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Tommaso Nannicini, a SkyTg24: "Se il costo è interamente a carico della finanza pubblica, al di là diverse proposte, siamo intorno ai 5 o 7 miliardi, a seconda dello sforzo, in termini di penalizzazioni, sul pensionato". Il governo, spiega, "sta lavorando per dare maggiore flessibilità" tenendo "in ordine la finanzia, con uno sforzo di creatività e soluzioni di mercato" accanto allo "forzo pubblico".
Un’altra apertura, che è in realtà la ripresa di un’idea del passato, riguarda la Digital tax, ovvero la tassazione dei big del web che erogano servizi in Italia: "E’ nell’interesse del governo", ha dettagliato Padoan, per quanto "sia una tassa complicata. Ma sicuramente stiamo considerando questo aspetto".
Le previsioni del governo dell’ultima nota di aggiornamento
del Def 2015 (autunno scorso) e del Def 2016 (oggi) 2016 2017 2018
sett. ’15 apr. ’16 sett. ’15 apr. ’16 sett. ’15 apr. ’16
Pil (var %) 1.6 1.2 1.6 1.4 1.5 1.5
Deficit/Pil (%) -2.2 -2.3 -1.1 -1.8 -0.2 -0.9
Debito/Pil (%) 131.4 132.4 127.9 130.9 123.7 128

Tornando all’analisi del Def, il ministro ricorda che "nel 2015 dopo tre anni consecutivi di contrazione l’economia italiana è tornata a crescere e nel 2016 la ripresa continuerà e si consoliderà. Nei primo trimestre dell’anno la crescita sembra aver ripreso slancio". Per Padoan, tuttavia, l’obiettivo prioritario del governo resta la "riduzione dello stock di debito delle amministrazioni pubbliche resta obiettivo prioritario del governo e fondamentale per la fiducia dei mercati". D’altra parte, anche la Corte dei Conti Ue ha richiamato la Commissione europea per non aver aperto una procedura sull’Italia nonostante gli scostamenti registrati dagli obiettivi.

Davanti alle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, il ministro ha voluto sottolineare che per la prima volta nel 2016 il debito calerà e che "il processo di riduzione del rapporto rispetto al Pil si accentuerà prossimi anni, grazie anche alle privatizzazioni per lo 0,5% del Pil di cui le stime sul debito non tengono conto". Confermata anche l’intenzione del governo di "sterilizzare" per intero le clausole di salvaguardia per il 2017 per 0,9 punti di Pil. Un’operazione che ieri Bankitalia aveva criticato perché "rischia di minare la fiducia dei mercati".

Padoan ha poi ricordando i grandi sforzi che sta facendo l’Italia lanciando una frecciata a "l’intonazione della politica di bilancio nell’area euro" che "appare restrittiva", mentre "sono insoddisfacenti i progressi di molti Paesi nelle riforme strutturali" dove l’Italia sta invece facendo grandi sforzi. In questo senso, la variazione del saldo strutturale "ora prevista costituisce una deviazione non tale però da essere definita una deviazione significativa quindi compatibile con quanto previsto dal braccio preventivo del Patto di stabilità e crescita".

Spiegano quindi i numeri Padoan dice: "L’obiettivo di medio termine per i Paesi con debito superiore al 60% del Pil richiederebbe che il saldo migliorasse di 0,5 punti percentuali. Il Governo ritiene inopportuno e controproducente operare una tale stretta" che potrebbe innescare "ulteriori spinte recessive e peggiorare la crescita e la sostenibilità" dei conti pubblici "nel medio termine". Per questo ha richiesto più margini, compatibili con la comunicazione sulla flessibilità della Commissione Ue.

Corte dei Conti. "Il contesto macroeconomico in cui si situa il Def presenta elementi positivi", cui si associano però "un allargamento dell’area dei rischi" e "accresciuti elementi di incertezza" dice il presidente della magistratura contabile Raffaele Squitieri in audizione notando che "la crescita ha registrato ritmi via via decrescenti" nel 2015, con un effetto trascinamento per il 2016 "assai contenuto". Rispetto agli altri Paesi, l’Italia ha continuato "a caratterizzarsi per un andamento meno dinamico". Le previsioni di crescita per il 2017, in termini reali, indicate nel Def "non sono esenti da rischi di ulteriore revisione al ribasso". Secondo la Corte, poi, per ridurre la pressione fiscale è necessario rivedere in modo "strutturale" l’intero sistema tributario.

Istat. L’istituto di statistica mette nel mirino la necessità di un cambio di passo per centrare l’obiettivo di un Pil a +1,2% nel 2016: "Sarebbe necessaria un’ulteriore accelerazione dell’attività economica nella seconda parte dell’anno", sostiene il presidente Giorgio Alleva. Eppure, nei primi mesi dell’anno l’andamento dell’attività produttiva è in altalena, mentre un "aspetto positivo della recente evoluzione della produzione industriale è il deciso aumento del numero di settori per i quali l’indice segnala una variazione congiunturale positiva". Quanto alla situazione delle famiglie, Alleva ha sottolineato che nel 2015 risultano in condizione di grave deprivazione 1 milione 340 mila minori, pari al 13% della popolazione con meno di 18 anni: "Questa quota, che prima della crisi si attestava a livelli prossimi all’8% e che nel 2012 ha raggiunto il picco del 16,8%, è ferma intorno al 13% da tre anni".

Ufficio parlamentare di Bilancio. Secondo l’organismo che valida le previsioni italiane, pur avendo messo alle spalle la recessione l’Italia ha di fronte "un ciclo di ripresa anomalo, esposto ai ricordati rischi di deterioramento del contesto internazionale e condizionato dalle difficoltà che le politiche di stimolo incontrano particolarmente nell’area europea". Alberto Zanardi spiega che "la ripresa è esposta ai rischi di deterioramento del contesto internazionale e condizionato dalle difficoltà che le politiche di stimolo incontrano particolarmente nell’area europea". I rilievi più critici
arrivano sulle clausole di salvaguardia (l’assenza di dettagli sulla sterilizzazione annunciata crea "ambiguità" e "incertezza") e sul percorso di riduzione del debito ("incerto") anche a seguito di un progetto di privatizzazioni "ambiziose".

GIULIANO BALESTRERI SU REPUBBLICA.IT
MILANO - Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, si allinea all’allarme del numero uno della Bce, Mario Draghi: "L’Italia rischia di perdere intere generazioni". Il motivo è sempre lo stesso: l’alta disoccupazione giovanile. L’economista insiste per arrivare alla flessibilità in uscita nel sistema pensionistico "in tempi stretti" perché "c’é una penalizzazione molto forte dei giovani. Il livello di disoccupazione è intollerabile. Il tema dell’uscita flessibile va affrontato adesso". Dieci giorni fa era stato proprio Draghi - durante la presentazione del rapporto annuale Bce - a mettere l’accento sull’alta disoccupazione giovanile sottolineando che colpisce "la generazione più istruita di sempre" e rappresenta un vulnus significativo: "Per evitare una generazione perduta dobbiamo agire velocemente".

Dopo l’apertura a una revisione del sistema da parte del ministro Padoan in audizione alla Camera sul Def, Boeri ha parlato della sperimentazione del part time per i lavoratori cui mancano tre anni alla pensione: "E’ una sperimentazione, noi la seguiremo con estrema attenzione e daremo i dati su quante persone la utilizzeranno. Ci sono dei limiti di stanziamento, ma in ogni caso non potranno essere più di 30mila lavoratori nel giro di tre anni".

A margine del graduation day dell’Altemps dell’università Cattolica di Milano, Boeri ha sottolineato i "tantissimi ostacoli" trovati lungo il percorso "soprattutto per l’invio delle buste arancioni perché, lo voglio dire con sincerità, c’è stata paura nella classe politica, paura che dare queste informazioni la possa penalizzare". Per Boeri ha pesato "la paura di essere puniti sul piano elettorale". In settimana, intanto, dovrebbero partire le prime 150mila buste arancioni con le informazioni di base", dalla stima dell’estratto conto contributivo alla previsione del rapporto tra contributi versati fino alla pensione futura con la possibile data di uscita.

Il rischio di un contraccolpo elettorale è comunque forte, almeno secondo i calcoli dell’Inps che ha studiato la storia contributiva della "generazione 1980, una generazione indicativa" prendendo a riferimento un "universo di lavoratori dipendenti, ma anche artigiani" ed è emerso come per un lavoratore tipo ci sia "una discontinuità contributiva, legata probabilmente a episodi di disoccupazione, di circa due anni". Un buco destinato a pesare sul raggiungimento delle pensioni, che a seconda del prolungamento dell’interruzione può slittare "fino anche a 75 anni".

D’altra parte l’Italia "entrerà appieno nel sistema contributivo dal 2032, troppo tardi, meglio una riforma seria e definitiva invece che uno stillicidio di riforme che disorienta le persone" avverte ancora Boeri che poi chiosa sulle responsabilità della politica: "Noi le nostre
proposte le abbiamo fatte. Quasi un anno fa le abbiamo presentate al Governo, le abbiamo rese pubbliche ad ottobre. Il nostro contributo lo abbiamo dato. Adesso chiaramente spetta alla politica decidere cosa fare. Mi auguro che qualcosa venga fatto".

18 APRILE REPUBBLICA.IT (IERI)
MILANO - Lo scenario programmatico del Def "non può dirsi implausibile sulla base dell’attuale situazione congiunturale ma resta il rischio di evoluzioni meno favorevoli". Lo afferma il vicedirettore generale di Bankitalia, Luigi Federico Signorini, in audizione in Parlamento aggiungendo che "le tensioni geopolitiche potrebbero ripercuotersi sulla fiducia di famiglie e imprese. I mercati finanziari restano soggetti a una forte volatilità". In linea le stime di crescita per il triennio 2017-2019, secondo Signorini anche in questo caso le stime sono coerenti, ma le stime "sul prezzo del petrolio sono inferiori alla media del 2015". A preoccupare Bankitalia è soprattutto la volatilità dei mercati e il possibile impatto delle tensioni geopolitiche sulla fiducia delle famiglie: saranno infatti i consumi privati a sostenere la ripresa.

Le previsioni del governo dell’ultima nota di aggiornamento
del Def 2015 (autunno scorso) e del Def 2016 (oggi) 2016 2017 2018
sett. ’15 apr. ’16 sett. ’15 apr. ’16 sett. ’15 apr. ’16
Pil (var %) 1.6 1.2 1.6 1.4 1.5 1.5
Deficit/Pil (%) -2.2 -2.3 -1.1 -1.8 -0.2 -0.9
Debito/Pil (%) 131.4 132.4 127.9 130.9 123.7 128

Secondo la Banca d’Italia è "un fatto positivo che, nonostante il peggioramento delle proiezioni di crescita, sia stato confermato l’obiettivo di avviare la riduzione del debito a partire da quest’anno. Ma i margini non sono ampi". Signorini spiega che "per garantire il raggiungimento dell’obiettivo, sarà necessario mantenere durante l’anno uno stretto monitoraggio dei conti pubblici. Per consolidare la fiducia dei mercati, è importante conseguire nel corso del tempo una riduzione del debito chiara, visibile e progressiva. I Paesi a più alto debito sono i più sensibili a possibili shock esterni". L’Italia dovrebbe quindi continuare a beneficiare del calo del costo del debito: grazie all’intervento della Bce sui tassi, dal 2012 il costo del debito è sceso di 15 miliardi di euro l’anno.

In questo senso, la disattivazione delle clausole di salvaguardia "è condivisibile, dato l’effetto recessivo che avrebbero su una ripresa ancora debole". Tuttavia tali clausole, che non rappresentano "un commitment assoluto" perché possono sempre essere revocate, "non sono uno strumento efficace per rafforzare la credibilità del risanamento delle finanze pubbliche; se ripetutamente disattese - come di fatto accaduto - possono accrescere l’incertezza. Dunque, non c’è alternativa ad interventi rigorosi ed efficaci sulle entrate e sulle spese".

Abi. L’associazione delle banche italiane sottolinea che "senza politiche monetarie ultra-espansive e con politiche fiscali in linea con il tendenziale avrebbe portato ad una continuazione della fase recessiva della nostra economia, a maggiori difficoltà sul fronte della lotta alla deflazione, a dinamiche del credito più deboli di quelle che abbiamo osservato e che stiamo oggi osservando". Nella sua relazione, il direttore generale dell’Abi, Giovanni Sabatini, ha sottolineando che "la politica della Bce sta quindi producendo effetti positivi nel suo complesso". Sabatini nota anche segnali positivi sul fronte delle sofferenze "che stanno riducendosi", mentre i "nuovi dati" sulla qualità degli impieghi "sono promettenti".

Sindacati. Muro dei sindacati sull’ipotesi contenuta nel Def di rivedere per via legislativa la contrattazione privilegiando quella aziendale. Un intervento sulla contrattazione di secondo livello, dicono in un documento Cgil, Cisl e Uil presentato durante l’audizione sul Def, "rischia di alterare l’equilibrio della struttura delle relazioni industriali del Paese, costruita in una logica di sistema in cui i ruoli dei livelli contrattuali sono ben distinti e dedicati. La disarticolazione del sistema contrattuale potrebbe ingenerare fenomeni negativi sia per i lavoratori che per le imprese: dumping per i primi, concorrenza sleale per le seconde". Per la Cgil, in particolare, l’Italia "non riparte e la politica economica resta uguale". Per la Uil il Def è "molto deludente", mentre la Cisl chiede "meno tasse e più investimenti per la crescita".

Regioni. Critiche le Regioni. In vista della prossima legge di Stabilità è necessario, dicono durante le audizioni sul Def, "un approfondimento sulla effettiva sostenibilità di tagli difficilmente sopportabili (poco realistici anche nella tempistica e modalità) e definire un programma di risparmi non lineare attraverso l’introduzione dei costi standard per tutti i livelli di governo (scuola, giustizia, fisco) e non solo per gli enti territoriali)".

I tecnici. Secondo il servizio studi e servizio Bilancio di Camera e Senato, il Def rivede al ribasso la stima della crescita, ma "la fase di moderata ripresa dell’economia italiana iniziata nel 2015, in previsione di una graduale stabilizzazione della domanda interna. Si prevede, infatti, una ripresa graduale dei consumi, favorita dagli incrementi di reddito disponibile legati alla stabilità dei prezzi e ai guadagni dell’occupazione, e degli investimenti, in conseguenza delle migliorate condizioni finanziarie e del cambiamento di clima delineato dagli indicatori di fiducia", si legge nel dossier, rilevando inoltre che "il clima di incertezza che caratterizza l’economia mondiale dovrebbero invece riflettersi sull’andamento delle esportazioni, determinandone un rallentamento".

Ania. Secondo l’associazione delle assicurazioni, "La flessibilità dei requisiti pensionistici è un obiettivo senz’altro condivisibile e un importante contributo per la sua realizzazione può venire dalla previdenza complementare", ha sottolineato il direttore generale, Dario Focarelli. L’invito è di "rivitalizzare le adesioni alla previdenza complementare attraverso: una maggiore consapevolezza dei cittadini sulle proprie esigenze previdenziali e un’azione di sensibilizzazione sui vantaggi dell’adesione alla previdenza complementare" e "una semplificazione delle norme fiscali sui fondi pensione e un ripensamento della tassazione sui rendimenti".

Confindustria. Le stime del Def sono "realistiche e condivisibili" ma occorre "puntare" e "raggiungere" un livello di crescita "più elevato", ha sottolineato il direttore del Centro Studi Confindustria, Luca Paolazzi. "Per quanto realistiche e condivisibili come previsioni questi ritmi di crescita appaiono insoddisfacenti per ripristinare livelli di occupazione e redditi pre-crisi, sanare le ferite nel tessuto sociale, compreso l’ampliamento della povertà". Per l’associazione degli industriali, "è doveroso puntare su una crescita più elevata e fare ogni sforzo per raggiungerla". La crescita prevista dal Governo per il 2016, ha evidenziato Paolazzi, "è nella fascia alta delle previsioni di consenso. Inevitabilmente incorpora il deludente andamento della seconda metà del 2015. Poggia sulla attesa che il profilo 2016 e 2017 rimanga discretamente positivo. Un esito auspicabile ma con rischi al ribasso. Il processo riformatore non può né fermarsi né rallentare ora. Occorre che il Governo metta nell’attuazione
lo stesso impegno che pone nel varare le riforme. Sotto questo profilo, il Piano nazionale delle riforme (Pnr) va nella direzione auspicata poichè si caratterizza per una particolare attenzione verso la fase di implementazione e attuazione delle leggi già approvate".

SOLE24ORE.IT
Padoan: margini per intervenire sulle pensioni. E apre il cantiere per stop a clausole di salvaguardia

19 aprile 2016
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Argomenti: Bilancio | Fmi | Senato | Raffaele Squitieri | Italia | Camera dei deputati | Ecofin | Corte dei Conti | Pier Carlo Padoan
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Il Def 2016 non affronta in modo specifico il capitolo “riforma pensioni” e «non si addentra» sul ruolo del sistema creditizio «in relazione alla flessibilità pensionistica» ma ribadisce comunque il ruolo fondamentale del sistema pensionistico nazionale per la stabilità del Paese. In questo quadro, esistono sicuramente «margini per ragionare sia sugli strumenti sia sugli incentivi per migliorare le opportunità per chi sta per andare in pensione e per chi deve entrare nel mondo del lavoro». L’apertura a ragionare su «forme di finanziamento complementare» è arrivata dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan, sentito questa mattina dalle commissioni Bilancio riunite di Camera e Senato sul Def 2016 appena presentato dal Governo.

Clausole di salvaguardia 2017, “sterilizzazione” con «manovra alternativa»
In apertura, uno dei temi su cui si è incentrato l’intervento esplicativo del ministro ha riguardato il superamento delle clausole di salvaguardia che potrebbero attivarsi nel 2017. Il loro valore complessivo, ha spiegato il ministro, è pari allo 0,9 del Pil, e la loro sterilizzazione «avverrà attuando una manovra alternativa che verrà definita nei prossimi mesi». Tale manovra «garantirà un indebitamento netto pari all’1,8% del Pil del 2017, attraverso misure di revisione della spesa pubblica, comprese le spese fiscali e interventi che accrescono l’adempimento, riducendo i margini di evasione ed elusione delle tasse».
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Squiteri (Corte conti): stop clausole sia spunto per rivedere imposte dirette
Sulla «necessità di evitare» che l’anno prossimo scattino le clausole di salvaguardia è intevenuto poco dopo anche il presidente della Corte dei conti, Raffaele Squitieri, che nel corso della sua audizione sul Def davanti alle commissioni ha suggerito al governo di cogliere «l’occasione» per rivedere la struttura delle imposte dirette. Questo, ha puntualizzato, «non per modificare il livello delle aliquote, ma per rivedere la distribuzione della base imponibile tre le diverse fasce (oggi particolarmente concentrato su quelle agevolate)». Tale intervento, ha concluso, dovrebbe essere «eventualmente accompagnato con misure dirette a evitare effetti indesiderati sulle categorie piu’ deboli».

Nel 2016 ancora crescita e consolidamento dell’economia
Nel suo intervento, il ministro dell’Economia si è poi detto ottimista sulla ripresa: nel 2015, «dopo 3 anni consecutivi di contrazione» l’economia italiana «è tornata a crescere», e nel 2016 «la crescita continuerà e si consoliderà». «L’occupazione migliora, i conti pubblici migliorano, la pressione fiscale scende», ha aggiunto il ministro, grazie a «una politica fiscale rigorosa e misure espansive e riforme strutturali» che continuano nonostante il peggioramento del quadro internazionale. Quanto alla riduzione del rapporto debito-pil, questa resta prioritaria per il governo ed è «fondamentale per mantenere la fiducia dei mercati».

Debito e pessimismo Fmi: «Staremo a vedere chi ha ragione»
Sempre sul fronte dei conti pubblici, rispondendo a una domanda sulle stime del Fmi che vedono in crescita il debito italiano per quest’anno, al contrario di quanto previsto dal governo, il ministro ha preso posizione contro il pessimismo del Fondo monetario internazionale: «Staremo a vedere chi ha ragione». La previsione del Fmi, ha spiegato nel corso dell’audizione, «si basa su una crescita reale e nominale peggiore della nostra e non tiene conto dei proventi delle privatizzazioni». Inoltre «gli errori di previsione del Tesoro sono tra i più bassi in assoluto e lo vediamo nella verifica sui dati a consuntivo 2015». «Ho grande rispetto per il Fondo - ha concluso - ma tutti possono sbagliare le previsioni».

Variazione saldo strutturale compatibile con Patto Stabilità
Illustrando ai parlamentari i contenuti del Def Padoan ha sottolineato come la prevista variazione del saldo strutturale «costituisce una deviazione, ma non significativa, bensì compatibile con quanto previsto dal braccio preventivo» del Patto di stabilità e crescita. «L’obiettivo di medio termine per i Paesi con debito superiore al 60% del Pil richiederebbe che il saldo migliorasse di 0,5 punti percentuali: il Governo lo ritiene inopportuno e controproducente operare una ulteriore stretta stretta fiscale», ha spiegato il ministro, in un quadro di rafforzamento programmatico della ripresa. Il saldo strutturale in base alle nuove previsioni risulterebbe in peggioramento di circa 0,7 punti percentuali: in questo senso l’ultima indicazione della Commissione europea «va riconsiderata tenendo conto delle richieste avanzate entro i limiti massimi di flessibilità secondo l’accordo tra paesi e approvato dall’Ecofin».

Riforme strutturali «insoddisfacenti» in molti Paesi Ue
«L’Italia risulta il Paese dell’Unione europea che finora ha fatto maggiore ricorso al Piano Juncker» per il rilancio degli investimenti, ha rilevato il ministro, convinto peraltro che «l’intonazione della politica di bilancio nell’area euro appare restrittiva», mentre ha definito «insoddisfacenti» i progressi di molti Paesi nelle riforme strutturali, un fronte dove l’Italia sta invece facendo grandi sforzi. Nel complesso, lo scenario macroeconomico delineato dal governo nel Def «tiene conto del peggioramento quadro economico internazionale». Il rallentamento dell’economia mondiale è stato indicato da osservatori, analisti e istituzioni come uno dei rischi che gravano sulle prospettive della crescita italiana nel 2016.