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 2016  aprile 13 Mercoledì calendario

CAPUT MUNDI


[Federico Ricci]

Non è soltanto una squadra, è una scuola di formazione calcistica. Cambiano gli allenatori, cambiano i sistemi di preparazione, ma non cambia il risultato: giocare a Crotone è diventato garanzia di salto di qualità. Florenzi e Sansone, Crisetig e Cataldi hanno aperto la strada. Poi è toccato a Bernardeschi confermare la bontà di una scuola che ha ora in Federico Ricci l’epigono più ricco di talento. Il ragazzo è in piena maturazione (compirà a maggio 22 anni), ma ampi margini di miglioramento: è un attaccante moderno, capace di aggredire gli spazi e destreggiarsi sul breve. In più, aspetto non banale che ne certifica il carattere, sa aspettare. Non ha fretta di bruciare le tappe. Lo ha dimostrato a Crotone. E lo ha dimostrato, soprattutto, nelle giovanili della Roma, costretto a sgomitare prima di trovare posto nelle formazioni titolari. «Mi sono sentito a lungo sulla graticola» racconta, «ma proprio questa continua incertezza è risultata alla fine utilissima. Ho imparato un sacco di cose anche quando non giocavo. In un anno e mezzo di Primavera con De Rossi, per dire, ho fatto fatica a vedere il campo. Anche con Stramaccioni, negli Allievi nazionali, ho avuto momenti di difficoltà. E tuttavia, a livello caratteriale, l’esperienza mi è servita. Ho compreso per esempio l’importanza del lavoro, il mezzo più efficace per esprimere il proprio potenziale».

Quando hai avuto la percezione che qualcosa stesse cambiando?
«È capitato tutto all’improvviso. Nelle giovanili venivo messo in concorrenza con il mio gemello Matteo. Sembra incredibile, ma ci siamo trovati a giocare a turno: dentro l’uno, fuori l’altro, in continua alternanza. Tutti e due però, siamo stati aggregati alla prima squadra, tre anni fa, per il ritiro precampionato. Finché la Roma non ha deciso di mandare Matteo in Toscana a maturare: Pistoiese, Grosseto e adesso Pisa. Sta facendo benissimo, gol e assist preziosi. Nella Roma era il pupillo di Luis Enrique, nel gioco si ispirava a Pjanic».
La separazione è stata per te un colpo di... fortuna. Non è così?
«Le vie del calcio sono infinite. A volte c’è anche una componente di casualità. Nel mio caso è stato determinante l’arrivo di Rudi Garcia, che ha semplificato il mio modo di stare in campo. Mi spiace che la sua storia con la Roma sia finita così. Gli sono grato, perché grazie a lui mi sono trovato, a sorpresa, a debuttare in Serie A».
Dicembre di due anni fa a Bergamo, una partita che la Roma stava perdendo.
«Mancavano tre minuti alla fine. Il mio ingresso in campo è coinciso con il gol del pareggio, il massimo che avrei potuto aspettarmi. Ho giocato con la testa sgombra, senza avvertire la pressione».
Quattro presenze in A, poi il prestito al Crotone dove Florenzi ha fatto da apripista.
«Qualcuno ha già azzardato paragoni scomodi. È ovvio: sarebbe bellissimo ricalcare ciò che ha fatto Florenzi, ma lui, al momento, è di un’altra dimensione. Giovane com’è, è già il terzo capitano della Roma dopo Totti e De Rossi. Anche a Madrid, nella partita di Champions, ha giocato con la fascia al braccio. Lo apprezzo perché, sulla destra, sa giocare con la medesima disinvoltura in tutti i ruoli».
Fino a che punto è ipotizzabile un ritorno a Roma?
«Non saprei. Sono in prestito con diritto di riscatto, si deciderà tutto a fine stagione. Diciamo che la trattativa, rispetto a quella avviata per Florenzi, sarebbe un po’ più agevole. Per riprendere lui, la Roma ha dovuto sborsare una cifra impegnativa perché nell’operazione non aveva previsto il contro-riscatto».
La Serie A, in ogni caso, è ormai a un passo anche con il Crotone.
«È un Crotone che vola! Per molti di noi questo è il primo anno di Serie B, il che amplifica anche i nostri meriti. Stiamo tenendo un passo straordinario, a gennaio abbiamo capito che potevamo allungare ancora, andando ben oltre gli obiettivi iniziali. Quando sei in testa alla classifica pensi a tutto meno che alla salvezza».
Quanto ha contribuito il lavoro di Juric?
«Juric ha prima di tutto il senso del collettivo: porta la squadra a rendere al meglio globalmente. Corriamo in dieci. Tra gli attaccanti e i centrocampisti, se parliamo di chilometri percorsi in partita, non c’è differenza. Sugli esterni facciamo un lavoro di sacrificio, però siamo supportati da tutta la squadra, con i terzini che si sovrappongono».
Tatticamente ha avuto la sua importanza anche l’inserimento di Budimir.
«È così, infatti. Budimir tiene corta la squadra, copre molto il pallone, il che dà respiro al 3-4-3 e offre sempre soluzioni alternative al gioco. Il tutto riesce a meraviglia proprio perché c’è il supporto dell’aspetto condizionale».
Dal rischio playout dello scorso anno a un campionato stellare. Cos’è cambiato, in sostanza?
«Juric ci ha dato parecchio, sia sotto il profilo caratteriale che del gioco. Poi la maturazione deriva dai risultati. Molti di noi arrivavano dalla Lega Pro o da squadre Primavera: dovevamo conoscerci, capire meglio la B. Serviva tempo e fiducia, mentre per chi, come me, era già a Crotone dall’anno scorso è servito da lezione il fatto di aver sofferto fino all’ultimo nello scorso campionato».
Con Drago lei ha giocato poco. Come mai?
«Drago mi impiegava un po’ meno, ma con lui abbiamo sperimentato un gioco propositivo che valorizzava le punte. Mi ha trasmesso tanto, aveva un suo modo di vedere il calcio e le sue scelte non erano mai casuali. In ogni caso, parliamo di un’annata complessivamente difficile, con poca serenità e scarsi risultati. Servivano giocatori più esperti, che coprissero di più la fascia, per esempio».
Quest’anno il cambio di passo decisivo. Per molti la sua maturazione è apparsa sorprendente.
«Ho avuto bisogno di tempo per maturare, mi sono irrobustito nel fisico, ho messo su muscoli, adesso posso dire che sto centrando l’obiettivo anche dal punto di vista tecnico. Ho la possibilità di dimostrare quanto valgo: grazie a Juric posso esprimermi come volevo, sto realizzando ciò che sognavo al mio arrivo a Crotone».
Prima giornata di campionato: Cagliari-Crotone 4-0. Uno shock...
«Il Cagliari ha dato subito l’impressione di poter fare un campionato a parte. Di certo non eravamo ancora al top, lo si è visto poi al ritorno quando li abbiamo battuti 3-1. Dopo il 4-0 abbiamo temuto per un attimo di ripetere la stagione dell’anno scorso, invece ci siamo subito ripresi e abbiamo ritrovato la giusta cadenza».
Un testa a testa, quello con i sardi, destinato a continuare fino alla fine.
«L’importante è arrivare fra le prime due. Battendo il Cagliari per 3-1 abbiamo fatto la partita perfetta, coincisa anche con il nostro sorpasso in vetta. Abbiamo lottato contro una corazzata, nessuno poteva aspettarsi che tenessimo il loro ritmo».
La tua presenza nel tabellino dei marcatori è sempre più frequente.
«Ho segnato anche gol importanti. Quello con il Cagliari ha chiuso la partita, però ricordo anche quello con il Novara, a gennaio: un’altra grande squadra che siamo riusciti a domare».
Poche cadute, per il Crotone, ma fragorose: Cagliari, appunto, poi Pescara e Brescia.
«A Pescara la prestazione c’è stata, ma dobbiamo anche tenere conto della bravura degli avversari. Abbiamo preso gol subito, poi ricordo qualche torto arbitrale, un rigore concesso agli abruzzesi con eccessiva generosità. D’altronde, non si può vincere sempre. Anche in casa col Perugia ci si aspettava che vincessimo a mani basse, invece è andata male. A Crotone, adesso, vengono tutti a chiudersi, mentre prima concedevano molto di più».
Anche il Cagliari, però, ha avuto qualche battuta d’arresto.
«Ma ha il vantaggio di un organico completo, ha una panchina lunga, riserve che sono alla pari dei titolari. È vero però che stiamo riequilibrando la situazione. In attacco c’è anche Palladino, per non parlare di Di Roberto, che qualche volta ha giocato al posto mio».
Le squadre più credibili in corsa per la promozione?
«Dico ancora il Pescara, a dispetto della recente crisi di risultati: ha una squadra forte e un gran bel gioco, molto spettacolare, anche se magari concede qualcosa di troppo in difesa. Va tenuto comunque in considerazione, vista la qualità dell’organico. Attenzione poi al Cesena: sta facendo bene. La nostra chiave di lettura a questo punto del campionato? Abbiamo due stimoli: mantenere la testa libera da pressioni e aggredire costantemente l’avversario. Il vero Crotone è tutto in questi presupposti».
Adalberto Scemma