Nicoletta Pennati, IoDonna 9/4/2016, 9 aprile 2016
DOPO LE OLIMPIADI MI TUFFO NELLA VITA
Vive il presente e guarda al futuro. Si sente un coniglio e anche leone. Delicata e brutale. Umile e orgogliosa. Tenace e flessibile. Così è Federica Pellegrini, l’atleta più titolata del nuoto italiano. E lo ha tatuato sul suo fianco destro. Dal 2004 sempre tra le prime al mondo nei 200 stile libero. Con l’oro olimpico di pechino, undici record mondiali infranti e uno ancora che resiste dal 2009, i due argenti ai mondiali di Kazan 2015 (anche con la staffetta). Ed è con questo curriculum che a Rio, alla sua quarta olimpiade, Federica Pellegrini si candida per portare il tricolore alla cerimonia inaugurale. E salire sul podio, naturalmente.
Come stanno andando gli allenamenti?
«Focalizzati sui 200 stile libero, la gara dell’olimpiade di Rio. Abbiamo definito un piano di lavoro meticoloso con una prima fase di preparazione atletica in altura a Flagstaff, in Arizona. Dal 19 aprile gli assoluti di Riccione e dal 16 maggio gli europei di Londra forniranno le prime indicazioni per lavorare nelle ultime settimane che ci separano dall’evento».
Nervosa? Ansiosa?
«Ho la serenità di chi si applica con il massimo dell’impegno, supportata da uno staff che condivide la mia visione. Questo mi porta la tranquillità che chiedo a me stessa e pretendo da chi mi sta più vicino».
Dicono sia più difficile restare in vetta che salirvi: è vero?
«Verissimo. Diventi “quella da battere” e la pressione sale a livelli incredibili. La longevità sportiva è un percorso che costruisci con abnegazione e tanta umiltà».
Cosa la spinge ancora ad entrare in vasca?
«Si potrebbe definire passione per il mio lavoro, in realtà è amore incondizionato per il mio sport».
Mai saltato un allenamento?
«Uno si può anche saltare, saltarne due sarebbe troppo. Mai successo».
Come ha superato i momenti bui?
«Risorse mentali insospettate e la capacità di chiedere un aiuto nella gestione delle cose più complesse».
A chi dedica queste Olimpiadi?
«A federica, 16enne all’Olimpiade di Atene, con cui la pellegrini ha fatto un patto sportivo che resiste da oltre dieci anni».
Cosa le manca di quella sedicenne che vinceva l’argento nei 200 stile libero ad Atene?
«L’innocenza di pensare che sono tutte rose e fiori. Poi ti accorgi che ci sono le spine, nello sport, come nella vita».
Ha qualche rimpianto?
«Nessuno. Ho fatto le mie scelte, qualche volta a muso duro, e non ho mai cercato scuse se le cose non sono andate come immaginavo. Ma per fortuna è capitato assai poco nella mia carriera di atleta».
Il record più importante fino ad oggi?
«Quello che resiste, a livello mondiale, nei 200 stile libero (Roma, 2009, ndr). Ma so che i record sono fatti per essere battuti».
La gara più importante?
«L’oro olimpico di Pechino 2008. L’Olimpiade è una storia a sé».
Cosa le direbbe Castagnetti, il suo primo allenatore (morto all’improvviso nel 2009, ndr), se fosse qui con lei?
«Allenati duro. Tu sai perché lo fai».
Com’è il suo rituale prima di una gara?
«Salita sul blocco di partenza, guardo la corsia davanti a me: un colpetto alla testa, due pugni al cuore. E così tutto ha inizio».
Dopo il decimo tatuaggio, lo scorso agosto a ricordo della sua gatta Mafalda ce ne saranno altri? Cosa significano per lei?
«Una forma di espressione, un linguaggio, un desiderio. Non ce ne saranno altri».
I am doping free cosa significa per lei questo progetto portato avanti dal suo partner Filippo Magnini?
«È un’operazione trasparenza che, nell’era della comunicazione moderna, aveva bisogno di un progetto serio e condiviso con i media. Per questo funziona: ogni iniziativa è pubblica e Filo ci mette la faccia».
Nessuno sport ad alto livello sembra esente dal doping. Ha mai avuto la sensazione di gareggiare con qualche atleta dopata?
«Certo. Ogni anno ti confronti con novità sorprendenti e, pur cercandola, non trovi mai una risposta».
A cosa non rinuncerebbe mai nella vita?
«Alla mia libertà».
La sua più grande fortuna?
«Due genitori che conoscono il senso della vita e me ne hanno trasferito i valori fondamentali».
Cosa la fa commuovere?
«Gli occhi di una mamma che guarda il suo bambino, lui che le tende le braccia per accarezzarle il viso».
È vanitosa?
«Mi piaccio come donna. Curo il mio fisico, che è un obbligo serissimo per un’atleta di vertice. Poi studio i dettagli estetici, che definiscono la mia personalità e il gusto per le cose belle».
Dicono che abbia 500 paia di scarpe. Tacchi alti sempre se potesse?
«Sempre e soltanto quando le occasioni lo richiedono».
Ha dichiarato che Rio sarà la sua ultima Olimpiade. Decisa su questa scelta?
«Lo trovo oggettivamente ragionevole, ma la decisione sul mio futuro la comunicherò prendendomi tutto il tempo necessario».
Come immagina il suo addio al nuoto?
«Sarà difficile, come tutte le cose belle che prima o poi finiscono. Chiuderò la carriera con gioia e mi tufferò nella mia nuova vita con la stessa energia positiva».
La casa di Verona è quella dei suoi sogni oppure ce ne sarà un’altra?
«Verona è una città che mi ha dato tanto e dove ho scelto di vivere dal 2006. Mi trovo molto bene. È la mia terra ed è come se sentissi che faccia parte di me».
Federica mamma: come si vede?
«Giocherò all’inizio con i miei figli, poi quando avranno l’età giusta comincerò a trasmettere loro le attitudini per competere e il rispetto delle regole. Che facciano sport o no, i principi per me non cambiano. Fai una cosa, ma falla davvero bene».