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 2016  aprile 14 Giovedì calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - IL REFERENDUM SULLE TRIVELLE


REPUBBLICA.IT
ROMA - A pochi giorni dal referendum di domenica sulle trivelle il presidente del Consiglio lancia l’ultimo appello a non andare a votare, scrivendo sulla sua Enews: "Ripeto fino alla noia, scusandomi con chi ha già sentito queste considerazioni, sulla bufala trivelle. Non c’è nessun referendum sulle trivelle. Non c’è una sola trivella in discussione: solo la scelta se continuare a estrarre carbone e gas fino all’esaurimento del giacimento senza sprecare ciò che già stiamo utilizzando oppure fermarsi a metà alla scadenza della concessione".

"Non si vota sulle rinnovabili". E spiega ancora la posizione della maggioranza del Pd: "Il referendum voluto dai consigli regionali, non dai cittadini, non vieta nuovi impianti: rende solo impossibile continuare a sfruttare quelli che già ci sono, alla scadenza. La bufala è questa: dicono che si voti sulle rinnovabili, su un nuovo modello di sviluppo, sull’alternativa alle energie fossili. In realtà si chiudono impianti che funzionano, facendo perdere undicimila posti di lavoro e aumentando l’importazione di gas dai paesi arabi o dalla Russia". E ribadisce: "Sia chiaro: ogni scelta è legittima. Chi vuole che il referendum passi deve votare sì, chi vuole che il referendum non passi può scegliere tra votare no o non andare a votare".

"Napolitano magistrale". Renzi definisce "magistrale" Napolitano che nell’intervista rilasciata oggi a Repubblica ha definito la consultazione popolare "un’iniziativa pretestuosa", rivendicando il diritto all’astensione. "Come ha magistralmente spiegato Giorgio Napolitano se un referendum prevede il quorum la posizione di chi si astiene è costituzionalmente legittima al pari delle altre. Nel caso di un referendum con quorum sostenere le ragioni di chi non vuole andare a votare ha la stessa identica dignità di chi dice sì o no. Sulle energie rinnovabili l’Italia va forte, meglio di UK, Francia e Germania. Ma le rinnovabili da sole non bastano, per il momento. Se chiudiamo le nostre piattaforme dovremo comprare più gas e petrolio dagli arabi o dai russi, sprecando le risorse già esistenti. A me sembra più saggio finire di estrarre ciò che già c’è, senza licenziare i lavoratori del settore e senza sprecare l’energia che abbiamo".

Le reazioni alle parole di Napolitano. Le parole di Giorgio Napolitano hanno sollevato critiche e polemiche da parte di politici e opinione pubblica. Alfredo D’Attorre di Sinistra Italiana parla di "improvvidi" gli inviti di Napolitano all’astensionismo: "Sorprende e amareggia la legittimazione dell’astensionismo nel referendum di domenica da parte dell’ex Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, specie dopo che autorevoli personalità istituzionali nei giorni scorsi hanno sottolineato l’importanza della partecipazione al voto e il valore dell’articolo 48 della Costituzione" ha detto D’Attorre. "Peraltro la linea di considerare il ricorso al voto popolare un rischio più che una risorsa e di privilegiare la ricerca di accordi di Palazzo per imporre scelte politiche nel segno dell’ortodossia europea, che Giorgio Napolitano ha perseguito nel corso del suo mandato, ha finito oggettivamente per aggravare anziché risolvere la crisi economica e politica italiana. Dall’ex Presidente Napolitano sarebbe lecito attendersi un sereno bilancio autocritico degli esiti della sua presidenza invece di improvvidi inviti all’astensionismo".

I REFERENDUM DAL 1974. Sempre meno alle urne

La minoranza del Pd dem lancia l’appello a votare ’sì’. Per Roberto Speranza l’invito all’astensione è un grave errore. "Penso che la segreteria del Pd con l’invito all’astensione abbia commesso un errore grave. Spero che il popolo del Pd andando a votare corregga gli errori del gruppo dirigente. Spero che domenica sia una giornata di partecipazione democratica. Mi auguro che in queste ore si possa fare una discussione sulle politiche energetiche del Paese. Votare ’Si’ significa dare un segnale e puntare su un nuovo modello di sviluppo che sia in linea con la Conferenza sul Clima di Parigi, dove si è detto che bisogna diminuire il ricorso alle fonti fossili e puntare sulle energie rinnovabili".

REFERENDUM TRIVELLE. Le ragioni del sì e del no

La presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi rivendica il diritto-dovere dei cittadini ad andare a votare: "Mai astenersi alle elezioni, a cominciare dai referendum. Forse non è politicamente corretto ma costituzionalmente ineccepibile. Io lo ricordo come istituzione non come iscritta a un partito" ha detto la Bindi parlando a una platea di studenti in occasione della presentazione dei risultati del Questionario sulla percezione del fenomeno mafioso realizzato dal Centro studi Pio La Torre, riferendosi al voto di domenica.

LA MAPPA

I 5 Stelle vedono nella posizione di Napolitano una motivazione in più per andare a votare: "Napolitano che invita all’astensione è una ragione in più per andare a votare. #referendum17aprile #iovotosì #Trivellopoli" ha twittato il deputato 5 Stelle Alessandro Di Battista. Lo incalza su Facebook il collega di partito Luigi di Maio: "Ora tutti al referendum del 17 Aprile. Io domenica vado a votare e voto Sì. Voglio un Paese in cui l’energia sia una soluzione e non un problema. L’ex Presidente della Repubblica Napolitano ha invitato ad astenersi. Questo dimostra che ci avevamo visto giusto sul suo conto: i veri uomini delle istituzioni invitato alla partecipazione. Sempre!".

IN DISCESA LA PARTECIPAZIONE
Il referendum abrogativo, a differenza di quello costituzionale, è valido soltanto se si raggiunge il quorum, cioè se votano almeno il 50 per cento più uno degli aventi diritto. Il primo referendum abrogativo in Italia, quello sul divorzio, si svolse nel 1974 e, vincendo il no, confermò la legge. L’affluenza fu altissima, la più alta nella storia della nostra Repubblica: l’87,7% degli aventi diritto si recò alle urne. Da allora è via via diminuita, mantenendosi molto alta nelle prime consultazioni (finanziamento pubblico ai partiti, 1978, 81%) e calando sempre di più, arrivando al 1997: da quell’anno non si è più raggiunto il quorum. Tranne che nel 2011, quando i cittadini sono stati chiamati a votare per la gestione pubblica del settore idrico. In questo caso andò a votare il 54% degli aventi diritto e la norma che affidava ai privati la gestione dell’acqua pubblica venne abrogata.

Il primo referendum che non raggiunse il numero sufficiente di voti fu quello sulla caccia e l’agricoltura del 1990, richiesto da Radicali. Nel 1993 è stata registrata un’inversione di tendenza nella discesa libera dell’affluenza, con un picco del 77%, quando gli italiani sono stati chiamati a votare per l’abrogazione sulla legge del finanziamento pubblico ai partiti. L’anno prima era scoppiato lo scandalo di Mani Pulite. La successiva consultazione (1995) sulla privatizzazione della Rai è stata l’ultima in cui si è raggiunto il quorum, eccezion fatta per il 2011.

Un’ultima curiosità: fino al 1993 si è sempre
votato su due giornate, dal ’93 al 2000 solo su un giorno, poi di nuovo su due. Per la consultazione di domenica prossima sulle trivelle si tornerà a una sola data.