Enrico Franceschini, D, la Repubblica 9/4/2016, 9 aprile 2016
IL SENSO DI LISA PER L’EROS
A seconda dei punti di vista, il pregio o il difetto di Cinquanta sfumature di grigio era che l’autrice non corrispondeva al romanzo: E. L. James, pseudonimo di Erika Leonard, ha l’aspetto di una casalinga, non necessariamente disperata ma che è difficile immaginare affaccendata con frustini, manette e altri accessori sadomaso. È un po’ come se Ian Fleming, l’autore dei romanzi su James Bond, fosse stato per tutta la vita un impiegato delle poste, invece che un’ex spia ed ex giornalista giramondo con villa in Giamaica. Ma in Cinquanta sfumature lo sdoppiamento funziona, perché il successo del libro dipende proprio da questo: l’idea che chiunque, a letto, possa indulgere in ogni tipo di fantasia, compresa la donna con marmocchi e borsa della spesa in coda al supermercato.
Adesso arriva un romanzo annunciato come il nuovo Cinquanta sfumature, la cui autrice somiglia tuttavia in modo impressionante alla protagonista della storia. O perlomeno all’immagine che il lettore se ne fa: Lisa Hilton, la scrittrice di Maestra – diventato caso editoriale ancora prima di essere pubblicato, tradotto in 38 paesi (in Italia arriverà il 2 maggio, per Longanesi), diritti già venduti a Hollywood per farne un film e dall’uscita in testa alla classifica dei best-seller in Inghilterra – non solo è il genere di bionda con gli occhi azzurri che non passa inosservata quando entra in un ristorante (come ho modo di notare quando ci entriamo insieme), ma si muove, ti guarda e se richiesta si mette in posa (come ho verificato, prima di portarla a pranzo, mentre un fotografavo scattava le immagini di queste pagine), con l’atteggiamento di una pantera. Una predatrice, se di uomini o altro resta da stabilire, proprio come per Judith Rashleigh, l’eroina della sua storia.
Troppo bello per essere vero, si è quasi tentati di pensare: dev’esserci sotto qualcosa, il libro sarà una schifezza o non l’ha scritto lei, comunque si tratterà di una classica operazione di marketing. E invece, altra differenza con Cinquanta sfumature, il racconto è una scoppiettante sorpresa dalla prima all’ultima pagina, un intrattenimento d’alta qualità scritto da qualcuno che sa scrivere (cosa che non si può dire di E. L. James, nonostante i milioni di copie vendute). E quel qualcuno deve essere proprio lei, perché Lisa Hilton, prima di Maestra, di libri ne scritti altri otto: metà romanzi storici, metà biografie, andati tutti bene, vincitori di premi e finiti tra i bestseller, pur senza conquistare il mondo. «Quando mi hanno fatto vedere il manoscritto alla Fiera del Libro di Londra», racconta Giuseppe Strazzeri, direttore editoriale della Longanesi, «ho pensato che fosse l’ennesima imitazione di Cinquanta sfumature. Poi ho iniziato a leggerlo, sono stato su tutta la notte e il mattino dopo ho comprato i diritti».
Forse la bella scrittura è un talento che Hilton ha ereditato dai genitori, entrambi insegnanti di liceo. Certo è grazie a quella che ha terminato le scuole con un anno di anticipo ed è stata accettata a Oxford, dove si è laureata in storia dell’arte. E l’arte è il soggetto di Maestra: un thriller che inizia nei dintorni di Piccadilly Circus, si sposta in Costa Azzurra, approda in Italia (Santa Margherita Ligure e Portofino, Ponza, Sardegna e Roma), passa da Parigi e si conclude ancora in Italia, a Venezia. Trattandosi di un noir, meglio non dire di più, se non che contiene un discreto numero di omicidi. Contiene anche qualche acuta osservazione sul nostro paese – «Non può essere un caso che il barocco sia nato in Italia, troppa bellezza nelle sue strade e nei suoi panorami» – evidentemente ben studiato dall’autrice nel corso di un matrimonio durato dieci anni con il compositore italiano Nicola Moro, da cui è nata anche una figlia. «Ci siamo separati, ma siamo rimasti così amici che nel giugno prossimo porteremo al Piccolo Teatro di Milano un’opera a quattro mani, lui ha scritto la musica, io il libretto», dice Lisa (titolo: Love hurts, l’amore fa male, bisognerà andare a teatro per capire in che senso). Nel libro fa anche comprare alla sua protagonista il nostro quotidiano, Repubblica, due volte.
Naturalmente il suo romanzo non sarebbe stato definito un “Viagra editoriale”, come ha scritto il Times, se non contenesse pure abbondanti dosi di sesso. Anche in questo campo, tuttavia, è diverso dal caso di E. L. James. Intanto, il sesso comincia molto prima: in Cinquanta sfumature a pagina 119, qui entro le prime 20. Inoltre, è un sesso più esplicito, realistico e disinvolto. E soprattutto è una donna a condurlo. «La cosa più eccitante per me non era tanto il puro piacere fisico», afferma a un certo punto la protagonista, «ma la sensazione di totale libertà e potere che provavo nel farmi scopare da un estraneo».
A questo punto, diciamo dove siamo noi oggi per incontrarla. Soho, l’ex quartiere a luci rosse di Londra, dove una deliziosa casa vittoriana ha fatto da sfondo a Lisa che si mette in posa per noi. Qualche luce rossa, nel quartiere, è rimasta: un sex shop all’angolo, un topless bar un po’ più in là, le massaggiatrici cinesi davanti a una porta che ti prendono per mano invitandoti a salire le sudicie scale alle loro spalle. Appropriato, per un romanzo di sesso, sebbene il sesso di Maestra abbia un’ambientazione assai più posh: champagne bar, yacht, orge esclusive. È decisamente posh, del resto, il ristorante dove abbiamo prenotato. Lei beve Virgin Mary, succo di pomodoro senza alcol: «Stasera ho un’intervista con la tivù australiana», spiega. Io Bloody Mary, ma prego la cameriera di andarci piano con la vodka: basta la mia interlocutrice, a far girare la testa. Se non facesse la scrittrice, commento dopo le ordinazioni – risotto e uova alla benedict – potrebbe fare la fotomodella: poco fa sembrava a suo agio sotto flash e riflettori. «Non è il primo set in cui mi trovo per promuovere il libro, ma sto ancora imparando. Cerco di recitare bene la parte, ma è stressante». Pare sincera: prima di entrare, aveva chiesto di fumarsi una Marlboro light per buttare fuori la tensione. Come ci si sente ad avere un libro che sta uscendo in trentotto paesi, un lancio promozionale da Hollywood e la vera Hollywood ai tuoi piedi? Tocca legno, che qui è come il nostro toccare ferro. «Mi sembra di sognare. È avvenuto tutto così in fretta che non ho avuto ancora il tempo di rifletterci». Davvero un editore americano, quello di American Psycho, se ben capisco da quello che ho letto sulla stampa inglese aveva rifiutato Maestra sostenendo che è «troppo sporco»? Difficile da credere, dopo Cinquanta sfumature, che il sesso sia una buona ragione per un rifiuto. «Il punto è che Cinquanta sfumature rientra nel cliché di Cenerentola. È una favola a lieto fine. Ragazza vergine incontra lupo cattivo, scopre che è buono e vissero insieme felici e contenti. Nel mio libro la ragazza non è per niente vergine, il lupo cattivo casomai sembra lei e, senza rivelare come si conclude la storia, non ha certo uno zuccheroso happy ending. Per questo il sesso sembra sporco». Lei come lo definirebbe invece? «Il mio libro? La definizione più giusta penso che sarebbe “thriller erotico”». Ma è la definizione del sesso che vorrei. Erotico? Pornografico? Sporco? Lindo? «Thriller erotico mi sta bene, per il libro, perché riassume il concetto: necessario se vuoi vendere copie. Ma la mia definizione preferita di Maestra sarebbe: un romanzo di “diseducazione sentimentale”. Ha presente L’educazione sentimentale di Flaubert? Ecco, qui vale il contrario. Quanto al mio modo di scrivere di sesso, non lo considero né porno né sporco. La protagonista, Judith, parla di sesso e fa sesso nel modo in cui ne parla e lo fa la gente. È sesso vero, non romanzato, tutto qui».
I critici inglesi sostengono che, se Cinquanta sfumature aveva sdoganato il sadomaso per casalinghe, Maestra sdoganerà invece il sesso della Generazione Tinder: donne che lo fanno con disinvoltura, lo cercano per prime senza inibizioni, non hanno bisogno di una romantica avventura per goderne. «Judith ha 25 anni. Le donne della sua età, oggi, sono così. E direi anche quelle un po’ più grandicelle. L’uomo rapace, che cerca il piacere per il piacere, viene da sempre considerato accettabile, in letteratura come nella realtà. È ora che diventi accettabile anche la donna sessualmente rapace, no?». Lei però ha un po’ più di 25 anni, diciamo che è sulla quarantina... «Diciamolo pure senza problemi, grazie». Ebbene quanto c’è di Lisa Hilton nella sua protagonista? «Sono di Liverpool, come Judith. Ho lavorato nelle case d’aste, come lei. Ma Judith, nel libro, non s’innamora, insegue soltanto il suo appetito, per ogni cosa che le fa gola. Per me invece l’amore è importante».
È innamorata anche in questo periodo della sua vita, riportano le cronache: di un imprenditore danese, uno dei fondatori di Skype. Eppure anni fa un suo articolo sull’infedeltà fece rumore: in sostanza predicava il tradimento. Nel romanzo, poi, fa dire a Judith: «La monogamia deve essere molto più facile per le persone banali». Conferma? «Quel mio articolo è stato molto travisato. Comunque innamorarsi non vieta l’infedeltà. E in ogni caso io non sono Judith». Woody Allen sostiene che il matrimonio è il trionfo dell’illusione sull’esperienza. «La battuta in realtà è di Oscar Wilde, ma la sottoscrivo». A proposito di Wilde, parliamo a questo punto dei suoi scrittori preferiti. «Evelyn Waugh, su tutti. Poi Nancy Mitford e Jane Austen». E fra gli italiani? «Cesare Pavese». Cosa pensa invece degli uomini italiani? Qui scoppia a ridere: «Un po’ troppo mammoni, ma non lo scopro certamente io».
Prendiamo un caffè macchiato, portano il conto, usciamo sotto gli sguardi curiosi dei clienti, esattamente come quando siamo entrati. Maestra è il primo romanzo di una trilogia: nel prossimo, ci anticipa Lisa, ci sarà un po’ di Russia e un po’ di Caravaggio. E forse capiremo meglio la sua protagonista. Le domando se ha mai lavorato, come la sua Judith, in uno champagne bar, uno di quei locali dove gli uomini danarosi vanno a bere con belle ragazze, magari senza combinare niente però spendendo una fortuna in alcol e mance. «No, ma ci sono stata con un amico giornalista che voleva scriverne». Anche noi ci siamo stati con un amico giornalista, proprio nel locale sotterraneo di Albermarle street, la via delle gallerie d’arte dietro Piccadilly, che lei descrive nel primo capitolo del romanzo: ma ce ne siamo andati via subito, era molto al di sopra del nostro reddito. «Le sono sembrata convincente?», chiede. Nella descrizione del locale, sì. Nel convincerci che non ha mai lavorato in un posto del genere, non so. Ride, ma tace. Le ragazze, in Maestra, versano champagne nelle scarpette Louboutin con tacco a spillo e poi lo fanno bere ai clienti direttamente da lì: è anche questa una scena che ha visto con l’amico giornalista? «Me l’hanno raccontata. Con quello che spendono in simili locali, quegli uomini potrebbero pagarsi una escort d’alto bordo. Ci vanno per credere che una splendida fanciulla sieda al loro tavolo non per denaro, ma perché sono affascinanti. Si illudono di controllarla, mentre è lei che controlla loro». Potrebbe essere la morale del suo romanzo. Arriva un taxi, ci stringiamo la mano, Lisa Hilton sale e scompare nel traffico. M’accorgo, quando l’auto riparte e rimango solo sul marciapiede di Soho, di averla salutata chiamandola Judith.