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 2016  aprile 15 Venerdì calendario

UN CLICK E VIA: COME INVESTIRE VE LO DICE IL COMPUTER


In principio c’era il classico consulente finanziario. Indipendente o legato a un gruppo bancario, veniva pagato per gestire i risparmi dei clienti nella speranza di far crescere il loro gruzzolo. Ma la rivoluzione digitale non ha risparmiato nessuno e anche sul mercato italiano sono arrivati i robo-advisor.
Sotto questa definizione ricadono diverse tipi di piattaforme online e app che, sulla base di complicati algoritmi, offrono ai risparmiatori soluzioni di investimento in salsa digitale. Negli Stati Uniti e in Inghilterra il mercato dei robo-advisor è già molto sviluppato. Il gigante dell’investimento online a stelle e strisce Charles Schwab ha lanciato gli Schwab Intelligent Portfolios, un servizio di portafogli «intelligenti», che possono accontentare gli investitori di tutte le tasche. Non ha perso tempo nemmeno la big, degli investimenti Fidelity International che ha stipulato accordi con Betterment Institutional e LearnVest.
E in Italia? Il fenomeno da noi ha iniziato a prendere piede da poco e le società più note che offrono questo servizio sono AdviseOnly e MoneyFarm, oltre al servizio Gimme5 della società di gestione del risparmio AcomeA e a IB Navigator, frutto di un accordo di collaborazione tra Invest Banca e il gestore di etf iShares. Il principio alla base è uguale per tutti: si accede a un’app o a un sito, si sceglie come investire il proprio denaro (fondi, azioni, etf ecc ecc) e un algoritmo lavora calibrando gli investimenti in base alle scelte della clientela.
Di solito il vantaggio principale offerto da questi servizi è che offrono soluzioni di investimento a costi decisamente più bassi rispetto a un consulente in carne e ossa, permettendo un buon livello di consulenza anche a chi ha pochi soldi da investire.
«I robo-advisor offrono soluzioni d’investimento che quasi sempre s’adattano a tutte le tasche», sottolinea Raffaele Zenti, co-fondatore di AdviseOnly. «Di solito, il processo di investimento avviene attraverso informazioni facilmente leggibili dal cliente, quelle che di rado una banca tradizionale dà», dice.
Ma non è tutto oro quello che luccica. I detrattori di questi servizi fanno leva sulla mancata esperienza che un software può avere rispetto ad un essere umano quando i mercati vanno su e giù. «Anche utilizzando le nuove piattaforme», spiega al Venerdì Bernardo Calini, consulente finanziario autonomo (ovvero non legato a un particolare gruppo bancario), «una fascia di clientela chiederà sempre consiglio ad un consulente prima di effettuare qualsiasi investimento. La tecnologia negli investimenti va considerata solo come uno strumento che aiuti il professionista in carne e ossa». Bisognerà aspettare ancora un po’ di tempo prima che l’esperienza nella finanza venga sostituita da un software.