Massimo Lugli, la Repubblica - Roma 19/4/2016, 19 aprile 2016
ABUSI ED EPIDEMIE, GLI ANNI AGITATI DEI PIZZARDONI
Pizzardoni. Sembra uno sfottò ma in realtà non ha niente di dispregiativo: i 6mila vigili romani vengono chiamati così dalla “pizzarda”, il cappello schiacciato in dotazione alle prime divise. Ma, filologia a parte, il rapporto tra i romani e i “gessetti” (e, spesso, coi vertici del corpo) non è mai stato particolarmente idilliaco e ne sa qualcosa il comandante Raffaele Clemente che, nel tentativo di far pulizia di certe incrostazioni di favoritismo, lassismo, ipersindacalismo e, a volte, corruzione, si è scontrato spesso con un muro di gomma. Questione di mentalità: il funzionario di ps prestato a quella che oggi viene definita “polizia Roma Capitale” da una parte e un bagaglio culturale da impiegati comunali, con tutte le garanzie del caso (anche se in divisa e con la pistola al fianco), dall’altra: scintille assicurate.
Il rinvio a giudizio dell’ex comandante Angelo Giuliani è soltanto l’ultima di una serie di disavventure che hanno coinvolto, nel corso degli anni, la polizia municipale di Roma. L’ex numero 1, Giovanni Catanzaro, nel 2007, fu fotografo di un quotidiano romano con la macchina parcheggiata in sosta vietata in un posto riservato ai disabili e licenziato in tronco dal sindaco Walter Veltroni. La soffiata, quasi sicuramente, fu una delle tante faide interne. Giustificazione del comandante: «A Roma non si trova posto», come a dire, lo fanno tutti. Roba da film con Alberto Sordi.
L’ex numero uno, del resto, non è il solo che abbia mostrato un po’ troppa disinvoltura con i codici. La vicecomandante Raffaella Modafferi, che qualcuno aveva galantemente soprannominato “La Zarina”, fu immortalata in divieto di sosta e sulle corsie preferenziali, senza sirene né lampeggianti, ma se la cavò spiegando di aver ricevuto minacce e che, di conseguenza, non poteva restare imbottigliata nel traffico.
Quello del “gessetto”, del resto, non è una vita facile. Organici cronicamente in sofferenza (dovrebbero essere 8.350 ma, da sempre, sono almeno 2 mila in meno), equipaggiamento e addestramento che alimentano polemiche da quasi mezzo secolo, tanto che il titolo “I vigili restituiscono la pistola”, contende, sui quotidiani, la frequenza di quelli sul caldo a ferragosto o le buche delle strade, malattie professionali da smog e da stress e una pletora di sigle sindacali tanto aggressive quanto impegnate, spesso, a farsi la guerra tra loro. Il commissario anticorruzione Raffaele Cantone ha denunciato, di recente, un tipico paradosso capitolino: almeno mille “pizzardoni” su 6 mila hanno un incarico sindacale. Fuori dalla mischia, ma sempre presente sulla piazza, la storica sigla dell’Arvu, un’associazione ricreativa che raccoglie la quasi totalità delle iscrizioni e si batte per il miglioramento delle condizioni di lavoro. Una delle storie più emblematiche e desolanti è quella del Capodanno 2014, una vera e propria levata di scudi contro la linea dura del nuovo comandante: certificati medici a valanga per la notte del 31 dicembre, un totale di 638 assenze per malattia degno di un’epidemia di peste bubbonica. Conclusione: possibile richiesta di rinvio a giudizio per 73 “gessetti” e 101 camici bianchi compiacenti.