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 2016  aprile 11 Lunedì calendario

VINCENZO ONORATO: IL MASCALZONE LATINO CHE VUOLE ROTTAMARE LA CONFITARMA

Se dovesse ospitare un politico a bordo della sua barca, non avrebbe dubbi, Vincenzo Onorato. "Porterei Matteo Renzi", risponde subito l’armatore napoletano con la vela nel cuore, protagonista di uno scontro senza precedenti dentro all’ovattato mondo dell’economia del mare con l’ex alleato e presidente di Confitarma Manuel Grimaldi. Un premier in barca, la sua, non tanto perché è gerarchicamente il primo dei politici, quanto per una questione di sintonia, quella di sentirsi come lui "un rottamatore". Renzi vuol demolire la vecchia politica e i suoi rappresentanti, Onorato la Confitarma o, meglio, quel modo di intendere l’associazionismo armatoriale, inteso come "un club che tutela interessi e privilegi".
Eppure, di quel mondo Onorato, armatore erede di una lunga tradizione marittima che lo ha portato anni fa a trasformare la passione per la vela in una sfida milionaria alla Coppa America con il suo "Mascalzone Latino", ha fatto a lungo parte, fino a quando è uscito da Confitarma, aderendo a Fedarlinea, l’associazione in cui ha condotto le sue aziende marittime, Moby Lines e Tirrenia in testa. E armatore lo è ancora, senza alcun pentimento. A dividere la sua rotta da quella degli alleati di un tempo, l’interpretazione di una legge che lui stesso non ha alcun problema a considerare fondamentale per l’armamento italiano, quella che nel 1998 istituì il Registro Internazionale. All’epoca, governo di centrosinistra, ministro dei Trasporti Claudio Burlando, l’armamento italiano stava vivendo un momento di crisi profonda, non di "prodotto" ma legata a una normativa fortemente penalizzante per l’Italia rispetto ai suoi concorrenti europei. L’appello degli armatori italiani, che chiedevano di poter competere dal punto di vista normativo e fiscale con gli altri Paesi, si tradusse nella nascita della legge 30 del 1998 che allineava la fiscalità italiana alla media europea. La fuga dalla bandiera italiana venne scongiurata e la ripresa dei traffici garantita.
Perché adesso demolirla? "Quella legge parlava e parla chiaro ancora oggi", spiega Onorato. "I benefici fiscali sono garantiti a quegli armatori che proteggono i marittimi italiani, assicurando lavoro per loro e tutela per le loro famiglie. Che fa invece Confitarma? Continua a capitalizzare i benefici della legge 30 ma piano piano butta fuori i marittimi italiani, eludendo le norme e imbarcando marittimi comunitari ed extracomunitari. Come dire, continuano a garantirci i privilegi, ma non ci facciamo carico di ciò che quella legge ci impone". Onorato comincia la sua campagna di attacco ai vertici associativi, manda comunicati infuocati, acquista spazi a pagamento sui giornali, strappa e lascia l’associazione e ora, dal fronte Fedarlinea, continua la sua battaglia. Ma si trova a fare i conti con un’opposizione molto netta di Confitarma che poggia fondamentalmente su un punto, il fatto che nessuno sta violando la legge sulla legge 30, come fin qui ribadito dallo stesso governo. La battaglia di Onorato sembrerebbe destinata a finire nelle secche di una polemica violenta, ma infruttuosa. "Il governo non è ancora intervenuto. Finora al tavolo del confronto ci sono stati soltanto governo e Confitarma. Ora verrà data la stessa opportunità a Fedarlinea e quindi anche noi potremo far valere le nostre ragioni. La battaglia che sto combattendo non è per difendere un privilegio che mi consente di fare più utile, ma un mondo intero, quello dei marittimi italiani, che rischiano di sparire. Andate un po’ a vedere, anzi venite con me a Torre del Greco, a Meta di Sorrento, ci sono decine di migliaia di famiglie che vivono del lavoro di questi marittimi. Se qualcuno li vuole cancellare, quello non sono io. Nella mia flotta ci sono quattromila marittimi, tutti italiani".
L’armatore disegna con le mani la cartina dell’Italia e punta il dito sui luoghi in cui il mare dà ancora lavoro. Non gli sfugge che da uno di quei luoghi arriva anche un uomo di mare che certo non ha tenuto alta la bandiera dell’Italia, il comandante Francesco Schettino, originario di Meta di Sorrento. "Per uno che sbaglia, ce ne sono migliaia che danno la vita ogni giorno per il mare", risponde secco Onorato. "È a loro che deve rivolgersi il nostro sforzo quotidiano. O vogliamo davvero che la bandiera italiana sia soltanto un pretesto, un vessillo da innalzare solo per avere benefici e aumentare gli utili, lasciando al loro destino i marittimi del nostro Paese?" Di questo e di tanto altro Onorato vorrebbe parlare con il premier Renzi, portandolo in barca. "La politica non è mai stata amica del mare, è vero. Ma che cosa abbiamo fatto noi armatori per farlo diventare protagonista della scena nazionale? Forse è più comodo restare nell’ombra e coltivare il proprio orto. Comunque sia, non mi rassegno e vado avanti". Eppure, anche dal fronte Confitarma non sono mancate le critiche all’alleato di un tempo, ora primo degli avversari. Proprio lui attacca, lui che dopo aver acquistato la Tirrenia continua a percepire i contributi pubblici. "E questo che cosa vuol dire?", risponde. "È una colpa, forse? La Tirrenia garantisce un servizio pubblico, viaggia anche quando la rotta non è redditizia per assicurare i collegamenti con la Sardegna e, tramite le società regionali, con le isole minori. E questo fa parte di una convenzione con lo Stato. Chi mi attacca su questo, è profondamente ingiusto".
Ma non teme, Onorato, che alla fine questa sua battaglia rischi di essere confinata in un angolo populista da cui non riuscirà più a uscire? In fondo, anche lui non disdegna il business. "Populista, certo, quante volte l’ho sentito dire", risponde con un sorriso amaro. "Mi batto perché i marittimi italiani non spariscano e mi sento dare del populista. Certo, anch’io devo tutelare i miei investimenti e le mie aziende. Guardo a nuovi mercati, ci interessa molto la Sicilia, ma tengo d’occhio le opportunità che si potranno aprire per i traghetti a Cuba. E registro con piacere l’inversione di rotta sulla Sardegna, per cui stiamo offrendo prezzi ribassati, grazie anche al calo del carburante, e abbiamo una crescita delle prenotazioni del 30%. Questo è il mio mestiere. Ma non devo andare contro le leggi. Ho scelto il mare per mestiere, ma anche per passione, andate un po’a vedere che cosa stiamo facendo a Scampia".
A Napoli, racconta l’armatore, è stata aperta una scuola di vela per togliere dalla strada ragazzi e ragazze di Scampia che non hanno nemmeno mai visto il mare. "Non ci credevo, quando me l’hanno detto, ma era proprio così. Siamo in un’area di due chilometri quadrati, ma loro non avevano mai visto prima il mare. Li portiamo con noi, ci danno dentro, non si risparmiano con gli allenamenti, e non è detto che non esca anche qualche campione. Magari da inserire nel nuovo equipaggio di Mascalzone Latino. Per me quell’esperienza agonistica è finita, vado ancora in barca, ma non ho più l’età per competere. Tocca ai giovani, sempre competitivi. E italiani".
di MASSIMO MINELLA, Affari&Finanza – la Repubblica 11/4/2016